Pretty Little Liars 8 – FAN-FICTION – 8×07 “Mean Girls Have Secrets”

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“Mean Girls Have Secrets” – “Le Cattive Ragazze Hanno Segreti”

Episode #807

 

Written by:

Frà Gullo;

 

 

CAST UFFICIALE:

Aria Montgomery (Lucy Hale)

Spencer Hastings (Troian Bellisario)

Hanna Marin (Ashley Benson)

Emily Fields (Shay Mitchell)

Alison DiLaurentis (Sasha Pieterse)

 

CAST SECONDARIO EPISODIO 7:

Toby Cavanaugh (Keegan Allen)

Ashley Marin (Laura Leighton)

Veronica Hastings (Lesley Fera)

Ezra Fitz (Ian Harding)

Ken DiLaurentis (Jim Abele)

Cassidy Harmor (Crystal Reed)

Claire Varlac  (Raquel McPeek)

Addison Derringer (Avan Allan)

Willa Davis (Sydney Sweeney)

Hadley St. Germain (Celesse Rivera)

Ava Grant (Ana Markova)

Samantha Winson (Michele Selene Ang)

Tom Marin (Roark Critchlow)

 

 

 

 

NELLE PUNTATE PRECEDENTI:

  • Il cadavere di Addison è stato ritrovato con addosso I vestiti di Melissa Hastings.
  • Kate ha confessato che quella notte, Addison voleva informazioni su Tom Marin.
  • Peter Hastings muore, ma lascia a Spencer una lettera dove dice che Ali non deve fidarsi di suo padre.
  • Cassidy ed Emily si avvicinano, e Cassidy le spiega che vuole aiutarla a recuperare con Alison.
  • Claire Varlac, mente su ciò che successe quella notte con Addison.
  • Nel primo episodio, il nuovo stalker minaccia Claire, semmai avesse parlato, avrebbe ucciso la sua famiglia.
  • Claire, nel primo episodio, porta in camera sua un coltello pieno di sangue.
  • Tom Marin è stato arrestato per una segnalazione anonima e la pistola che uccise Addison, era nel suo armadio.
  • Willa e Addison quella notte litigano per una nuova amica di Addi, che l’ha allontanata dal gruppo di amiche.
  • Felicity Derringer è stata uccisa dal nuovo stalker, in quanto stava per parlare troppo.
  • Alan Maxfields, padre di Roger, decide di parlare con Spencer e Aria, ma non si presenta.
  • Tom Marin e Ken DiLaurentis erano entrambi al lago Grayson il giorno in cui Roger scomparve.
  • Il campo estivo dove andavano le liars da piccole, era il famoso “Le Fate Invisibili”.
  • I proprietari del campo estivo furono indagati per la sparizione di Roger.
  • Aria non sa se lasciare il tour del suo libro.

 

 

 

 

 

 

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Era buio. Buio pesto. In un bosco avvolto nella nebbia più fitta, una Claire spaventata e in pigiama e pantofole si stava facendo spazio tra le sterpaglie, mentre cercava una via d’uscita. Sembrava spaventata. Si guardava attorno mentre brividi di paura le pervadevano il corpo. Sentì lo scricchiolio di un ramo spezzato. Si voltò di scatto.

“Chi c’è?” chiese. Nessuno rispose.

Lo scricchiolio arrivò poi da davanti e subito ritornò nella direzione in cui stava camminando. La paura oramai era al culmine. “Ho chiesto chi c’è? Willa, sei tu?” continuò lei. L’ansia saliva sempre di più mentre iniziò a notare qualcuno che si stava facendo spazio tra la nebbia. Claire indietreggiò mentre il cuore le batteva all’impazzata. L’affanno era sempre più forte. La persona uscì dalla nebbia. Era Addison. Una Addison vestita con la famosa magliettina blu che indossava la notte della sua scomparsa. Aveva anche il cerchietto blu in testa. Quello che Claire rubò quella notte.

Claire rimase sconvolta. Pietrificata. Sbarrò gli occhi. “Addison?” riuscì a dire.

Addison rimase immobile a fissarla e accennò un sorrisino. “Sorpresa stronzetta? Credevi di non rivedermi mai più?” chiese con il suo immancabile tono arrogante.

Claire era confusa. “Ma, ma com’è possibile? Tu sei morta. Hanno trovato il tuo corpo. Ti hanno uccisa” rispose la ragazza tentando di trovare un senso a ciò che stava vedendo.

“E secondo te di chi è la colpa?” chiese con tono provocatorio Addison.

Claire rabbrividì. “A-Addison, io, mi dispiace. Se avessi saputo cosa stava succedendo, non avrei accettato” rispose lei tentando di scusarsi di qualcosa.

“Certo. E per tutti questi anni a scuola sei sempre passata come la povera ragazzina sorda presa di mira dalla perfida Addison. Vogliamo vedere chi è davvero perfida tra me e te?” iniziò Addison, che si avvicinò lentamente a Claire, e quest’ultima dal canto suo indietreggiava spaventata.

“Addison, mi sento in colpa ogni giorno. Io vorrei, v-vorrei…” Claire non riusciva più a parlare.

“Vorrei, vorrei. Vorrei cosa?! Io vorrei che tu vivessi anche solo per un minuto quello che ho vissuto io in quest’ultimo anno. Tu sei peggiore di me, Claire Varlac. Tu sei un mostro continuò Addison insistendo.

Claire iniziò a piangere. “No, non è vero!” rispose.

Sì, e finirai all’inferno per questo. L’inferno è il posto adatto per i bugiardi e per gli assassini. E tu lo sei Claire Addison insisteva senza minimamente preoccuparsi delle lacrime della giovane.

“No, non è vero, non è colpa mia!” Claire iniziò ad urlare e a tapparsi le orecchie mentre si agitava sempre di più.

“Sei un mostro Claire…Sei un mostro…Sei un mostro…” Addison continuava a ripeterlo sempre di più e con insistenza. Lentamente la sua voce divenne un eco, e una Claire bagnata di sudore si svegliò di colpo nel suo letto. Stava sognando. Il suo respiro era affannato. Rimase per un attimo immobile a contemplare la stanza per provare a capire se stesse ancora sognando o meno. Capì che si era svegliata, quindi si rilassò distendendo le gambe e sprofondando nel cuscino. Ma l’affanno e l’angoscia provati durante quel sogno, erano ancora lì. Claire rimase con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto, mentre la sua mente vagava tra mille pensieri.

A casa Hastings, intanto, le ragazze erano tutte riunite nel salotto di casa. Il fuoco era acceso e Spencer era seduta per terra, di fronte alle fiamme del camino che scoppiettavano. Aria stava raggiungendo le altre con cinque tazzè di the bollente su un vassoio che posò sul tavolino. Le ragazze erano sedute intorno a Spencer, che continuava a fissare il fuoco senza dire una parola. I suoi occhi erano gonfi e spenti. Le amiche la guardavano preoccupate.

Hanna sembrava quella più ansiosa e a disagio. “Il funerale è stato molto bello, non è vero?” intervenne lei sperando di smorzare la tensione e guardando Spencer. Emily la fulminò con lo sguardo. “…Che c’è?” sussurrò la giovane Marin-Rivers. “…Non credi Spencer?” insistette Hanna.

“Hanna, così non l’aiuti” intervenne Aria che non distoglieva lo sguardo da Spencer.

La giovane Hastings fece un sospiro e si girò verso le amiche. Tutte la fissarono speranzose che dicesse qualcosa. “Sì, è stato molto bello” esclamò. A queste parole, tutte tirarono un sospiro di sollievo. In qualche modo la loro amica stava provando a reagire e non si stava rintanando nel suo dolore.

“Hai fatto un bell’elogio, davvero. Tuo padre lo avrebbe adorato” intervenne Alison. Spencer le sorrise teneramente.

Il silenzio calò di nuovo. Si poteva udire solamente il fuoco e quel leggero scoppiettio. Hanna scrutò le amiche. “Ehm, io non voglio sembrare assolutamente insensibile o fuori luogo, ma, dite che sia il caso di parlare di ciò che è successo? Dio mio padre, della pistola?” chiese la bionda sperando di smorzare quell’aria di tristezza che aleggiava nella stanza.

Spencer subito ebbe come un’illuminazione. “Ah, a proposito, io, io devo dirvi qualcosa. Soprattutto a te Ali disse.

Alison prestò subito attenzione. “Dimmi tutto” chiese.

Spencer tirò fuori dalla tasca la lettera che suo padre le aveva lasciato. “Mio padre mi ha lasciato questa lettera. E’ una lettera d’addio, però, nelle ultime righe si è preoccupato di mettermi in guardia, o meglio, mettere in guardia te. Su tuo padrespecificò la giovane. Alison aggrottò la fronte di colpo. Spencer le porse la lettera per fargliela leggere.

Cosa?” chiese lei prendendo subito la lettera in mano e leggendo le ultime righe.

“Che intendi dire Spence?” chiese Aria perplessa.

“Non lo so. Ha solo scritto di avvertire Alison di non fidarsi di suo padre. Non so altro” replicò Spencer con voce stanca.

“Ma è assurdo. Per quale motivo avrebbe scritto ciò?” chiese Alison riconsegnando la lettera all’amica.

“A tal proposito, in questi due giorni ho provato a richiamare Alan Maxfields, il padre di Roger. A quanto pare si è preso delle ferie improvvise e ha lasciato la città senza dire dove stesse andando. Non risponde nemmeno al suo cellulare” ribattè Aria.

“Qualcuno sarà arrivato a lui prima che potesse dirci altro. Penso sia un classico” rispose Spencer capendo, e alquanto stizzita.

“Però ho da dirvi altro” continuò Aria.

Tutte prestarono attenzione.

“Ieri insieme ad Ezra siamo stati alla redazione del Rosewood Observer per trovare dei giornali risalenti alla scomparsa di Roger, e abbiamo trovato qualcosa. A quanto pare sul lago Grayson, dove sparì Roger, ci stava anche quel campeggio estivo per ragazzi di cui aveva parlato la signora Marin. Si chiamava ‘Le Fate Invisibili’, ed era molto famoso in quel periodo. Tutta Rosewood portava i loro figli lì d’estate” spiegò Aria accuratamente.

“Questo lo sappiamo già. Come dovrebbe aiutarci?” chiese Emily.

“Tralasciando ciò, c’era una foto scattata il giorno della scomparsa di Roger, e, Alison a me dispiace, ma guarda tu stessa” continuò Aria quasi sentendosi in colpa nel doverlo fare. Consegnò il trafiletto di giornale all’amica.

Alison lo aprì e vide nella foto fatta sulla riva del fiume, suo padre Ken, molto più giovane, sullo sfondo, che osservava la situazione insieme a Tom Marin accanto. “Non è possibile” rispose lei piuttosto incredula.

“Fammi vedere” chiese Emily prendendo anche lei il trafiletto, che subito anche Hanna guardò.

Ma è tuo padre Ali, insieme, insieme al mio” rispose Hanna piuttosto sorpresa. Emily poi passò il tafiletto anche a Spencer, che lo scrutò con attenzione.

“Dite che il signor Hastings si riferiva a ciò quando ha scritto di non fidarsi del padre di Alison?” intervenne Hanna.

“Hanna, guarda che sono in questa stanza. Puoi parlare anche con me!” ruggì Alison infastidita.

“Ali, ci sarà un motivo se il signor Hastings ha scritto così. E se tuo padre era lì quel giorno, è probabile che ti stia nascondendo qualcosa” intervenne Aria tentando di essere più diplomatica.

“E’ assurdo!” rispose Ali alzandosi in piedi.

“Perché? Dopo tutte le volte che si è comportato male con te, cosa ti fa pensare che ora non possa deluderti di nuovo?” Spencer intervenne con una frase piuttosto dura e senza freni.

“Spence” esclamò Aria sorpresa.

“Spencer, a me dispiace per quello che stai passando, davvero, ma non mi va di accusare mio padre sulla base di una foto e di quattro righe di una lettera. Abbiamo già accusato ingiustamente gente che poi si è rivelata innocente. Inclusa me. O devo ricordarvi quando mi avete mandato in galera?” rispose Alison con tono sprezzante.

