Pretty Little Liars 8 – FAN-FICTION – 8×03 “Again”

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“Again – Di Nuovo”

Episode #803

 

Written by:

Frà Gullo;

 

 

CAST UFFICIALE:

Aria Montgomery (Lucy Hale)

Spencer Hastings (Troian Bellisario)

Hanna Marin (Ashley Benson)

Emily Fields (Shay Mitchell)

Alison DiLaurentis (Sasha Pieterse)

 

CAST SECONDARIO EPISODIO 3:

Cassidy Harmor (Crystal Reed)

Ezra Fitz (Ian Harding)

Jason DiLaurentis (Drew Van Acker)

Brad Thompson (Chris Zylka)

Claire Varlac  (Raquel McPeek)

Addison Derringer (Ava Allan)

Willa Davis (Sydney Sweeney)

Hadley St. Germain (Celesse Rivera)

Ava Grant (Ana Markova)

Samantha Winson (Michele Selene Ang)

Felicity Derringer (Kirsten Sutherland)

Craig Davis (Paul Johansson)

Veronica Hastings (Lesley Fera)

 

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Era mattina presto, e a Rosewood il sole era appena sorto. Il Brew, già in piena attività, non aveva ancora fatto il solito pienone mattutino. A parte due o tre persone, nel locale c’erano solamente Aria, Spencer e Hanna, che attendevano impazienti. Il piede di Hanna ticchettava sul pavimento in modo piuttosto deciso. Continuava a mangiucchiarsi le unghie in continuazione.  Aria fissava quel piede quasi in preda ad una crisi di nervi.

“Hanna, ti dispiace?” chiese Aria parecchio infastidita.

Hanna si fermò di colpo. “Scusami, è che stanotte non ho chiuso occhio” rispose lei.

“Penso che tu non sia l’unica a non aver dormito” replicò Spencer.

“Poi ho sognato in continuazione Charlotte e, e Melissa. E poi una gallina che volava” rispose Hanna.

Spencer e Aria la fissarono un po’ confuse.

“Cosa c’entra la gallina?” chiese Aria.

“Non lo so. E ci penso da quando mi sono alzata” rispose Hanna pensierosa.

“Magari è una metafora particolare?” chiese Aria.

“Ragazze? State davvero cercando di decifrare una gallina che vola in un sogno?” ribatté Spencer un po’ incredula.

La loro agitazione era alquanto buffa. In quel momento entrarono nel locale anche Emily e Alison con due teneri passeggini. Dentro c’erano Grace e Lily, che riposavano serene. La serenità si notava nei loro piccoli e dolci volti.

“Eccoci, scusate il ritardo, ma le gemelle hanno deciso di svegliarsi presto, e Jason non era molto in vena di tenerle con sé. E’ uscito prestissimo” rispose Emily.

Aria, al nome di Jason, sospirò infastidita e Ali lo notò.

“Aria, è successo qualcosa con Jason ieri?” chiese la donna curiosa.

“Non chiederlo a me, ma a lui, se ha il coraggio di dirtelo” rispose lei stizzita.

Le due si sedettero mentre Emily si apprestò a tirare fuori la foto del piccolo Roger Maxfields dalla borsa, e la posò sul tavolino posto al centro della sala. Guardarono tutte la foto con estrema attenzione.

“Bene, da dove vogliamo cominciare?” chiese Emily.

“Io inizierei a parlare di quel messaggio. Insomma, sta davvero succedendo di nuovo?” chiese Hanna a voce bassa.

“A quanto pare sì” rispose Spencer.

“Spero ancora che sia solo un brutto sogno” replicò Aria.

“A questo punto dobbiamo pensare che questo nuovo pazzoide è collegato alla scomparsa di Addison, giusto?” chiese Hanna.

“Mi sembra ovvio. Il problema è capire cosa diamine c’entri Addison, e perché aveva la foto di questo ragazzino” rispose Emily confusa.