“Nessuno lo sta accusando. Semplicemente dovresti provare a fargli qualche domanda per vedere cosa ti risponde” continuò Spencer diretta.

“Mio padre non è colpevole di nulla, ve lo assicuro” rispose Ali tentando quasi di convincere se stessa.

“Ali, mio padre è stato arrestato ieri sera perché aveva a casa la pistola che ha ucciso Addison, quindi, proviamo a non essere troppo sicuri di ciò che pensiamo” intervenne Hanna.

“Stiamo parlando dello stesso uomo che ti ha nascosto la presenza di Charlotte, e che la rinchiuse in un ospedale psichiatrico solo perché non era come lui voleva” continuò Spencer pungente.

Alison per un attimo si sentì come messa con le spalle al muro dalle sue amiche. Era in evidente difficoltà. Emily notò la cosa. Notò la sua Alison in estremo disagio. Subito intervenne.

“Ok, ragazze, calmiamoci un attimo. Siamo tutte molto stanche e provate. Ali, tu magari prova semplicemente a parlare con tuo padre. Magari era lì al lago solo perché aveva portato te, chissà. E Spencer, tu prova a dormire un po’. Domani riparleremo di tutto con calma, che ne dite? E’ stata una lunga giornata” intervenne subito facendo da paciere.

Spencer lanciò un’ultima occhiata ad Alison e poi si alzò anche lei. “Va bene. Buonanotte fu diretta e piuttosto fredda, e subito salì al piano di sopra senza salutare nessuna di loro.

“Ma che le prende?” chiese Hanna.

“Sta soffrendo, Hanna” rispose Aria mentre con lo sguardo guardava le scale che davano al piano di sopra, e aveva gli occhi di un’amica preoccupata.

Poco dopo, la tanto amata casa Marin, dove Hanna aveva passato gran parte della sua vita, le aprì nuovamente le porte. Hanna riuscì ad aprire con le sue vecchie chiavi. Appena entrata si guardò intorno con occhi malinconici. Aveva passato tutta la sua adolescenza in quella casa. Ed era piena di ricordi. Belli e brutti. Chiuse la porta dietro di se.

“Mamma, sei a casa?” chiese la ragazza.

Ashley Marin, in pigiama e pantofole apparve dalla cucina, incredula. “Hanna? Tesoro,  ma che ci fai qua a quest’ora?” chiese la donna, abbracciandola forte.

“Scusa se piombo qui così tardi, è che, posso dormire qui con te stanotte?” chiese Hanna, con una voce triste.

“Ma certo! Ma, è successo qualcosa?” chiese Ashley intuendo che c’era qualcosa che non andava.

Hanna guardò la mamma intensamente. “Sì mamma, è successo qualcosa a…A papà. Dobbiamo parlare” concluse la giovane, capendo di doverle dire dell’arresto di suo padre Tom. Ashley era pronta ad ascoltare la figlia.

SIGLA.

 

 

 

 

 

Il giorno seguente, il sole splendeva su Rosewood. All’entrata del liceo, Claire stava salendo le scale con il suo zaino sulla spalla. Era stanca, molto stanca. Non aveva dormito molto, e infatti di colpo lo zainò le cadde a terra, così come i libri. Willa, che stava entrando dietro di lei, subito si accinse ad aiutarla.

Claire sorrise con ironia. “Ah, oggi non mi porterete in qualche vicolo buio a minacciarmi?” chiese la giovane con aria di sfida.

“Ti sto solo aiutando Claire. E poi, dovevamo sapere la verità. Ci dispiace solo per i modi usati” rispose Willa.

“Già. Eppure non è solo la mia storia ad essere poco convincente, sai?” spiegò Claire.

“Che intendi dire?” chiese Willa confusa.

“Beh, Ava continua a non fidarsi di quello che vi ho raccontato, poi però è amica di una ragazza che sta palesemente mentendo riguardo quello che successe quella notte” rispose Claire alquanto sicura di se.

“Claire, cosa stai insinuando esattamente?” chiese Willa.

“Io probabilmente non sono stata del tutto sincera riguardo quella notte, ma fin quando non lo sarai nemmeno tu, io non parlerò di certo” spiegò Claire senza un minimo di insicurezza.

Willa la guardò piuttosto sconvolta. “Quindi ammetti di non aver raccontato tutto? Ava aveva ragione, è incredibile” rispose la giovane.

“E tu Willa, hai raccontato tutto riguardo quella notte?” chiese Claire a tono.

Le due erano faccia a faccia. I loro sguardi potevano quasi uccidere per quanto fossero duri.

“Ah, quindi pensi che io nasconda qualcosa? A che gioco stai giocando Claire?” chiese Willa tentando di apparire tranquilla.

“Basta con le cavolate, Willa! Tu e Addison non eravate nel granaio quella notte. E la scusa del ‘l’ho sentita urlare e sono andata a cercarla’ non regge più. E ben presto lo capiranno anche le tue amiche” rispose Claire.

“Non, non so di cosa tu stia parlando” Willa iniziò ad avere un cedimento. Era in totale difficoltà. Abbassò lo sguardo.

“Penso tu sappia di cosa sto parlando. Ci vediamo a storia” concluse Claire, e quindi entrò nell’edificio, perdendosi tra la folla di studenti, e lasciando Willa sull’entrata, pensierosa e agitata.

Poco dopo, Claire era entrata nel bagno delle ragazze. Subito si assicurò che non ci fosse nessuno, quindi entrò in uno dei bagni, buttò lo zaino a terra, si sedette sul water, e scoppiò a piangere. Si era trattenuta per tutto il tempo in cui aveva parlato con Willa. Pianse a dirotto. Non riusciva a smettere.

Sentì poi la porta dei bagni aprirsi. Subito si ammutolì per paura di essere sentita. La persona entrata si avvicinò però alla porta del suo bagno. Claire notò le converse che Addison era solita usare, sbucare da sotto la porta del bagno. Il terrore pervase il corpo di Claire.

“Chi c’è?” chiese Claire.

“Finirai all’inferno, mostro la voce di Addison riecheggiò nel bagno.

Claire non le lasciò dire altro, di colpò aprì la porta del bagno con una tale forza da spaventare le due ragazzine che si stavano dando una sistemata di fronte lo specchio. Claire rimase lì impalata, con gli occhi colmi di lacrime e di paura, e con le due ragazzine che la guardavano come se avessero una pazza davanti. La ragazza raccolse subito lo zaino, e corse via dal bagno prima di dover dare qualsiasi spiegazione che le due potessero chiederle.

Contemporaneamente, al Brew, Hanna era seduta da sola ai divanetti, mentre sua madre la stava raggiungendo con due cappuccini appena fatti e si sedette di fronte a lei. Ashley guardò la figlia con estrema attenzione, e notò il volto pensieroso.

“Hanna, quanto hai dormito questa notte?” chiese Ashley.

“Le mie splendide occhiaie penso che rispondano da sole” rispose Hanna.

“Tesoro, presto avremo degli aggiornamenti, lo sai. Avranno trovato l’arma, ma tuo padre so che ancora non ha parlato con nessuno” spiegò Ashley.

“Come fai a saperlo?” chiese Hanna curiosa.

“Ho parlato con un mio amico del dipartimento di polizia. A quanto pare Tom si è avvalso della facoltà di non rispondere, però si è anche dichiarato innocente. Di certo ci saranno delle indagini, e capiremo presto qualcosa. Piuttosto, avresti dovuto dirmi cosa stavate combinando tu e le tue amiche” rispose Ashley a tono e un po’ stizzita.

“Mamma, la polizia ha trovato delle foto mie e delle mie amiche tra la roba di una ragazzina di 15 anni che nemmeno conoscevo. Tu, tu non c’entri in questa storia. Non volevo coinvolgerti” rispose Hanna.

Ashley tentò di rilassarsi “Quindi a quanto ho capito, quel bambino, Roger Maxfields, era fratello di Addison Derringer, ho capito bene?” chiese Ashley sperando di capirci qualcosa.

“Esatto. La signora Derringer ebbe Roger dal primo matrimonio, quando si chiamava Laura Cooper, e Addison l’ha avuta dal secondo, con Robert Derringer. Ora stiamo cercando di capire se c’è qualche collegamento tra la morte di Roger, e quella di Addison, cioè stavamo cercando” precisò subito Hanna.

Ashley rimase a riflettere “Quando ho visto la madre di Addison al notiziario, ero sicura di averla già vista da qualche altre parte. La vedevo a Rosewood tanti anni fa, ma era appunto Laura Cooper. Era una donna molto taciturna, sempre sulle sue. Non aveva molte amiche qui” raccontò mamma Marin.

“Diciamo che la vita non è mai stata molto buona con lei” rispose Hanna un po’ triste.

“Già Povera donna…Quindi, ricapitolando, avete trovato una foto di questo bambino in camera di Addison, ho capito bene? E da lì avete iniziato a darvi alle investigazioni?” continuò Ashley un po’ sarcastica.

“Sì, mamma. Non ho davvero voglia di ripetere tutto daccapo, per favore concluse Hanna troncando il discorso.

“Hanna, io però non voglio che tu ti caccia nei guai. C’è un assassino a piede libero. Qualcuno ha rapito e ucciso una ragazzina di quindici anni, quindi dio solo sa quanto è instabile questa persona. Non voglio che ficchi troppo il naso in questa storia. Potrebbe essere pericoloso la preoccupazione della signora Marin era più che giustificata.

“Mamma, sta tranquilla. Abbiamo tutto sotto controllo. Non ci siamo di certo messe con giacca grigia e lente di ingradimento a fare i detective. Abbiamo scoperto queste cose. La foto di Roger trovata in camera di Addison l’abbiamo già data alla polizia. Ora daremo anche queste informazioni” spiegò Hanna.

“Quindi lascerete che se ne occupi la polizia, vero?” ribattè Ashley.

Hanna non avrebbe voluto mentirle. Voleva dirle anche del nuovo stalker, del fatto che in realtà non avrebbero smesso di indagare per provare a liberarsi di questo folle che le stava perseguitando, ma doveva farlo. Doveva mentirle anche per il suo bene. “Sì, sì mamma, sta tranquilla” concluse la giovane, prendendo la mano della madre e stringendola alla sua.

Ashley le sorrise.

Intanto, a casa Hastings, Spencer era seduta al tavolo di casa, mentre sorseggiava il suo immancabile caffè caldo. Era ancora in pigiama, capelli arruffati e occhi assonnati. Dal piano di sopra scese Veronica, già pronta per uscire con il suo immancabile tailler grigio. Appena vide Spencer, sobbalzò.

“Ehi tesoro, sei in piedi? Credevo stessi ancora dormendo” esclamò la donna sorpresa di vederla.

“Sì. Stare a letto non mi aiuta” rispose Spencer con tono secco.

Veronica le si avvicinò e le accarezzò il viso e i capelli. “Come stai tesoro?” chiese.

“Bene, sì, sto, più che bene. In fondo ho solamente perso mio padre nel momento stesso in cui l’avevo ritrovato. Che vuoi che sia? Che dici, ora andiamo a fare shopping insieme?” rispose Spencer con tono polemico e infastidito.

“Spencer, per favore. Volevo solo sapere come stai affrontando la cosa” rispose Veronica.

Come posso affrontarla mamma?! Vestendomi elegante e uscendo come se niente fosse, come stai facendo te? Stai andando dal tuo detective, non è così?” Spencer era piuttosto irritata.

“Tesoro, ora sei ingiusta però. Ho pianto anch’io la morte di tuo padre, e sto male da morire. Ma la mia vita continua, e devo lavorare. Perché ora mettere in mezzo Craig? Eppure sei stata te a spingermi a dargli un’altra possibilità” ribattè Veronica.

“Senti, lascia perdere! Vado a fare una doccia” rispose la giovane Hastings tagliando corto e dirigendosi verso le scale.

“Spencer, ma perché non ne parliamo?” chiese mamma Hastings speranzosa. Spencer si voltò di scatto.

Non c’è niente di cui parlare! Papà è morto, e io, io. Mamma, per favore! Lasciami in pace” gli occhi di Spencer erano colmi di lacrime. Lacrime che non voleva versare. La voce era più alta e rotta dal pianto.

“Spence” Veronica tentò un’ultima volta.

“Ah, comunque sono stata sospesa per due mesi dal lavoro. Penso fosse arrivato il momento di dirtelo” Spencer concluse sganciando il segreto che stava tenendo sin dal giorno in cui era arrivata, e quindi salì al piano di sopra, lasciando Veronica alquanto attonita.

Al liceo invece, una Cassidy piuttosto agitata stava varcando le porte con accanto Alison. Aveva il batticuore. L’agitazione era sempre più alta. Appena entrata, gli studenti iniziarono a guardarla. Gli sguardi, le parole, tutto le piombò addosso.

Cassidy rimase lì immobile. Dopodichè tentò di abbassare di più il maglioncino nero che indossava. Tentò di abbassare di più le maniche, per non far vedere i segni sui polsi. Alison notò il gesto, mentre l’amica si guardava intorno palesemente terrorizzata.

“Cassidy, va tutto bene?” chiese Ali.

“Non proprio. Hai visto come mi stanno guardando?” chiese Cassidy.

“E tu fregatene. L’unico modo per superare questa giornata, è fregartene e camminare a testa alta” la rassicurò Alison.

“E se mi dicono qualcosa? Se mi chiedono qualcosa?” chiese Cassidy in preda al panico, continuando a rimanere lì impalata, di fronte all’orda di studenti.

“Puoi tranquillamente dir loro che non ne vuoi parlare, o se proprio vuoi rispondergli, dì loro che hai avuto un sacco di problemi, e che è stato un gesto stupido, E che non ricapiterà più perché oramai hai capito di aver sbagliato” spiegò Alison.

“Ali, ho paura, davvero rispose Cassidy.

Alison quindi si voltò verso di lei e le prese la mano. “Cassidy, ascoltami. Affrontare gli sguardi della gente, sarà sempre dura. E’ il modo in cui li affronti ciò che conta davvero. Tu hai sbagliato, e lo sai. Te l’ho detto anch’io. Ma sei di nuovo qui, e stai bene, e soprattutto hai capito di non dover commettere più gesti simili. E chissà, magari potrai essere di grande aiuto a quei ragazzi, che magari fanno brutti pensieri ogni giorno. Pensala cosìAlison tentò di rassicurarla nel migliore dei modi.

Cassidy si sentì estremamente più calma. L’agitazione iniziò a scendere “Ok, forse hai ragione” rispose lei.

Mentre rimanevano lì a parlare, dalla sala docenti uscì Emily, che si stava dirigendo in piscina. Appena vide le due ferme sull’entrata, si pietrificò. Rimase a guardarle mentre si sorridevano e si tenevano la mano. Cassidy subito notò la donna, che in fretta andò verso le piscine.

“…Vado, vado un attimo in bagno. Tu hai lezione quindi va tranquilla. Posso farcela” aggiunse poi Cassidy, allontanando in fretta la mano di Alison.

“Ok, sei sicura? Per qualsiasi cosa basta che mi chiami, d’accordo?” concluse Alison premurosa.

“Sì, sta tranquilla. Ci vediamo a pranzo” concluse Cassidy, e quindi si allontanò in fretta, lasciando Alison alquanto stranita.

Negli spogliatoi della piscina, Emily stava riordinando alcune asciugamani, quando vide entrare Cassidy.

“Ehi ciao!” intervenne Cassidy tentando di accennare un sorriso.

Emily sembrava alquanto scocciata, la guardò giusto un secondo. Ciao rispose freddamente.

Cassidy le si avvicinò “Ti ho vista prima, e volevo che sapessi che non c’è niente tra me e Ali. Mi ha solamente accompagnata a scuola.  E’ il primo giorno dopo, dopo quello che è successo, quindi-“ Cassidy non riuscì a finire la frase.

“Cassidy, non devi darmi spiegazioni, davvero rispose Emily tagliando corto.

“No, certo. Però dopo il nostro discorso dell’altro giorno, ci tengo a farti capire che non voglio in nessun modo minare il vostro rapporto. So di aver sbagliato, e ho intenzione di rimediare a ciò che ho combinato” spiegò la donna risoluta e decisa.

“Cassidy, io e Ali avevamo già dei problemi. Non c’entri niente tu. Semmai la situazione con te ci ha aperto gli occhi” spiegò Emily continuando a riordinare pur di non fermarsi a parlare più seriamente della questione.

Cassidy però si sedette. “Emily, puoi sederti un attimo?” chiese la ragazza speranzosa.

Emily capì che non sarebbe stato carino tirarsi indietro, quindi la imitò, e rimase a fissarla. Cassidy fece un sospiro lungo.

“…Emily, se, se ho potuto imparare qualcosa da Alison in questa settimana in cui mi è stata vicina, è che, è che ti ama più di ogni altra cosa al mondo. Sai, la settimana in cui ero in ospedale, una notte mi svegliai. Non riuscivo a prendere sonno. Quando aprii’ gli occhi, Alison era lì accanto a me. Era rimasta a dormire in ospedale quella notte. Solo che, lei non stava dormendo, sai?” spiegò Cassidy.

“E cosa faceva?” chiese Emily curiosa.

“Lei piangeva. Ha pianto così tanto quella notte” rivelò Cassidy.

Di fronte questa rivelazione, Emily ebbe come un magone allo stomaco. Si sentì male al pensiero della sua Alison in lacrime. “Io…Io non so cosa fare, Cassidy. Non so come, come poter risolvere la situazione” rispose lei.

“Emily, non c’è niente da risolvere. Vi amate, e dovete semplicemente riuscire a superare questo brutto momento insieme. Tutto qui. Stare divise non vi aiuta di certo. Fidati continuò Cassidy con estrema sincerità.

Gli occhi di Emiy erano visibilmente lucidi “E’ strano che sia tu a darmi consigli su come salvare il mio matrimonio” rispose lei ironica, tentando di smorzare gli animi.

Cassidy sorrise “Ho passato così tanto tempo a cercare di distruggere qualcosa che evidentemente nessuno può distruggere. Quindi, è giusto che io vi aiuti a ricostruire ciò che ho tentato di minare” le parole della donna erano sincere e vere. Si sentiva davvero in colpa. E la convizione nel volerle aiutare, era palese.

“Ti ringrazio” rispose Emily, anch’essa con voce sincera. Stava realmente credendo a Cassidy in quel momento. Voleva crederci. Voleva credere davvero alla sua buona fede questa volta.

Intanto, per le strade di Rosewood, una tenera Aria, stava passeggiando con il suo Byron nel passeggino, caffè in mano, e accanto a lei anche Hanna.

“E Ezra dove lo hai lasciato?” stava chiedendo la giovane Marin-Rivers.

“E’ ad inventare l’ennesima scusa per Philip, il mio manager. E dopo ha colloquio di lavoro in una pasticceria a Ridgville” rispose Aria pensierosa.

“Non ha ancora trovato niente?” chiese Hanna.

“No. Purtroppo negli ultimi mesi, dopo aver ceduto il Brew, credeva che con la sua esperienza da manager in un bar conosciuto come il Brew, potesse trovare qualcosa, e invece, oramai è fermo da settimane” replicò Aria visibilmente preoccupata per il marito.

“Ha mai pensato di ritornare a scrivere? Non lo fa dal libro su Nicole. E’ passato un sacco di tempo” chiese Hanna.

“Ci ha provato, ma, ha come un blocco. E ora ci sta Philip che continua a tartassare me e lui. Se dovessi lasciare anch’io, non so come potremmo fare. L’unica fonte di guadagno in questo periodo, arriva da me” spiegò Aria.

“Quindi non hai ancora deciso cosa fare con il tour del libro?” chiese Hanna.

“No. Ora come ora non posso di certo prendere e partire di nuovo. Soprattutto non con Spencer in queste condizioni, e con questo pazzo che ci da la caccia. E’ anche vero che quella oramai era la mia vita. Se rifiuto di continuare il tour, posso dire addio al mio lavoro. Nessuno mi prenderà mai più sul serio” continuò Aria alquanto preoccupata.

“Che situazione” replicò Hanna sbuffando e sorseggiando il suo caffè.

“Piuttosto, cosa hai raccontato a tua madre?” chiese poi Aria cambiando discorso.

“Tutto. Cioè, più o meno tutto. Ho raccontato di Roger, del fatto che fosse il fratellino di Addison, e del fatto che abbiamo provato a risolvere la faccenda. Ovviamente ho omesso la parte in cui uno stalker psicopatico sta cercando di farci fuori, e il fatto che continueremo ad indagare fino a quando non finiremo in un sacco per cadaveri” spiegò Hanna fin troppo diretta.

“Hanna, dai. Un po’ più positiva?” chiese Aria.

“Positiva? Aria, ti rendi conto con chi abbiamo a che fare? Un pazzo che non si fa scrupoli ad uccidere due bambine innocenti, e che ha ucciso una povera donna che non aveva fatto del male a nessuno. E che ora ha anche incastrato un uomo innocente” continuò Hanna.

Aria guardò l’amica perplessa. “…Ok, forse innocente” si corresse Hanna.

“Ma hai più parlato con Kate? Magari lei sa qualcos’altro” chiese Aria.

“No, e non penso che debba parlare con lei, bensì con mio padre. E’ su di lui che Addison voleva informazioni quella notte. Kate fu solo un mezzo, mi sembra ovvio” spiegò Hanna.

“Hai intenzione di andare a trovarlo?” chiese Aria.

Probabile. Solo che ho davvero paura di quello che potrebbe rivelarmi” rispose Hanna pensierosa e dubbiosa.

“E se confessasse che ha davvero ucciso lui Addison?” chiese Aria un po’ impaurita dalla domanda.

“Non ci voglio pensare. L’unica cosa che mi chiederei, è cosa possa c’entrare lui con una ragazzina di 15 anni” rispose Hanna tentando di trovare un soluzione ai suoi dubbi.

“Hai mai pensato al fatto che magari, non so, potessero avere-“ Aria non riuscì a finire la frase.

“Non dirlo neanche per scherzo! Il pensiero di mio padre con una ragazzina è, è…Non voglio nemmeno pensarci” rispose Hanna.

“Io invece spero che Alison decida di parlare con suo padre” replicò Aria.

“Ha paura anche lei di quello che potrebbe dirle” ribattè Hanna.

“Ma cosa potrebbe mai nascondere il padre di Alison? Poi, con tuo padre. Loro erano amici all’epoca?” chiese Aria.

“A quanto ne so, i nostri genitori sono sempre stati molto amici. Ma non so fino a che punto. E se fossero d’accordo per mantenere qualche segreto?” rispose Hanna entrando un po’ in panico.

“Non fasciamoci la testa prima di rompercela. Abbiamo già visto con Jason e con Kate, che non è sempre come pensiamo. Aspettiamo di vedere cosa scopre Alison” replicò Aria.

“E io intanto dovrei andare a trovare mio padre?” chiese Hanna cercando un consiglio dall’amica.

“Secondo me dovresti. Almeno ti levi tutti i dubbi che hai” continuò Aria.

Le due continuarono a passeggiare tranquillamente.

“Piuttosto, io sono preoccupata per Spencer. Ieri non era in se” riprese Hanna cambiando discorso.

“Lo sono anch’io. Sta soffrendo. E sappiamo che quando Spencer soffre, si autodistrugge rispose Aria, con la certezza di un’amica che conosceva bene Spencer.

“Spero riesca a trattenersi, e a superare questa cosa. Ora come ora, avere una di noi fuori gioco non è proprio il massimo” concluse Hanna, e intanto continuavano la loro tranquilla passeggiata, mentre il piccolo Byron giocherellava nel passeggino con la sua copertina di lino.