“Già, il ragazzino. Cosa diamine ci faceva con una sua foto in camera?” chiese Aria.

“Ragazze, se non vogliamo portare avanti questa storia per anni e anni, dobbiamo provare ad agire subito e scoprire la verità” rispose Spencer con tono deciso.

“Che intendi dire?” chiese Alison.

“Che proveremo a risolvere questa storia. A capire chi abbia ucciso Addison, come mai ci odiasse, e cosa la collega a questo ragazzino scomparso anni fa” continuò Spencer.

“E intanto avremo tempo per le nostre vite?” chiese Hanna un po’ ironica.

“Hanna, se non risolviamo questa storia, non ci sarà nessuna vita a cui tornare, e ci ritroveremo catapultate nell’ennesimo inferno che già abbiamo vissuto. Vuoi davvero rimanere per chissà quanto tempo lontano da tuo marito, da tua figlia? Non penso. Quindi prima risolviamo questa faccenda, prima potremmo ricominciare a vivere” rispose Spencer dicendo il giusto.

“Io vorrei tornare a casa dei genitori di Addison. Magari scopro qualcosa parlando con loro” aggiunse Emily.

“Io potrei venire con te” replicò Aria.

“Bene, io proverò a capire cosa sa il detective Davis” rispose Spencer.

“Come pensi di fare? Dopo la cena non penso tu abbia più modo di avvicinarti a lui” rispose Emily.

“Io no, ma mia madre sì. Dovrò usare l’affetto che prova per lei, per quanto mi dispiaccia farlo” replicò Spencer.

“Spence, allora ti dispiacerebbe stare un po’ con le gemelle?” intervenne poi Alison carinamente.

“Sì, abbiamo lezione oggi, e lei ha degli incontri con alcuni studenti del numero anti-bullismo” rispose Emily.

Spencer guardò verso il passeggino. Le due gemelline le sorrisero. Il volto di Spencer quasi s’illuminò “Ma certo! Non c’è problema” rispose lei felice della cosa.

“Bene, proviamo a capirci qualcosa” finì Emily, guardando per l’ultima volta la foto del piccolo Roger Maxfields.

Intanto, al liceo di Rosewood, Willa aveva appena varcato i corridoi della scuola, quando venne raggiunta da Hadley.

“Ehi Willa, aspettami! Mi hai praticamente superata prima, senza nemmeno vedermi” spiegò Hadley.

Le due quindi si diressero ai loro armadietti.

“Scusami, ero sovrappensiero” rispose Willa.

“A cosa pensavi?” chiese Hadley.

“Secondo te?” replicò Willa.

Hadley sospirò, e vide poi Claire al suo armadietto intenta a prendere alcuni libri. La fissò intensamente.

“Pensi davvero che possa aver ucciso Addi?” chiese Hadley.

“Non lo so. Ma di certo c’entra qualcosa. Claire odiava Addison, e l’ha fatto capire bene” rispose Willa mentre anche lei posò il suo sguardo su Claire. Quest’ultima si accorse degli sguardi delle due, e anch’essa lanciò un’occhiata alle ragazze. Un’occhiata un po’ preoccupata e spaventata, e dopodiché si perse tra la folla di studenti.

“Cosa pensi di fare?” chiese Hadley curiosa.

“La farò parlare. Con le buone, o con le cattive” terminò Willa con una decisione a dir poco preoccupante.

SIGLA.

 

 

 

 

 

 

Più tardi, nella sala di ritrovo degli insegnanti, Alison era seduta, intenta a leggere il tema di uno dei suoi alunni del terzo anno. Il tema non sembrava pieno di parole gentili. “Odio la mia vita…Odio tutti a scuola” queste erano le parole che uscivano maggiormente fuori dal tema. Quel momento fu poi interrotto dall’arrivo di Cassidy, sorriso smagliante come sempre, subito si sedette accanto ad Alison.

“Ciao bionda!” esclamò la donna.