 

 

 

Poco più tardi, Spencer era seduta in chiesa, in terza fila, e stava lì pensierosa. C’erano giusto tre o quattro persone sedute lì intorno, tutte intente a pregare. Spencer era seduta a fissare l’enorme crocifisso sopra l’altare. Aveva lo sguardo fisso su di lui.

Qualcuno poi aprì le porte della chiesa. Dalla camminata, e dalle scarpe nere che avanzavano, era un uomo. L’uomo quindi arrivò alla postazione di Spencer, e le si sedette accanto. La donna se ne accorse e non mosse un dito. L’uomo le prese la mano e la unì alla sua, stringendola forte.

“Speravo che arrivassi” sussurrò lei a voce bassa, quindi si voltò verso l’uomo. Era Toby. Un meraviglioso Toby Cavanaugh dagli occhi blu, e con il suo incantevole sorriso, era lì accanto a lei, che la fissava sorridente. Le mani dei due unite come a non volersi lasciare andare.

Rimasero lì, senza dire una parola, a fissarsi. E solo con uno sguardo, Toby la stava facendo sorridere. La stava facendo star meglio.

 

 

Al liceo di Rosewood, nel frattempo, Alison era seduta in sala docenti mentre era intenta a correggere alcuni compiti. Era da sola, ma venne poi interrotta dall’arrivo di suo padre Ken. L’uomo apparve sulla porta. “Ehi tesoro, si può?” chiese.

Alison sobbalzò per un attimo “Papà, ehi, sì certo! Entra pure. Ero in pausa e stavo correggendo alcuni compiti. Che succede? Le bambine stanno bene?” chiese lei subito preoccupata.

“Sì, tranquilla. Sono in macchina. Sono passato per lasciarti il pranzo. Lo hai lasciato a casa stamattina” rispose lui porgendogli una piccola busta marrone.

“Grazie. Ultimamente sono con la testa tra le nuvole” spiegò Alison.

Ken si sedette accanto a lei. “Ieri sera quando sei rientrata mi ero addormentato con le bambine, e non ti ho potuto chiedere. Com’è stato il funerale?” chiese Ken.

Triste. Era un funerale. Come poteva essere?” rispose lei un po’ stizzita.

“Tesoro, ma va tutto bene?” chiese Ken alquanto perplesso.

“Sì, scusa, è che, sto dormendo poco, poi la situazione con Emily, e ora quello che è successo a Spencer, e Cassidy. Sono piuttosto stanca rispose Ali tentando di ridimensionarsi.

“Non hai ancora parlato con Emily?” chiese Ken.

“No. Al momento sarebbe meglio che io parlassi con qualcun altro” rispose lei.

“E con chi?” replicò Ken piuttosto curioso.

Alison lo fissò intensamente per pochi secondi. “Papà, perché sei tornato in città? Realmente dico. Era davvero perché avevi problemi di soldi?” chiese la donna diretta.

Ken rimase alquanto sbigottito dalla domanda “Sì, certo. E continuerò a sentirmi in colpa per molto tempo, però, sì. Ero tornato per questo. Ma perché questa domanda?” ribattè lui cercando di capirci qualcosa.

“No, è che, io e le ragazze abbiamo-“ Alison non riuscì a finire la frase in quanto la campanella li interruppe. La donna subito si ricompose.

“Cosa, che cosa è successo?” continuò Ken interessato a capire.

Alison però si alzò di colpo riordinando i compiti. “Nulla, niente di importante. Ci vediamo stasera a casa, ok? Devo correre a lezione. Dai un bacio alle bambine e dì loro che le amo. Ciao!” la giovane tentò di liberarsi in fretta del padre e uscì subito dalla sala docenti, lasciando un Ken perplesso e confuso.

Mentre Alison uscì in fretta dalla sala docenti, potevamo notare Willa, Hadley, Ava e Samantha sedute nel cortile della scuola, che farfugliavano tra di loro. La scena si spostò sul gruppo di amiche.

“Quindi ti ha praticamente confessato di non aver detto tutta la verità? Lo sapevo che quella sfigata nascondeva qualcos’altro. E voi che volevate crederle a tutti i costi” dichiarò Ava alquanto infuriata.

“Sembrava sincera quel giorno” rispose Hadley sentendosi un po’ in colpa per averle dato fiducia.

“Penso che quello che ci ha raccontato fosse vero. Ma sicuramente ha omesso qualcos’altro” intervenne Samantha.

“Qualcosa di più grosso. Ha ucciso lei Addison. Ne sono sicura rispose Ava convinta delle sue parole.

Mentre le amiche parlavano tra di loro, Willa era assorta nei suoi pensieri. Era totalmente assente, e per un attimo con la mente iniziò a vagare. Vari sprazzi di un determinato momento si fecero spazio nella sua mente. C’era lei, con in mano una chiave a croci insanguinata, mentre se ne stava nel giardino di Addison e con lo sguardo terrorizzato e sconvolto, rivoltò verso il basso. E urlava “Addison!”, poi però le amiche la fecero subito tornare alla realtà e quasi saltò dalla sedia.

“Terra chiama Willa! Ci sei?” chiese Ava scuotendo letteralmente l’amica.

“Come? Sì, sì, scusatemi. Che dicevamo?” chiese Willa tentando di ritornare normale.

“Ehm, tu hai parlato. Ci hai raccontato cosa ti ha detto Claire questa mattina” replicò Ava.

Hadley osservava l’amica un po’ preoccupata. “Tesoro, va tutto bene?” chiese.

“Sì, è che, scusatemi. Sono piuttosto preoccupata per questa cosa, e per quello che Claire ancora non ci ha detto. Non vorrei che ci stessimo infilando in qualcosa più grande di noi” rispose Willa provando a dire la sua e a tornare con la mente alla realtà.

“Secondo te può aver ucciso davvero Addison? Magari dopo lo schiaffo che le ha dato, ha cambiato idea, è tornata indietro, e l’ha colpita” continuò Ava, convinta dei suoi sospetti.

“E poi l’ha caricata su qualche macchina che a 15 anni non poteva guidare, l’ha nascosta in qualche luogo e l’ha tenuta segregata per un anno? Seriamente credi che Claire abbia potuto fare tutto questo da sola?” chiese Hadley.

“Magari l’ha aiutata qualcuno” intervenne Samantha.

“Un adulto dici?” chiese Ava.

“Sì. Di certo solo un adulto avrebbe potuto rapire una ragazzina e rinchiuderla chissà dove per un anno. Claire nasconderà di certo qualcos’altro, ma non ce la vedo ad uccidere qualcuno. Ci sarà sicuramente una seconda persona, e sicuramente è la persona che ha rapito e ucciso Addison” continuò Samantha.

Le quattro rimasero a riflettere sulla cosa, cercando di capire come risolverla.

Intanto, a lezione di Algebra, la situazione sembrava piuttosto serena. Claire era seduta in terza fila, mentre stava seguendo la lezione che la sua professoressa stava esponendo e scrivendo alla lavagna. Mentre seguiva la lezione, qualcuno passò dietro Claire, facendole salire i brividi fin sopra i capelli. Claire si accorse della cosa, e si voltò di colpo. Dietro di lei però c’era solamente il compagno della fila dietro, che la guardò perplesso.

“S-Scusami, credevo che mi avessi chiamato” sussurrò Claire per non farsi sentire dalla professoressa.

Non appena tornò con il volto in avanti, di fronte a lei in piedi, c’era Addison. “Mostro”, solo questo disse. Non appena la vide, Claire lanciò un urlo incredibile e potente, e saltò letteralmente dal banco. I suoi compagni e la professoressa si spaventarono, e tutti gli occhi si posarono su di lei. La professoressa, una donna sulla sessantina con occhiali a cerchio e capelli bianchi, le si avvicinò preoccupata.

“Claire, che succede? Va tutto bene?” chiese.

“I-Io, io…Non l’avete vista?” chiese Claire quasi in preda alla disperazione.

In quel momento, Alison stava passando dall’aula. La porta era aperta e notò la situazione.

“Va tutto bene professoressa Smith?” chiese Alison entrando in classe e avvicinandosi a Claire.

“Non lo so. Claire, allora?” continuò la professoressa.

“Claire, che ti succede?” chiese Alison premurosa.

E’ lei! Non lo capite? Mi sta perseguitando per quello che ho fatto!” rispose Claire in preda all’esasparazione più totale. Era agitata. Respirava affannata. Era al limite. Si guardava intorno come una forsennata.

“Chi? Chi ti sta perseguitando?” chiese Alison perplessa.

Addison! rispose Claire di getto. Alison rimase alquanto sorpresa dalla risposta. Claire però non smise di vederla. Di colpo, una Addison sorridente le apparve di fronte la finestra che dava sul cortile della scuola. Claire esplose definitivamente. “…Lasciami in pace!” urlò.

Gettò un urlo quasi disumano, prese in mano la sua sedia e la gettò con tutta la forza che aveva verso la finestra, che subito si frantumò andando in mille pezzi. Gli studenti rimasero sconvolti e indietreggiarono, così come Alison e la professoressa Smith. Claire rimase a guardarsi intorno, con le lacrime agli occhi, consapevole di aver oltrepassato il limite.

Intanto, Spencer e Toby erano seduti nella piazzetta di Rosewood, ad una panchina che dava sulla strada. Spencer era abbracciata a lui, rannicchiata sul suo petto come se cercasse protezione. Il braccio di lui era attorno al collo di lei, e si tenevano teneramente per mano.

“Ti mancava Rosewood?” chiese Spencer all’uomo.

“Un po’. Poi quando ho saputo della morte di quella ragazzina, ho capito che non era cambiata per niente. E’ la Rosewood di sempre” rispose lui ironizzando un po’.

“Hai saputo di Jason?” continuò Spencer.

“Che è in quel centro di riabilitazione? Sì. Mi ha telefonato qualche giorno fa. Penso fosse l’unica scelta giusta. Non so se lo avesse detto, ma, prima di quell’incidente con le bambine, aveva saputo di essere stato licenziato. Proprio per questo problema dell’alcool. In questo modo potrà riprendere in mano la sua vita e il suo futuro” rispose Toby speranzoso. “…Tu piuttosto, come mai eri in chiesa?” continuò.

“Non lo so. Forse volevo sentirmi più vicina a lui” rispose Spencer con la tristezza in volto.

“A tuo padre intendi?” chiese Toby. Spencer fece cenno di sì con la testa. Poi si alzò dal petto di Toby.

“Sono contenta che tu sia qui. Quando ti ho scritto, non pensavo riuscissi a trovare un minuto per me” continuò lei.

Toby posò dolcemente la sua mano sulla guancia di lei e la accarezzò. “Spence, per te riuscirei a trovare tutto il tempo di questo mondo, lo sairispose lui.

Spencer si avvicinò lentamente, vicini quanto bastava per sentire l’uno il respiro dell’altra, e si unirono in un dolce bacio. Un bacio che suggellava un rapporto che nessuno era mai riuscito a spezzare, soprattutto dopo tutti questi anni.

“…E questo bacio? Non eravamo solo amici di letto?” chiese Toby tentando di smorzare un po’ la tensione.

Spencer sorrise. “Forse avevo un po’ di nostaglia dei vecchi tempi. Quando, quando eri tutto per me” rispose lei guardandolo dritto negli occhi. Toby le sorrise con quel suo sorriso che mozzava il fiato.

“E come sta tua madre?” chiese poi lui cambiando discorso.

“Lei sta più che bene. Forse anche troppo” rispose Spencer stizzita.

“Spence, secondo me sei ingiusta così. Tua madre oramai si è rifatta una vita, giusto? Non può di certo fermarla di colpo. Lei e tuo padre avevano preso strade diverse ormai. Lo ha pianto, e sicuramente lo piangerà ancora, ma deve comunque continuare a vivere” le spiegò Toby con saggezza.

Spencer sgranò gli occhi “Quindi sei dalla sua parte? In pratica ora dobbiamo dimenticarci di mio padre come se niente fosse, solo perché in passato si è comportato male?” chiese lei iniziando ad alzare i toni e ad infastidirsi.

“No, non sto dicendo questo” replicò lui tentando di farla ragionare.

“Sì invece! E’ come se dovessimo dimenticarci di lui perché in passato si è comportato male! Come se la sua morte valesse meno perché ha fatto degli errori e ha mentito alla sua famiglia. Rimaneva pur sempre mio padre!” continuò lei oramai alzando la voce.

“Un padre che non ti ha mai raccontato la verità su tua sorella Melissa” replicò Toby piuttosto deciso.

Spencer si alzò di colpo. “Sai che ti dico? Hai fatto uno sbaglio a tornare qui. Tornatene pure a New York a costruire case!” concluse Spencer, e su quest’ultima frase, prese la borsa e se ne andò via.

“Spence, aspetta!” urlò lui, ma senza successo. Con il suo passo svelto, la giovane Hastings era già alquanto lontana.

Intanto, nel carcere della contea, Hanna era nuovamente seduta nella sala colloqui, di fronte ad un vetro, in attesa che arrivasse qualcuno. La porta dall’altro lato del vetro si aprì e iniziarono ad entrare i detenuti. Hanna aveva un’ansia pazzesca che le pervadeva tutto il corpo. Tom Marin, con aria stanca e tuta arancione, apparve tra gli altri detenuti, e non appena vide Hanna rimase sorpreso, ma si sedette.

I due rimasero a fissarsi, occhi negli occhi, per pochi secondi.

“Ciao papà aggiunse subito lei.

“Che sorpresa vederti qui” rispose lui piuttosto incredulo.

“Credevi di vedere la tua meravigliosa moglie, o magari Kate? A quanto so non sono ancora venute a trovarti, vero?” replicò Hanna gongolando di ciò e usando un po’ di arroganza.

“Se sei venuta per ridere di questa situazione, puoi anche andartene” continuò Tom visibilmente scocciato.

Non sono venuta per questo. Sono venuta per dei chiarimenti. E ti prego, è la seconda volta in questo mese che metto piede qui nel carcere della contea a parlare con un detenuto, quindi per favore, fa in modo che non debba tornare più e dimmi tutto quello che sai” Hanna fu diretta, chiara e concisa.

“Quello che so? Io, io non so nulla! E non ho ucciso Addison Derringer” sussurrò Tom a voce bassa, ma sicuro di se.

“E come la spieghi la pistola in casa tua? Era la pistola che ha ucciso Addison. Hanno fatto tutti i loro test di cui non ci capisco nulla, e hanno confermato che era l’arma del delitto. Come si trovava in casa tua? Per magia?” chiese Hanna anch’essa a voce bassa.

“Io non lo so! Non ho mai visto quella pistola nella mia vita. Così come non ho mai visto questa ragazza. Qualcuno, qualcuno mi sta incastando” rispose Tom ancora più sicuro delle sue parole.

“Chi? Chi ti sta incastrando?” chiese Hanna.

Tom non rispose subito. Fece un lungo sospiro. “Hanna, è meglio che ti tiri fuori da questa storia. Lo dico per il tuo bene” continuò lui.

“Perché? Cosa mi stai nascondendo? Ok, non hai ucciso Addison, voglio crederti. Ma allora perché lei voleva sapere di te quella notte? Perché ha chiesto a Kate informazioni su di te?” chiese Hanna sperando di avere le risposte che sperava.

Tom si guardò intorno con un po’ di timore, guardava le guardie che stavano alle due entrate. “Hanna, ascoltami bene. Questa è una storia più grande di te. E non voglio che tu continui a scavare per scoprire la verità. Non potresti superarla. Però una cosa posso dirtela. Io non ho ucciso Addison. Devi fidarti di me. Chi ha ucciso Addison ora sta tentando di incastrarmi” Tom apparve piuttosto sincero, e Hanna percepì tale sincerità.

“Papà, io ti credo. Credo che tu non abbia ucciso Addison, però c’è comunque qualcosa che non mi vuoi dire. Perché Addison voleva sapere di te? E perché eri al lago il giorno in cui Roger Maxfields scomparve?” chiese ancora Hanna.

“Hanna, lascia perdere. Devi lasciar perdere o ti si ritorcerà tutto contro in un modo che non puoi neanche immaginare” concluse Tom. Dopodiché si voltò verso la guardia. “…Io qui ho finito. Posso rientrare concluse papà Marin.

“Papà, per favore! Devi dirmi quello che sai” ribattè Hanna, alzandosi dalla sua postazione.

“E’ meglio per il tuo bene che tu non sappia nulla. Però, sappi che non sono l’unico coinvolto in questa storia. Questo posso dirlo per certo” terminò Tom, lasciando il dubbio che qualcun altro fosse coinvolto. Il pensiero di Hanna andò subito su Ken DiLaurentis.

Al liceo di Rosewood invece, Claire era seduta nella sala docenti, mentre Alison le stava porgendo un bicchiere d’acqua. Claire provò a bere ma anche le mani le tremavano. La giovane si sedette di fronte a Claire, e la fissò.

“Come stai? Va meglio?” chiese Alison premurosa.

“Sono stata sospesa, vero?” chiese Claire con voce triste.

“Sì, Claire. Il preside Hackett ha deciso così. Dieci giorni di sospensione. I tuoi genitori stanno venendo a prenderti” rispose Alison.

Claire si portò le mani tra i capelli in segno di disperazione. Alison le si avvicinò di più. “Claire, ma che cosa è successo? Vuoi spiegarmelo?” chiese.

Claire alzò lo sguardo. “Io, io non posso parlarne! S-se lo faccio, farà del male alla mia famiglia” iniziò a balbettare con la voce rotta dal pianto.

“Chi? Chi farà del male alla tua famiglia? Di cosa stai parlando Claire?” continuò Alison sperando di tirarle fuori la verità.

“Doveva essere uno scherzo. Un, un semplicissimo scherzo, e invece, invece ora lei è morta” replicò Claire mentre le lacrime iniziarono a rigarle il viso.

“Parli di Addison?” chiese Alison.

“Ho tentato di nascondere la cosa, ma, ma non ce la faccio più. E ogni giorno è sempre peggio” rispose Claire quasi in preda al panico. Alison le prese dolcemente la mano.

“Claire, puoi parlare con me. Ti proteggerò io. Te lo prometto. Ma devi dirmi cosa sai su Addison” Alison sembrava piuttosto convincente. Claire rimase a fissarla, non disse nulla, o almeno non subito. Fece un lungo respiro.

“Era…Era quasi l’inizio dell’estate, quando, quando venni contattata anonimamente da qualcuno. Non so chi fosse. Mi scrisse solo un sms anonimo. Mi chiese se volessi aiutarlo a farla pagare ad Addison. Fargliela pagare per tutto ciò che mi aveva fatto. Io, io odiavo Addison. La odiavo con tutta me stessa, così, ingenuamente accettai. Fui stupida. Ero talmente accecata dall’odio che provavo per Addison, che mi sono fidata di uno sconosciuto. Iniziai a messaggiare con questa persona, ma non si fece mai vedere. E quindi buttammò giù un piano” iniziò a spiegare Claire.

“Un piano per, per uccidere Addison?” chiese Alison spaventata da tale domanda.

“No, era, era un piano per spaventarla a morte. O almeno così mi fece credere. Il piano era di cogliere di sorpresa Addison. Io avrei dovuto indossare un costume di Halloween, da zombie. Dovevo spaventarla, e poi l’altra persona avrebbe dovuto riprendere la scena. Il video poi sarebbe finito sui telefoni di tutti a scuola. Io, io credevo che quella persona fosse un altro studente. Un’altra persona vittima delle angherie di Addison. Ma a quanto pare non era così. Decidemmo di attuare il piano quella notte…” spiegò Claire.

“La notte in cui Addison scomparve?” continuò Alison.

“Sì. Io…Io e Addison ci incontrammò quella notte. Volevo prima chiarire una cosa. Una delle tante ingiustizie che avevo subito a causa sua. Ma, dopo, dopo aver  parlato, andai nel bosco vicino casa di Willa, e aspettai. Io stavo aspettando nei boschi in attesa del via da questa persona, ma poi…” Claire continuava a raccontare.

Il racconto di Claire si tramutò in un altro flashback di quella famosa e lunga notte. Nei boschi accanto il capanno di casa di Willa, Claire era seduta ad un albero, con un lungo mantello nero addosso, e accanto a se la maschera di un orribile zombie putrefatto, e anche un finto coltello in plastica ricoperto di sangue altrettanto finto. Era piuttosto ansiosa, e i tuoni e lampi che le facevano compagnia in cielo, non aiutavano molto.

“Ma dove diavolo è finito?” chiese tra se e se e guardandosi intorno.

Di colpo il telefono di Claire squillò, era un sms anonimo. “E’ ora” solo questo diceva.

“Finalmente!” esclamò la ragazza. Quindi si alzò, indossò la maschera, prese in mano il finto coltello, e si avviò verso il granaio di casa di Willa. Non appena uscì dal bosco, arrivò nel cortile. Lì nel cortile c’era Addison stesa a terra. Si lamentava mentre si toccava la testa. Si ritrovò del sangue sulle mani.

“Oh mio dio” sussurrò Claire tra se e se, mentre un brivido di paura la travolse. Subito mise il coltello finto nella tasca del mantello.

Addison si alzò lentamente e subito vide Claire vestita da zombie. Ovviamente non la riconobbe. Rimase a fissarla senza dire nulla. Claire dal canto suo, rimase anch’essa immobile. Non voleva farsi scoprire. Claire fissava Addison, e Addison fissava Claire, non sapendo che fosse lei.

La giovane Derringer poi scoppiò a ridere. Una risata fragorosa e a tratti fastidiosa. “Pensi realmente di farmi paura con questo patetico costume?” chiese Addison con arroganza.

Claire sentì il suo odio per la giovane, crescere dentro di se. “…Ascolta, sto passando di tutto questa sera. E ora devo anche fare due chiacchiere con la mia cara amica Willa, e la mia testa sanguina, quindi chiunque tu sia, evapora, per piacere” insistette Addison.

In un attimo, tutto successe velocemente. Dal bosco dietro Addison, apparve una persona con felpa, cappuccio e guanti neri, e un’inquietante maschera da neonato che gli copriva il volto. Addison sentì i passi da dietro, e si voltò in fretta. Non appena vide questa persona mascherata, lanciò un urlo abbastanza potente. Questa persona prese in mano una chiave a croce che stava ai piedi di Addison, la stessa che Kate Randall pochi minuti prima aveva fatto cadere, e con tutta la forza che aveva in corpo la usò per colpire Addison in testa, nello stesso punto in cui era già ferita. Un colpo talmente netto e forte che stese totalmente Addison, che si accasciò a terra perdendo totalmente i sensi, mentre il sangue iniziò a sgorgare dalla sua testa.

Claire rimase pietrificata di fronte quella scena. Non aveva nemmeno la forza di parlare. “C-Cosa…C-Che cosa hai fatto?” solo questo riuscì a dire di fronte a quell’orribile scenario. E la persona incappucciata se ne stava lì, immobile, e con la chiave a croce sporca di sangue, in mano.

 

 

 

 

 

“Io, io ero paralizzata dalla paura. Non sapevo cosa fare” aggiunse poi Claire, tornando al presente.

Alison era alquanto sconcertata “Ma, ma hai visto in faccia chi l’ha colpita? E poi perché Addison era già a terra?” chiese.

“Io non lo so. E, e non sono riuscita a vederla in faccia questa persona, ma, non è tutto signora DiLaurentis” continuò Claire.

Ti ascolto rispose Alison.

“Dopo, dopo che quel pazzo la colpì, mi costrinse ad aiutarlo a portarla via” aggiunse Claire.

Un nuovo flashback di quella notte. Claire e la persona incappucciata stavano portando una Addison priva di sensi e ferita, in un’auto bianca parcheggiata poco distante dal granaio, in una strada buia e poco illuminata, e per niente trafficata. La misero nel bagagliaio.