Ali quasi sobbalzo “Ehi, Cassidy. Non ti avevo proprio vista” rispose lei.

“Dormito poco?” chiese Cassidy.

Alison posò il tema e si portò la mano alla testa “Già. E inoltre ho un mal di testa allucinante” rispose.

“Com’è andata con tuo padre? Nell’ultimo messaggio sembravi felice di averlo rivisto” chiese Cassidy, facendo intuire che le due messaggiavano spesso tra di loro.

“Non proprio bene. Diciamo che si è rivelato per la persona che ho sempre pensato fosse. Un farabutto” concluse Alison con sguardo triste.

“Mi dispiace tanto. Se posso fare qualcosa per te” rispose con gentilezza Cassidy.

“Puoi aiutarmi a non farmi pensare troppo?” chiese Ali ironica. Cassidy sorrise contenta.

“Credo proprio di avere il rimedio giusto per te” rispose Cassidy iniziando a frugare nella sua borsa.

“Ah sì?” chiese Ali.

Cassidy quindi tirò fuori un biglietto. Lo stesso biglietto che il giorno prima aveva a scuola. Era un invito alla sua festa di compleanno, che si sarebbe tenuta quella sera. Cassidy glielo diede, e Alison lesse bene il biglietto, e quando capì che giorno fosse, sbarrò gli occhi quasi incredula.

“Oddio, ma è il tuo compleanno?” chiese la bionda.

“Ebbene sì! Volevo che tu fossi la prima a essere invitata!” rispose Cassidy. Alison di colpo, presa dal momento, si buttò tra le braccia di Cassidy, abbracciandola forte a se. Cassidy, al tocco di Alison sul suo corpo, socchiuse gli occhi, estasiata. Sentiva un senso di sicurezza stando tra le sue braccia. Stando accanto a lei. Si sentiva a casa come mai prima d’ora.

“Ti giuro che avevo completamente dimenticato che fosse oggi! Tanti auguri tesoro!” rispose poi Alison.

Cassidy si allontanò e guardò Alison con occhi sognanti. “Fa niente. Spero, però ci sarai alla festa” rispose la donna con occhi speranzosi.

“Ma certo! O meglio, farò il possibile per esserci, te lo prometto” rispose Alison decisa.

Suonò la campanella.

“Ok, ora devo scappare! Ci vediamo più tardi! Se non ci becchiamo, alle nove a casa mia, tanto sai dove abito! Ciao!” terminò Cassidy in fretta e furia, e sparendo dalla sala docenti. Alison rimase a contemplare il simpatico invito di compleanno costernato da tanti palloncini rossi disegnati a mano e il suo nome scritto in grassetto.

Più tardi a casa Hastings, Spencer era seduta nel giardino, intenta a giocare con le gemelline sedute nel loro passeggino. Continuava ad agitare di fronte i loro teneri volti, un pupazzetto di peluche blu. Le bambine però non sembravano molto entusiaste, e si lamentavano. Quindi la donna posò il peluche e prese con un cucchiaio un po’ di ‘pappa per bambini’ pronta nel piatto lì’ sul tavolo. Una roba marrone che non sembrava il massimo della bontà. Ma non ne volevano sapere nemmeno di mangiare. Continuavano a scostare la testa.

“Non vi piace il povero Mr Grey, non volete mangiare. Cosa diamine volete allora?” chiese Spencer parlando con le piccole. Le due però continuavano a piangere. Da dentro casa, poggiata sulla porta che dava sul giardino, apparve Veronica.

“Non tutti i bambini amano i peluche, sai?” aggiunse la donna, cogliendo di sorpresa Spencer.

“Sì, lo sapevo. Ma speravo che loro non fossero tra questi. Caspita, mi sento davvero negata nel ruolo di mamma” rispose Spencer quasi disperata e delusa da se stessa, e riponendo il cucchiaio nel piatto ancora pieno.