Non appena Claire liberò il corpo di Addison, si gettò a terra e iniziò a vomitare. Quello che era successo era davvero troppo, e la paura l’aveva fatta star male. La persona mascherata sistemò il corpo di Addison per bene nel cofano e poi rimase a fissare Claire. Quest’ultima provò a riprendersi. Si asciugò la bocca e alzò lo sguardo.

“P-Perché? Perché stai facendo tutto questo? Chi sei?” chiese la giovane con la voce spezzata dal pianto.

“Non sono cose che ti riguardano” una voce cupa e palesemente amplificata da qualche misterioso microfono, uscì da quella inquietante maschera da neonato, facendo gelare il sangue a Claire.

“Tu, tu avevi detto che era solo uno scherzo, che dovevamo solo spaventarla!” iniziò ad urlare Claire. La persona incappucciata si abbassò e prese Claire da un braccio, stringendo forte e facendola alzare in piedi.

Claire fissò intensamente quella maschera inquietante sperando di capire chi si nascondesse dietro. “Ma chi sei? Che cosa vuoi?” chiese la giovane ragazza.

“Tu ora mi aiuterai. Senza fare domande, mi aiuterai. Sali in macchina o te ne pentirai” concluse la persona mascherata con la voce di chi non scherzava affatto.

Claire ebbe paura. Tanta paura. Era convinta che non ne sarebbe uscita viva. Sapeva però che se poteva avere un’unica possibilità di tornare a casa sana e salva, doveva fare come diceva quel folle mascherato. Quindi si avviò allo sportello dell’auto e entrò senza dire una parola. La persona mascherata quindi chiuse il cofano dove dentro stava Addison priva di sensi e con il capo sanguinante, e raggiunse Claire davanti, mise a motò e partì in fretta e furia.

 

 

 

 

“Claire, mio dio. Ma dove ti ha portato poi?” chiese Alison tornati con la mente al presente.

“A-Andammo in una baita fuori città. E’ talmente fuori dal mondo che non la troveresti nemmeno su una mappa. E’ una vecchia catapecchia al confine. Impossibile da trovare se non sai precisamente dove andare” continuò a raccontare accuratamente Claire.

“Cos’altro è successo?” chiese ancora Alison oramai totalmente presa dal discorso.

“E’ tutto molto confuso, ma ricordo che tenne lì Addison. Voleva tenerla con se. Non ucciderla. Addison…Era ancora viva” aggiunse Claire.

Un altro flashback uscì fuori dai racconti di Claire. Lei e la persona mascherata erano in una vecchia baita fuori città. Aveva cominciato a piovigginare. Claire era lì in piedi, in una baita che definirla così era solo un complimento. Era un vecchio casale oramai abbandonato, fuori dal mondo. A giudicare dal casino lì intorno, sedie bruciate, così come tavoli oramai ridotti in cenere, era chiaro che un incendio avesse distrutto tutto.

La persona mascherata stava chiudendo la porta che dava allo scantinato, e potevamo intravedere una Addison che iniziava a riprendere i sensi, ai piedi delle scale, buttata lì in fondo alla cantina. La persona mascherata chiuse la porta a chiave e poi si avvicinò a Claire. La ragazza indietreggiò.

“D-Dovremmo curarla, altrimenti morirà. O-Ora cosa vuoi fare? Uccidermi per caso?” chiese Claire pensando che oramai non avesse più scampo.

“Adesso tu tornerai a casa tua e dimenticherai questa faccenda. Dimenticherai tutto ciò che è successo. Addison è con me, e rimarrà con me. E non è morta. Lei è al sicuro con me. Non le succederà nulla. E’ esattamente dove deve stare. Se parlerai a qualcuno di quello che è successo…” la persona mascherata non concluse la frase, ma passò il suo pollice sul collo, come ad imitare uno sgozzamento. Claire aveva afferrato il concetto. Quindi si avviò alla porta e fece per andarsene, ma qualcosa la fermò. Non riusciva ad andarsene senza provare a capirci qualcosa.

“Ma…Perché stai facendo tutto questo? Non sei di certo uno studente. Sei, sei qualcuno di più grande. Perché mi hai coinvolto in tutto ciò?” chiese Claire sperando di avere una risposta.

“Usare l’odio che si prova per qualcuno, è facile. Il tuo era piuttosto alto. Eri la persona perfetta da poter usare” spiegò la persona incappucciata, continuando ad usare quella cupa voce modificata.

“Perché non vuoi dirmi chi sei?” chiese ancora Claire.

“Perché non è te che voglio. Tu sei stata solo un mezzo per raggiungere un fine. Ora sparisci” concluse la misteriosa persona, che quindi si voltò e si chinò per riordinare le sedie incatastate lì per terra. Nell’abbassarsi, un po’ della schiena di tale persona, si scoprì. Claire rimase a fissare il tizio, e notò qualcosa sul fondo schiena,  un tatuaggio. Un tatuaggio che raffigurava un bellissimo cavallo bianco immerso in un meraviglioso campo di fiori rosa. Era un tatuaggio molto bello e di medie dimensioni. Claire lo osservò attentamente, come a volerlo memorizzare nella sua testa, e dopodiché si avviò all’uscita.

 

 

 

 

 

“Appena uscita di lì, ricordo solo che camminai per ore. Ci sono dei punti di quella sera che non riesco a ricordare bene, e non so perché. Ma ricordo che trovai un bravo signore che mi diede un passaggio fino a casa. Tornata a casa, i miei genitori dormivano. Credevano che io fossi già a letto. Non avevano idea di ciò che avevo fatto. Di quello, di quello che avevo combinato la voce di Claire, in preda al panico, ci riportò al presente.

Alison era sconvolta, piuttosto sbigottita dal racconto di Claire. Fu come una doccia gelata. Mai poteva aspettarsi che la dolce e tenera Claire, che aveva imparato a conoscere bene a scuola, potesse nascondere qualcosa di così grosso. La giovane DiLaurentis stava cercando le parole giuste. Quel racconto l’aveva assolutamente lasciata interdetta.

Claire, ma, ma perché non ne hai mai parlato? Come hai potuto tenere per te questo segreto? Soprattutto quando hanno ritrovato il corpo di Addison?” chiese Ali provando a capirci qualcosa.

“Io, io volevo farlo! Dopo quella notte, provai a ritornare alla mia vita di sempre, e sembrava ci fossi riuscita, nonostante il pensiero di cosa stesse succedendo ad Addison mi tormentò per un anno intero. I suoi genitori erano distrutti, le sue amiche, tutti si chiedevano dove fosse finita, e io, io lo sapevo. Lo sapevo e non ho parlato. Ma avevo paura. Il primo giorno di scuola, Willa iniziò a starmi col fiato sul collo. Sospettava qualcosa. Quindi ebbi il coraggio di ricontattare quella persona. Non l’avevo mai più sentita o vista dopo quella notte” spiegò ancora Claire.

“E ti rispose?” chiese Alison.

“Sì…Io, io le chiesi notizie di Addison. Ma non volle dirmi nulla. Niente di niente. Io ho insistito così tanto per sapere che fine avesse fatto Addison, ma non ha mai voluto dirmi nulla. Dopodiché, fu nuovamente questa persona a contattarmi. Questa volta era diverso. Mi chiese di sbarazzarmi di qualsiasi cosa mi potesse collegare a quella notte. Avevo sotterratto nel bosco il vestito che usai, così come quel finto coltello insanguinato. Li recuperai. Prima bruciai il vestito, e dopo, dopo distrussi il coltello e lo gettai nel lago. Era semplice plastica. Quella persona, mi disse di sbarazzarmi di qualsiasi prova. Non so perché mi chiese ciò dopo più di un anno. Sembrava, sembrava in panico. Io lo feci. Avevo troppa paura così mi sbarazzai di tutto. Non c’era più nulla che mi potesse collegare a quella notte” continuò Claire.

“E quando ritrovarono il corpo di Addison? Claire, come, come hai fatto a convinvere con questo segreto?” ribattè Alison.

Io volevo dire tutto. Quando ritrovarono il corpo di Addison nel lago, io, io ero sconvolta. Volevo andare dritta dalla polizia. Ma quella persona, chiunque fosse, me lo impedì. Mi chiese di incontrarci il giorno del funerale di Addison, e, e lei, i-io volevo andare dalla polizia davvero, p-però…Non me lo ha permesso Claire questa volta iniziò a piangere. Non si limitò a timide lacrime. Oramai piangeva.

“Cosa ha fatto? Ti ha minacciato di nuovo?” chiese Alison.

“Ha minacciato la mia famiglia. Mia madre e, e il mio fratellino. Li avrebbe uccisi se io, s-se io avessi parlato con la polizia. Ma ora, o-ora io non ce la faccio più! Non riesco più a vivere con questo segreto, e, e h-ho ho tanto paura…Troppa paura signora DiLaurentis!” Claire esplose gettandosi tra le braccia di Alison e piangendo in preda alla disperazione. Non riusciva a fermarsi. Alison la lasciò fare, stringendola forte a se. Non sapeva come comportarsi, ma sapeva che doveva continuare a stringerla. A darle sostegno.Poteva solo abbracciarla forte e provare a pensare a cosa poter fare. E lasciò che si sfogasse. Piangeva così forte come se stesse andando a fuoco, e Alison era lì con lei quasi a farle da madre.

In serata, Aria era seduta nel salotto di casa sua intenta a guardare la TV. Mentre faceva zapping tra i canali, sentì i passi di Ezra. Stava scendendo dal piano di sotto. Era in pantofole e pigiama. Si avvicinò alla moglie e si rannicchiò accanto a lei. Aria prese il braccio di lui e se lo portò addosso, come a volersi fare avvolgere.

“Byron dorme?” chiese Aria.

“Sì, ci è voluto un po’ ma alla fine è crollato” spiegò Ezra.

Bene rispose Aria pensierosa e con lo sguardo perso nel vuoto.

“A che pensi?” chiese lui notando il suo essere un po’ disconnessa.

“A tutto. A questo folle che ci sta perseguitando, a Spencer, a cosa fare con il mio lavoro. Tuttorispose lei totalmente confusa.

“Aria, io ti supporterò qualsiasi scelta tu faccia. Lo sai, vero?” ribattè lui con tono rassicurante.

Aria quindi si scostò e lo guardo in faccia. “Beh, allora, allora credo che lascerò il tour” rispose lei.

“Va bene. Se è quello che ti senti di fare, va bene ribattè Ezra.

“Non vorrei farlo, ma devo. So che questo comprometterà la mia carriera. So che non troverò un altro assistente, visto che Philip mi farà terra bruciata attorno, ma ora, ora io non posso allontanarmi da qui. Devo stare accanto a Spencer, devo stare con le mie amiche. Devo risolvere questa faccenda” spiegò lei saggiamente ma anche molto dispiaciuta.

“Comunque, chiuse sia questa persona, ci è riuscita. E’ riuscita a rovinare le vostre vite. Come faceva Charlotte, e come, come fece Alex Drake” rispose Ezra un po’ incazzato e ripensando al passato.

“Già. Sembra di stare in un brutto sogno, e che da un momento all’altro mi sveglio e capisco che non sta succedendo nulla. Che non stiamo nuovamente indagando su omicidi misteriosi, su arme del delitto. Come se stessi continuando a vivere quella vita felice e bella che oramai avevamo. E invece, e invece è tutto vero. Sta succedendo di nuovo, e questa cosa mi fa così incazzare Aria sembrava alquanto provata e gli occhi erano lucidi.

Ezra subito la strinse a se. “Aria, risolveremo questa faccenda. Sbatteremo in galera questo pazzo, chiunque esso sia, e torneremo alla nostra vita. Te lo prometto” rispose Ezra.

“Ma come? Come farò a riprendere il mio lavoro di scrittrice dopo tutto ciò? Dopo aver abbandonato i miei lettori?” chiese lei preoccupata.

“Ci riusciremo insieme. Annuncerai che hai problemi familiari, che non puoi continuare il tour per qualche problema di salute. Basta un semplice messaggio sul tuo blog, e tutti capiranno. I tuoi lettori ti sono sempre stati fedeli, e lo rimarranno anche in questo momento. Fidati di merispose Ezra convinto di ciò che diceva.