“Ma no, tutte noi abbiamo un istinto materno. C’è chi lo sviluppa prima di avere figli, chi dopo, sta tranquilla” rispose Veronica prendendo in braccio la dolce Grace. “…Tu prendi Lily, e coccolala un po’. Magari ha solo un po’ d’aria nella pancia” continuò a spiegare mamma Hastings. Spencer eseguì.

Mamma e figlia iniziarono a cullare le due, che lentamente smisero di piangere. Veronica inavvertitamente fece cadere il piatto con il cibo delle bambine che si sparse lì per terra. “Cavolo!” aggiunse lei.

“Tranquilla mamma, vado a comprare io qualcos’altro tra poco. Anche perché quella roba, a giudicare dall’odore faceva veramente schifo” spiegò Spencer indicando il cibo di colore marrone sparso per il giardino. Veronica continuava a cullare la piccola Grace, che oramai non piangeva più. “…Caspita, tu lo fai sembrare così facile” continuò la giovane Hastings incredula.

“Anni e anni di pratica” replicò Veronica ridendo.

Spencer scrutò attentamente sua madre, come a voler carpire qualcosa dal suo volto. “Hai più sentito Craig?” chiese di colpo la figlia. Veronica si scurì in volto.

“No, anche se lui ha provato a chiamarmi più di dieci volte solo questa mattina” rispose Veronica.

Spencer stava riflettendo. Era chiaro che a Veronica mancasse l’uomo. E lei non poteva impedire a sua madre di essere felice. “Mamma, se a te piace, provaci. O almeno parla con lui, provate a chiarire la cosa. Io e le mie amiche siamo sotto il suo radar, non te. A te si è avvicinato perché gli sei piaciuta” continuò Spencer.

Veronica era pensierosa. “Non lo so. Adesso ho una dannata paura che magari possa avvicinarsi ancora di più a me per scoprire di più su di te. L’ultima cosa che voglio nella mia vita sono inganni e bugie, soprattutto dopo tutto ciò che ho passato con tuo padre” concluse la donna.

Non appena Peter Hastings fu leggermente citato, Spencer iniziò a pensarci. Voleva chiedere qualcosa, ma aveva paura. “Hai, hai sentito papà ultimamente?” chiese la donna, trovando il coraggio di chiedere.

Veronica apparve molto tranquilla “Sì, qualche giorno fa. Aveva bisogno di alcuni suoi abiti eleganti che aveva lasciato a casa, nel granaio, e glieli ho portati al suo appartamento a Philadephia. Si è stabilito lì, e mi ha detto…Mi ha detto che frequenta qualcuno” rispose la donna, apparendo un po’ triste parlando dell’ultimo punto.

“Beh, come te sei andata avanti con la tua vita, l’ha fatto anche lui” rispose Spencer.

“E’ ovvio. Piuttosto, perché non gli hai scritto che sei tornata?” chiese Veronica.

“Perché non so se voglio rivederlo” rispose Spencer diretta.

“Dopo quello che è successo con Melissa, eri intenzionata a perdonarlo. Vi siete visti, avete parlato. Cos’è cambiato?” chiese mamma Hastings.

“E’ cambiato che ogni volta che ci vedevamo, mi tornava alla mente Melissa. Mi tornavano alla mente tutte le bugie che ci hanno raccontato, e ho capito che non sarei mai riuscita a perdonarlo definitivamente, così pian piano ho iniziato a prendere le distanze, fino a quando non ci siamo più visti e ne sentiti. Lui ha provato a cercarmi più volte, ma, non so se riesco. Non ti nego che però un po’ mi manca” gli occhi di Spencer erano colmi di una tristezza e di una malinconia non indifferente. Stava pur sempre parlando di suo padre. Sangue del suo sangue. Colui che l’aveva cresciuta e amata in modo incondizionato, nonostante le tante bugie.

“Allora cercalo. Il fatto che io lo abbia lasciato non implica che anche tu debba allontanarlo per sempre. Se ti manca, è giusto che lo faccia rientrare nella tua vita” consigliò saggiamente Veronica.

“Non lo so, vediamo. Comunque mi sa che si sono addormentate” rispose Spencer, accorgendosi del fatto che le gemelline dormivano beatamente sulle loro spalle, e con un visino tenero e dolce.

“Hai ragione, dai mettiamole giù allora prima che si sveglino” replicò Veronica a voce bassa, e mettendo la piccola Grace nel suo passeggino. Stessa cosa fece Spencer con Lily. Mamma e figlia rimasero incantate di fronte la bellezza delle due bambine.

“Visto che sei brava anche te?” aggiunse Veronica.

“Solo perché c’eri tu” continuò Spencer.

Veronica poi guardò l’orologio e si accorse dell’ora. “Caspita! Ho da fare in tribunale! Ho totalmente perso la cognizione del tempo. Ci vediamo stasera tesoro, ciao!” terminò in fretta la donna, e tornando subito dentro casa.

Spencer la fissò attentamente, e quando si accorse che era andata al piano di sopra, tirò fuori il telefono, compose in fretta un numero e aspettò la risposta. Non appena qualcuno rispose, iniziò a parlare “Detective Craig? Ho assoluto bisogno di vederla. Ci possiamo vedere qui a casa mia?” terminò con decisione la giovane donna.

A casa Montgomery, intanto, Aria era seduta sul divano, ed era in video-chiamata con Ezra e il piccolo Byron. Un meraviglioso bambino con capelli nero corvino invidiabili, due guance da mordere, e occhi verde smeraldo. Era in braccio a Ezra, sempre con la sua bellissima capigliatura nera, riccio un po’ ribelle, e sorriso da mozzare il fiato. L’uomo, con in braccio il piccolo, era seduto sul letto della sua camera d’albergo di Chicago.

“Ma quanto sei bello amore mio?” esclamò Aria alla vista degli uomini della sua vita.

“Grazie amore!” rispose Ezra.

“Dicevo a Byron” replicò Aria. Ezra fece una faccia buffa.

“Ma piuttosto, come procede lì? Novità?” chiese l’uomo.

Aria sentì come un groppo in gola di fronte tale domanda. Gli aveva detto dell’omicidio di Addison, delle foto trovate a casa sua, ma dirgli anche del misterioso sms ricevuto al funerale, avrebbe stravolto tutto. Avrebbe portato Ezra a tornare a Rosewood per aiutarla. Avrebbe comportato un pericolo anche per lui. Questa volta decise di non dire nulla. Di star zitta e tenerlo al sicuro.

“No, nessuna. Ma le indagini continuano. Speriamo di sapere a breve qualcosa” replicò Aria.

Ezra guardava intensamente la moglie, come se la stessa studiando.

“Aria, sei sicura che non ci sia niente?” chiese lui serio.

Aria si sentì ancora più male nel dovergli mentire guardandolo negli occhi. “Ma sì, tranquillo! Che cosa vuoi che ci sia? Semplicemente dobbiamo rimanere un altro po’ di giorni perché per le indagini hanno bisogno di noi cinque qui” terminò Aria tentando di tranquillizzarlo.

“Va bene. Piuttosto, sei consapevole che Philip chiede di te ogni 2×3? Mi sta facendo uscire pazzo. Continua a chiedere quanto sia grave la tua emergenza familiare” raccontò Ezra, con una faccia palesemente scocciata.

“Immagino. Mi ha lasciato un sacco di messaggi, ma ancora non ho avuto il coraggio di ascoltarli. Tu cerca di temporeggiare il più possibile, tanto sarò lì presto, o almeno spero” replicò Aria un po’ pensierosa.

In quel preciso momento suonarono alla porta. “Amore, vado che forse è arrivata Emily, dobbiamo, dobbiamo, cioè, mi aiuta a riordinare un po’ casa” rispose la donna, palesemente in difficoltà. Ezra però aveva già capito che qualcosa non andava.