Aria si perse nuovamente negli splendidi occhi del marito, e dopodiché si strinse forte a lui, come a volersi far proteggere.

Più tardi, a casa DiLaurentis, Alison era appena rientrata, e sembrava parecchio esausta. Tirò fuori il telefono dalla tasca, e mandò un sms sulla chat di gruppo. “Ragazze, dobbiamo parlare. E’ davvero urgente. Riunione a casa mia”, quindi inviò. Appena entrata trovò Ken intento a guardare la TV, comodamente steso sul divano.

“Ehi papà” esclamò lei gettandosi sulla poltrona accanto al divano.

“Ehi tesoro, sei tornata tardi stasera” replicò lui sedendosi.

Sì, ho avuto, ho avuto un sacco da fare. E ho riaccompagnato Cassidy a casa” rispose Alison.

“Ho capito. Comunque le bambine stanno già dormendo. Ha telefonato anche Jason, ma tu-“ Ken non riuscì a finire il discorso in quanto Ali lo troncò sul nascere.

“Papà cosa sai di Roger Maxfields?” la domanda di Ali partì di getto e senza pensarci, tanto da fa gelare il sangue a papà DiLaurentis.

L’uomo sgranò gli occhi leggermente confuso. “Roger…Roger Maxfields? Dici il bambino che era scomparso anni fa? Cosa dovrei sapere?” chiese lui mostrando un’iniziale tranquillità. Nessuna agitazione. Nessun respiro affannato. Nulla di tutto ciò.

Sono stanca papà. Stanca di questa gente che tiene segreti. Stanca di scoprire che le persone migliori in realtà nascondono qualcosa di oscuro. So che eri al lago Grayson il giorno in cui il piccolo sparì. Ho visto i ritagli di giornali di quel giorno. Eri insieme a Tom Marin. Il padre di Hanna. Quindi per favore, prima che io scavi a fondo e scopra qualcosa, è meglio che mi dica tutto tu. Ti prego. Non far si che io rimanga ancora una volta delusa da te” Alison sembrava stanca. Stanca dei segreti. Stanca della gente che mentiva. Quindi parlò senza peli sulla lingua.

Ken le si avvicinò “Tesoro, io non so nulla di Roger Maxfields. Quel giorno, ero andato a riprende te al parco estivo” spiegò l’uomo.

Le Fate Invisibili. So già tutto. Era un parco estivo molto famoso dove ci portavate quando eravamo piccole. Vai avanti” continuò lei diretta.

“Non c’è nient’altro. Arrivai lì e vidi che c’era la polizia, e c’era molto fermento. Tom Marin era lì e ho chiesto a lui cosa stesse succedendo, e mi raccontò di questo bambino che era sparito, e probabilmente era caduto nel lago. Tutto qui. Non c’è nient’altro sotto” rispose lui sicuro di se.

Ad Alison però queste parole non bastarono. “E allora perché Peter Hastings ha detto a Spencer che non devo fidarmi di te?” tuonò lei.

A queste parole, quell’agitazione che ancora non si notava in Ken, prese il sopravvento. “C-Cosa? Che intendi dire?” chiese lui.

Quello che ho detto. Il signor Hastings ha lasciato una lettera a Spencer prima di morire. E sul finale le ha detto di dirmi di non fidarmi di te. Perché non dovrei fidarmi di te?” replicò Alison.

Ken tentava di non apparire sulle spine, ma era evidente che lo fosse. “N-Non so, non so a cosa potesse riferirsi” rispose non apparendo convincente.

“Papà, ti prego. Ho perdonato il modo in cui hai abbandonato la tua famiglia. Ho perdonato il fatto che volessi usarmi solo per spillarmi dei soldi. Cavolo, ti sto facendo vivere qui visto che sei stato sfrattato di casa! Il minimo che tu possa fare, è dirmi la veritàAlison lo stava come implorando, ma Ken non cedette.

“Tesoro, davvero, non so di cosa tu stia parlando”  concluse l’uomo. Il volto di Alison si riempì di delusione. Scosse la testa profondamente dispiaciuta. Ken deglutì. Non aveva più il coraggio di affrontare la verità, qualunque essa fosse.

Quella tensione fu subito interrotta da qualcuno che bussava alla porta, e anche in modo insistente. Alison subito si precipitò ad aprire. Erano Aria, Hanna e Emily. Aria e Hanna entrarono di colpo senza aspettare l’invito. Emily rimase per un attimo sull’uscio di casa.

“Hai acceso la TV? Ne stanno parlando ovunque” esclamò Aria entrando in salotto.

Emily e Alison per una frazione di secondo si ritrovarono occhi negli occhi, ed era come se fossero in una bolla impenetrabile, lontano da tutto e tutti. Vedere la sua Emily lì, di fronte la porta della loro casa, le aveva riempito il cuore di una felicità assurda.

“Sono, sono contenta che tu sia qui” aggiunse Alison guardandola dritta nei suoi splendidi occhi.

Emily accennò un timido ma dolce sorriso “Anch’io” rispose lei.

“Oh, signor DiLaurentis, s-salve. Potrebbe, non, non essere qui al, al momento?” aggiunse poi Hanna quando vide che Ken era seduto lì sul divano. Alison ed Emily raggiunsero le due.

“Sì, certo. Vi lascio da sole, tanto stavo per andare a letto” rispose poi Ken capendo di doversi dileguare, a giudicare dagli sguardi delle ragazze. “…Notte tesoro” concluse l’uomo, lanciando uno sguardo alla figlia, sperando di rassicurarla, ma non ebbe molto successo. Le ragazze rimasero da sole. Hanna aspettò che Ken fosse arrivato al piano di sopra e si fosse chiuso nella camera degli ospiti, prima di dire la sua.

“Allora? Ci hai parlato?” chiese la bionda.

“Sì, e, penso che nasconda qualcosa. Oramai sembra che tutti nascondano qualcosa!” rispose Ali piuttosto furiosa.

“Ali, ora concentriamoci su ciò che è successo. Non hai visto il notiziario?” chiese Aria.

“No, sono stata da Cassidy fino a poco fa” rispose Ali. Emily fece un sospiro un po’ infastidito, ma non troppo. “…Piuttosto, anche io devo dirvi qualcosa. Per questo vi avevo scritto. Dov’è Spencer?” continuò Alison.

“Non risponde al telefono, ma mi ha telefonato Toby. E’ tornato in città, e a quanto pare è con lei” continuò Aria.

“Ok, allora, una delle nostre studentesse, Claire Varlac, oggi mi ha confessato qualcosa riguardo Addison. Non ci crederete mai” aggiunse Alison. Aria, Emily e Hanna subito si guardarono tra di loro.

“Ali, metti sul notiziario delle 20, è meglio” aggiunse poi Emily.

Alison quindi passò al canale del notiziario. C’era un giornalista fuori una graziosa casa blu situata nella zona periferica di Rosewood. Alle sue spalle, una marea di gente che assistiva all’arresto di Claire Varlac. La ragazzina era in lacrime, mentre veniva portata via in manette, e i suoi genitori che piangevano disperati sulla porta di casa.

“Oh mio dio, ma, ma quella è Claire” esclamò Alison sconvolta.

“Ha confessato tutto. Ascolta” rispose Emily. Alison alzò il volume della TV con il telecomando.

“E’ di pochi minuti fa la confessione della 16enne Claire Varlac. Una confessione agghiacciante che lei stessa ha deciso di fare presentandosi al commissariato della contea di Rosewood, intorno alle 19 di questa sera. Una confessione che rivela nuovi e inquietanti dettagli sulla morte della 16enne Addison Derringer, il cui corpo senza vita fu ritrovato quasi un mese fa, dopo un anno e mezzo di ricerche.” Spiegava la giornalista in TV, mentre Aria, Hanna, Emily e Alison seguivano con attenzione.

“E’ andata dalla polizia. Mio dio aggiunse Alison alquanto sbigottita.

“…La Varlac avrebbe confessato agli inquirenti, dopo un lungo colloquio, che la notte in cui la Derringer scomparve, lei stessa prese parte al rapimento della ragazzina. Rapimento che un anno dopo la portò alla morte. Non è ancora chiara la dinamica di tutta la vicenda, ma a quanto pare, la signorina Varlac ha confessato di essersi trovata invischiata in quello che sembrava essere un gioco, ma che poi si è rivelato qualcosa di più grosso che solo oggi ha deciso di confessare. La sua confessione arriva poco dopo l’arresto di Tom Marin. L’uomo, originario di Rosewood, è stato arrestato in seguito al ritrovamento dell’arma del delitto in camera sua, durante una perquisizione guidata dal detective Craig Davis, Il tutto grazie ad una segnalazione, al momento anonima. A quanto pare siamo quasi vicini alla risoluzione di un caso che sembrava lontano dalla verità. Tom Marin ha usato la sedicenne Claire Varlac per attuare il rapimento di Addison Derringer? Bisogna adesso scoprire i motivi che hanno spinto l’uomo a questo folle gesto, in quanto in carcere si è avvalso della facoltà di non rispondere.” Continuava il giornalista.

“Credono che sia finita qui. Credono che mio padre abbia rapito e ucciso Addison” aggiunse Hanna preoccupata.

“E che Claire lo abbia aiutato” replicò Alison.

“Quindi sono convinti che hanno trovato i colpevoli?” chiese Aria incredula.

“ …Intanto, la ragazza è stata subito scortata nel carcere minorile della contea della Pennsylvania, con l’accusa di concorso in sequetro di persona, e possibile omicidio. Lì verrà raggiunta dal suo avvocato che la ascolterà, in attesa di altri aggiornamenti. Dopo quasi un mese, il caso che sta sconvolgendo tutta la comunità di Rosewood, ha preso una svolta sorprendente. A questo punto, le solite faide liceali di cui sentiamo sempre parlare, potrebbero essere il motivo principale della morte della povera Addison Derringer? E’ stato Tom Marin a chiedere l’aiuto della Varlac, o la Varlac ha chiesto aiuto a lui? E inoltre, c’è ancora da capire cosa sia successo alla Derringer prima del rapimento, in quanto, sempre secondo le dichiarazioni della Varlac, Addison Derringer era già ferita in testa prima di ricevere il colpo fatale dal suo rapitore, che la portò via con se. Qualcuno l’aveva già aggredita. C’è più di un pazzo in circolazione? Intanto gli inquierenti stanno già setacciando le zone di montagna di Rosewood alla ricerca del luogo in cui pare sia stata tenuta prigioniera la Derringer. Luogo rivelato da Claire Varlac. In attesa di altri aggiornamenti, passiamo la linea a…”, Alison abbassò subito il volume.

“Ragazze, mio padre non ha ucciso Addison. Ve lo posso assicurare. Lui è convinto di essere stato incastrato” spiegò subito Hanna, convinta delle sue parole.

“Comunque Claire mi aveva confessato tutto poche ore fa. Lei non sapeva che qualcuno volesse rapire Addison. Credeva che stava per prendere parte ad un gioco stupido per vendicarsi di lei” spiegò Alison.

“I giornalisti devono sempre marciarci sopra, quindi è ovvio che fomentino la cosa. Ma quindi non ha visto chi ha rapito Addison? Potrebbe essere la stessa persona che l’ha uccisa e che ci sta perseguitando” intervenne Aria.

“E che ha incastrato mio padre mettendo la pistola in casa sua” rispose prontamente Hanna. Le amiche la guardarono parecchio frastornate. Non sapevano a cosa credere.

“A quanto pare ha indossato una maschera per tutto il tempo. Claire ricorda solo di un tatuaggio. Un tatuaggio di un cavallo in mezzo a dei fiori rosa. Nient’altro. Ma una cosa è certa dal suo racconto. La persona che rapì Addison, chiunque essa sia, non l’ha uccisa” rispose Alison convinta di ciò che diceva.

“Come fai ad esserne così sicura?” chiese Emily.

“Perché quella persona voleva Addison tutta per se. Non voleva farle del male. La colpì per farle perdere i sensi e portarla via senza che opponesse resistenza. Dopo un anno è andato storto qualcosa. E qualcuno l’ha uccisa” spiegò Alison provando a collegare i vari pezzi in testa.