“Va bene, ci sentiamo stasera allora! Manda un bacio alla mamma, dai Byron, su!” continuò teneramente Ezra, alzando la manina del bambino, che sorrideva alla vista della madre sullo schermo.

“Ciao amore della mia vita! Mi manchi tanto! A stasera!” concluse la giovane Montgomery-Fitz, terminando quindi la video-chiamata. Non appena staccò, si lasciò andare sprofondando sul divano. Risuonarono alla porta. “…Ah, caspita!” esclamò la donna, avendo dimenticato di aprire. Era Emily. La donna entrò decisa.

“Ok, sei pronta?” chiese la giovane.

“Pronta a fare come ai vecchi tempi e a cacciarmi nei guai? Ok, ci sono!” concluse Aria. “…Prendo la borsa e arrivo” aggiunse, andando verso la cucina, mentre Emily rimase ad aspettarla all’entrata.

Poco più tardi, Hanna era seduta nella sua camera del Radley Hotel, intenta a scrivere un sms a Caleb. “Mi manchi tanto, dai un bacio a Regina, ci vediamo presto” e lo inviò con uno sguardo triste e pensieroso. Di colpo le squillò il telefono. Era Spencer.

“Ehi Spencer, che succede?” chiese la donna.

Spencer era nel salotto di casa sua, mentre le gemelline dormivano tranquille nei loro passeggini. “Nulla, volevo passare il tempo in qualche modo. Non credevo fosse così noioso occuparsi dei bambini. Ora stanno dormendo e non so che fare” rispose Spencer accasciandosi sul divano.

“Quando non ti fanno dormire per quattro notti di fila, e poi finalmente chiudono occhio, credi che non ci sia noia più bella, fidati di me” rispose Hanna ripensando alla figlia.

“Ti manca Regina, vero?” chiese Spencer.

“Parecchio. Non sono mai stata così lontana da lei. Per ogni sfilata, ogni evento, l’ho sempre portata con me. Non sono mai voluta essere una di quelle super donne in carriera che lasciano i figli dalla tata fino a quando nemmeno riconoscono più i genitori” continuò Hanna.

“Questa storia finirà presto, te lo assicuro” rispose la giovane Hastings con tono deciso.

“Lo spero. Però preferirei aiutare anch’io, piuttosto che rimanere con le mani in mano” replicò Hanna.

“Sta tranquilla. Emily e Aria parleranno con i genitori di Addison, ed io sto aspettando a casa il detective Davis” rispose Spencer.

“Il detective sta venendo lì? Perché?” chiese Hanna un po’ confusa.

“Perché voglio tentare di tirargli fuori qualche informazione in più riguardo l’omicidio di Addison, e anche la scomparsa di quel bambino” rispose Spencer determinata.

“Spence, è rischioso. Capirà che vuoi solamente delle informazioni, e apparirai più sospetta di prima” spiegò Hanna.

“Tranquilla. Lavoro nella legge da più di un anno. So gestire un detective ficcanaso” rispose Spencer.

Le due rimasero per pochi secondi in silenzio.

“Spence?” aggiunse poi Hanna un po’ più seria.

“Che c’è? Perché così seria improvvisamente?” chiese Spencer.

“Vorrei tornare da Lucas” rispose Hanna diretta.

Il volto di Spencer apparve un po’ sconvolto e confuso. “Hanna, ma perché?” chiese l’amica.

“Perché vorrei parlarci ancora, capire cos’altro sa, e soprattutto…” Hanna non riuscì a finire la frase.

“Capire perché ha fatto ciò che ha fatto, non è così?” chiese Spencer.

“Spencer, io l’ho guardato negli occhi e non ho visto nulla. Né pentimento, ne rimorso, niente. Avevo di fronte un corpo vuoto, senza un’anima. Prima credevo non m’importasse sapere perché avesse fatto ciò che ha fatto, ma ora, dopo averlo rivisto, non faccio altro che pensarci. E vorrei tanto sapere la sua verità” Hanna sembrava decisa, a giudicare dal tono della sua voce.

“Hanna, se questo potrebbe farti star meglio, allora va. Ma devi stare molto attenta. Lucas non prova sentimento differente dall’odio per te. Ha sempre finto, sin dal principio. Non voglio che tu possa soffrire per le parole che ti potrà dire” continuò Spencer premurosa.

“Tranquilla. Ho imparato a incassare i colpi e le delusioni” replicò Hanna.

In quel momento, bussarono alla porta di casa Hastings. “Hanna, devo lasciarti, forse è arrivato Davis, ci sentiamo più tardi, ok?” continuò Spencer in fretta e alzandosi dal divano.

“D’accordo, ci sentiamo dopo. Mi raccomando, sta attenta” finì Hanna, e quindi mise giù il telefono.

Spencer quindi si diresse verso la porta, si ricompose sistemandosi capelli e vestito, fece un sospiro e aprì la porta. Di fronte a se c’era un barcollante Jason DiLaurentis. “Ciao…S-Sorellina” esclamò lui. Spencer poteva sentire la puzza di alcool a chilometri di distanza.

“Jason, che diamine hai combinato?” chiese lei delusa nel vederlo in quelle condizioni.

A casa Derringer, nel frattempo, Emily e Aria erano sedute nel salotto di casa, mentre Felicity Derringer, la madre di Addison, stava disponendo delle graziose tazzine con del the proprio sul tavolino posto al centro della stanza. La donna si sedette alla poltrona di fronte le due ragazze.

“Mi ha sorpreso il suo ritorno qui signorina?” chiese Felicity all’indirizzo di Emily.

“Signora Fields-DiLaurentis” precisò Emily un po’ a disagio.

Felicity poi fissò Aria. Non la conosceva. Non sapeva chi fosse. Emily si accorse di quegli sguardi. “…Oh, ehm, lei è una delle supplenti che ha tenuto alcune lezioni con sua figlia, per questo è con me” spiegò Emily mentendo spudoratamente.

“Ho capito, beh, come mai siete di nuovo qui?” chiese Felicity curiosa e con due occhi profondamente stanchi.

Emily deglutì. Cercava di trovare le parole giuste. “Signora, siamo, siamo qui perché vorremmo parlarle ancora di Addison. Di quello che le è successo” spiegò Emily con voce calma.

Aria intanto si guardava intorno. Si poteva sentire la sensazione di tristezza che aleggiava in quella casa. Le mura erano tappezzate di foto di Addison. C’erano regali un po’ ovunque, portati probabilmente da gente che porgeva le loro condoglianze.

“Di cosa dovremmo parlare ancora? La polizia ha detto che non ci sono novità, o sbaglio?” chiese Felicity.

“No, certo. Solo che, lei, lei è sicura che Addison non le nascondeva nulla?” chiese Emily speranzosa.

“Addison è sempre stata una ragazza molto sulle sue, riservata. Non ha mai voluto parlarci di quello che accadeva fuori casa. E purtroppo ho sbagliato anch’io a non interessarmi molto e a non farle le domande giuste” spiegò Felicity con sguardo malinconico e occhi colmi di lacrime.

“Signora Derringer, io ho bisogno di mostrarle una cosa” continuò Emily con voce seria.

La donna quindi lanciò un ultimo sguardo ad Aria, e tirò fuori la foto del piccolo Roger Maxfields, mettendola sul tavolo di fronte a loro. Felicity prese lentamente la foto in mano.

“Può dirci come mai Addison aveva questa foto con sé?” chiese Emily non nascondendo la verità.

Felicity guardò la foto terrorizzata. Le sue mani iniziarono a tremare, mentre il cuore iniziò a batterle all’impazzata. Non disse nulla. Continuava solo a guardare la foto, senza distoglierne lo sguardo. Era come se non volesse distoglierlo.