“Quindi a questo punto è probabile che qualcuno insabbiò la morte di Roger, Addison scoprì la verità e tentò di rivelarla, e venne uccisa? Ma perché questa persona la tenne segregata? E poi, è la stessa persona che ci sta perseguitando?” si chiese Aria.

“Quasi sicuramente è così. Questo folle minacciò la famiglia di Claire quando lei si era decisa ad andare dalla polizia. Ed è qualcosa che questo stalker farebbe. Lo sappiamo cos’è successo alla signora Derringer” rispose Alison.

“Sbaglio o Kate parlò di una lite tra Addison e una delle sue amiche? Willa, se non ricordo male?” chiese Aria.

“Sì, disse che litigarono perché Addison stava allontanando le sue amiche per passare il suo tempo con questa nuova e misteriosa amica che nessuno conosceva” rispose Hanna ricordando subito le parole di Kate.

“Dobbiamo pensare che Addison e questo folle che ci sta perseguitando, erano complici?” chiese Aria.

E’ probabile. Però, cosa c’entra allora mio padre? E quello di Hanna?” si chiese Alison perplessa e confusa come mai prima d’ora.

“Qualcuno ha un’aspirina? Ne avrei proprio bisogno” chiese Hanna portandosi le mani alle tempie.

“Ragazze, mi è venuto in mente una cosa” intervenne Emily.

“Cosa Em?” chiese Aria.

“Quando fu ritrovato il cadavere di Addison, vennero convocate Spencer e sua madre perché pensavano avessero ritrovato il corpo di Melissa, ricordate?” aggiunse Emily.

Tutte rimasero a riflettere sulla cosa.

“Sì. Perché Addison indossava gli abiti di Melissa. A questo punto, ragazze…” Alison aveva quasi paura a dire ciò che stava per dire.

“Quell’uomo in prigione andò a trovare Mary Drake per conto di una certa Alex” rispose Hanna con voce spaventata.

“Ragazze, è molto probabile che Alex Drake sia ancora viva, e sia qui. A Rosewood concluse Alison, chiudendo il discorso con la frase più terribile che una di loro potesse mai dire. Il solo pensiero di Melissa ancora viva e che gironzolava per Rosewood, faceva accapponare la pelle ad ognuna di loro. Il pensiero che A.D., colei che aveva reso la loro vita un’inferno, colei che diede inizio al gioco di ‘A’ potesse essere davvero viva, era un pensiero atroce. Terribile. Un pensiero che faceva tremare le gambe a tutte loro.

Nel frattempo, al cimitero di Rosewood, avvolto nella nebbia della tarda sera, Spencer era seduta di fronte la lapide di suo padre. La fissava con gli occhi lucidi e tristi. Toby arrivò dietro di lei, quasi di soppiatto. Spencer si accorse del suo arrivo, ma non mosse un muscolo.

“Sapevo di trovarti qui” esclamò lui, che lentamente e senza essere troppo invadente, le si sedette accanto.

Spencer continuava a fissare la lapide di suo padre. “Sai, quando, quando avevo dieci anni, ero così fissata dal voler andare sui pattini, che perseguitavo i miei genitori. Volevo a tutti i costi imparare ad andare sui pattini. Un giorno papà mi portò fuori. Disse che aveva una sorpresa per me. Mi portò ad una pista di pattinaggio. C’eravamo solo io e lui. Aveva affittato l’intera pista“ raccontò Spencer malinconica.

“Tipico di Peter Hastings” rispose ironico Toby, non distogliendo lo sguardo dalla donna.

Già. Voleva sempre il meglio per le sue figlie. Così quel giorno, ci misimo i pattini ai piedi, e cominciammò a pattinare. Non hai idea delle volte in cui cadde in quella pista. Tornammo a casa con lui praticamente distrutto. Io però ero felice. Il giorno dopo, quando mi svegliai per andare a scuola, c’era la mamma ad accompagnarci. Chiesi perché, e mi disse che papà era a letto con la febbre alta. Quel giorno fu portato in ospedale. Non avevo mai visto la mamma così impaurita. Poi capii’ che quando andammo sulla pista, lui già stava male. Aveva già la febbre, ma pur di farmi felice, uscì di casa malato e mi portò a pattinare. Perché era quello che volevo” nella voce di Spencer, mentre raccontava, si poteva sentire il dolore, il rimpianto. Il rimpianto di un padre che poteva ritrovare ma che aveva allontanato. Il dolore per averlo perso. Parlava come una persona consapevole che oramai le rimanevano solamente i ricordi di lui. Nient’altro.

“Hai visto? Tuo padre non era una brutta persona in fin dai conti. Lui, lui ha sempre cercato di darti il meglio. Di farti felice, di proteggerti. A volte magari sbagliando, ma era pur sempre tuo padre. Avrebbe dato la vita per te” aggiunse poi Toby, sperando di alleviare il dolore della sua Spencer.

“Io però adesso lo odio. Lo odio perché ha passato la sua vita a mentirmi talmente tante volte, da, da rovinare tutto. Le sue bugie ci hanno fatto allontanare, fino a renderci due estranei. E se lui, s-se lui fosse sempre stato sincero con noi, a quest’ora gli avrei detto addio più serena. Perché, perché avrei passato con lui gli ultimi anni e mesi della sua vita, standogli accanto, facendo insieme le cose che amava di più. Invece, invece per quegli stupidi segreti, non ci siamo più parlati, e ho, e l’ho ritrovato solamente per perderlo nuovamente, e stavolta per sempre. E mia madre fa bene. Fa bene a continuare a vivere, lei deve farlo. Perché lei ha sofferto tanto in questo matrimonio. E io dovrei arrabbiarmi con me stessa. Sono arrabbiata con me stessa. E con lui. Con me per non aver messo l’orgoglio da parte e l’ho allontanato dalla mia vita. Con lui per aver permesso che la nostra famiglia venisse distrutta. E ora, io lo odio. E, mi manca, e mi manca così tanto Toby!” Spencer crollò definitivamente. Crollò tra le braccia dell’uomo che più l’amava al mondo. L’uomo che la conosceva come nessun altro. Solo con lui e con le sue amiche potevano crollare in quel modo. Solo con il suo Toby poteva mostrarsi così vulnerabile. Si accasciò sul suo petto e pianse. Pianse tanto, e Toby la strinse forte al suo petto, così tanto da farle sentire il battito del suo gran cuore.

Nel frattempo, nei boschi di Rosewood, avvolti anch’essi da una fitta nebbia, era appena arrivata un’auto scura e abbastanza grande. Dall’auto scese Willa. La ragazza aveva un’enorme borsa grigia con se. Si guardò intorno piuttosto impaurita. Sentiva sussurri, il vento le scompigliava i capelli. La situazione era alquanto inquietante. Teneva la borsa stretta. Quindi camminò nel bosco per pochi metri, fino ad arrivare ad un pozzo. Un pozzo abbastanza profondo. Willa ci guardò dentro, e poi deglutì.

Quindi aprì la borsa e da essa tirò fuori una chiave a croce. La stessa chiave a croce che la persona mascherata usò per colpire Addison quella notte. Willa la guardò con uno sguardo crucciato e turbato. E nella testa di Willa riecheggiò la voce del giornalista in TV. “Secondo le dichiarazioni della Varlac, Addison Derringer era già ferita in testa prima di ricevere il colpo fatale dal suo rapitore, che la portò via con se. Qualcuno l’aveva già aggredita. C’è più di un pazzo in circolazione? Addison Derringer era già ferita in testa… Addison Derringer era già ferita in testa… Addison Derringer era già ferita in testa… Addison Derringer era già ferita in testa…” queste parole riecheggiavano nella sua mente con insistenza, come un martello pneumatico impazzito.

Poi si ricompose, sporse la mano con la chiave a chiodi, e la gettò nel pozzo. Dopo una lunga discesa, la chiave si perse nel buoio di quel buco infinito e senza fine. Willa quindi richiuse la borsa e fece subito per andarsene con passo svelto, ma la fermò qualcosa. Il suo telefono che squillò. Era un sms. Appena accese la schermata, si pietrificò. L’sms anonimo era chiaro: “Tu non volevi me nella vita di Addison? Io non voglio te…viva. Guardati le spalle stronza”.

Willa subito si guardò intorno sgomenta e immobilizzata dalla paura. In lontananza, lontano da Willa, una persona incappucciata la stava spiando. Questa persona bloccò la schermata del telefono che aveva in mano, e si voltò per andar via, mostrando quell’inquietante maschera da neonato, e mentre si allontanava, si poteva notare sul suo fondo schiena, il famoso tatuaggio del cavallo in mezzo al capo di fiori…

Poco dopo, al cimitero, Spencer era in piedi mentre stava raccogliendo la coperta sulla quale era seduta pochi minuti prima. Toby la stava aiutando.

“Sono contenta che tu sia qui. Davvero esclamò lei, molto più serena.

“Anch’io” rispose lui sorridendole.

Mentre richiusero la coperta, lo sguardo di Spencer si posò sul lato della lapide del padre. Subito lasciò la coperta a Toby, e assunse la sua aria preoccupata. Si abbassò e prese ciò che aveva attirato la sua attenzione. Era una piccola orchidea rossa in cui era attaccato un minuscolo bigliettino.

“…Spencer, che succede?” chiese Toby confuso.

Spencer squadro ogni centimetro di quell’orchidea. “Toby, quest’orchidea non c’era questa mattina” spiegò lei.

“E allora? Qualcuno sarà passato questo pomeriggio e l’avrà lasciata” rispose lui.

“Toby, l’orchidea…L’orchidea era il fiore preferito di mia sorella. Di Melissa rispose lei, quasi non volendo credere a ciò che stava dicendo. Subito staccò il bigliettino, porse l’orchidea a Toby e si concentrò sul biglietto. Lo aprì e le lesse. Ciò che lesse la lasciò esterrefatta “…Oh mio dio” uscì dalla bocca della donna.

“Cosa c’è?” chiese lui prendendole il bigliettino dalle mani e leggendolo anch’esso. “Addio papà”, c’erano scritte solo queste due parole. Due parole significative per far capire tutto. Melissa era stata lì. Melissa Hastings, Alex Drake, era viva, ed era stata sulla tomba di suo padre, ma soprattutto: era a Rosewood. Rimasero entrambi senza parole.

Nel suo solito e inquietante covo, la persona incappucciata, lo stalker, si sedette al suo solito tavolo. Questa volta aveva il computer davanti. Una mela rossa stava poggiata accanto al pc. Sulla schermata del computer c’era una foto del piccolo Roger. Dopodichè tolse la maschera da neonato e la posò accanto al pc. Aprì quindi una pagina che aveva ridotto ad icona. Era il blog di Aria. Sullo sfondo c’erano le sue foto con i fans, la pubblicità del suo libro ‘Pretty Little Liars’.

La pagina mostrava la bozza di un articolo. Un articolo quasi finito. Quindi lo stalker si sgranchì le mani e tornò a scrivere. Stava completando l’articolo, e così concluse: “…In sintesi, tutto il mio libro, tutto quello che vi ho raccontato, le torture, le sofferenze, tutto, erano delle bugie. Bugie create appositamente per avere fama, successo, soldi. E ora finalmente lo rivelo a tutti voi. A tutti voi che mi avete seguito. Vi ho sempre preso in giro, e mi dispiace tanto, ma era arrivato il momento di dirvi la verità. Ho basato il mio successo su delle menzogne, e ho usato il vostro affetto per arricchirmi. Dovevate saperlo. Vi lascio così. Vi bacio tutti…Aria Montgomery Fitzgerald”,

Dopo aver scritto queste righe, la persona incappucciata prese il mouse e con il cursore andò su ‘Pubblica’ e ci cliccò sopra. L’articolo era stato messo online. Alla portata di tutti. La carriera di Aria ora stava cadendo in un baratro senza fine.

FINE SETTIMO EPISODIO.

 

 

 

 

 

 

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