“S-Signora Derringer, va tutto bene?” chiese Aria vedendola visibilmente scossa.

“Dove…Dove l’avete trovata?” chiese Felicity cercando di rimanere calma.

“Non ha importanza dove l’abbiamo trovata. Quello che vorremmo capire è perché sua figlia aveva la foto di questo ragazzino” spiegò Emily.

La donna si alzò di colpo e gettò la foto addosso a Emily. “Andate subito via di qui” esplose con voce decisa e furibonda.

“Signora Derringer, la prego, noi” Emily non riuscì a finire la frase.

“Vi ho detto di andare via, fuori! Sparite da casa mia! Adesso!” Felicity era furiosa, sull’orlo di una crisi di nervi. Mentre urlava, due spaventate Emily e Aria si stavano dirigendo in fretta fuori casa, e non appena si trovarono fuori, la signora Derringer lanciò loro un ultimo urlo “…Se vi ritrovo ancora qui, chiamerò la polizia!” concluse, sbattendo la porta in faccia alle due.

Aria ed Emily rimasero alquanto turbate dalla reazione della donna. “Non è andata molto bene” intervenne Aria tentando di ironizzare sulla situazione.

Più tardi, all’uscita di scuola, al liceo di Rosewood, Claire era appena uscita e si stava avviando verso casa a piedi, come ogni giorno. Mentre camminava tranquillamente, si ritrovò di fronte Willa, Ava, Hadley e Samantha. Le quattro amiche fecero fronte comune e apparvero da dietro l’angolo, mettendosi di fronte ad una confusa Claire, che si fermò di colpo.

“Ehi ragazze, caspita, mi avete spaventato” esclamò tentando subito di farsi spazio per passare. Le ragazze però non la lasciarono andare. La spinsero in avanti. Claire sentì la paura pervaderle il corpo. “…Ma che vi prende? Che sta succedendo?” continuò a chiedere.

“Succede che ci da fastidio il fatto che tu stia mentendo così spudoratamente” esclamò Ava.

“Non so di cosa tu stia parlando” continuò Claire con la voce rotta.

“Sai benissimo di cosa stiamo parlando” continuò Willa, tirando subito fuori il cerchietto di Addison. Alla vista di quel cerchietto, Claire s’irrigidì. Capì che le ragazze erano vicine a scoprire il suo segreto. Un brivido le percorse tutta la schiena.

“Sentite, lasciatemi in pace!” continuò Claire tentando nuovamente di passare, ma le ragazze non avevano la minima intenzione di lasciarla andare.

“Tu non vai da nessuna parte fino a quando non ci dirai la verità” aggiunse Ava con decisione.

Claire rimase a fissare le quattro amiche, capendo di non poter far nulla. Non poteva fuggire. Doveva solamente essere sincera, o provare a esserlo in qualche modo.

A casa Hastings, intanto, Jason era steso sul divano, con la testa dolorante e mentre si lamentava insistentemente. Spencer stava riempiendo un bicchiere d’acqua, e ci stava mettendo dentro due aspirine. Quindi raggiunse Jason e gli porse il bicchiere.

“No, schifo, non la voglio!” esclamò lui ancora totalmente sbronzo.

Spencer posò il bicchiere sul tavolino. “Jason, ti rendi conto di quello che hai fatto?” chiese la donna rimproverandolo.

“Sì, ho…Ho r-rovinato tutto, d-di nuovo…E’ questo che faccio!” continuò Jason mentre si mangiava tutte le parole.

“Perché lo hai fatto? Stavi andando così bene” chiese Spencer con sguardo deluso.

“Perché…Chiedi alla signora Fitz. Perché, perché…” Jason diceva cose senza senso.

“Cosa c’entra Aria?” chiese lei confusa. Bussarono nuovamente alla porta. Spencer era sicura che fosse il detective Davis.

“E ora, chi sarà maiiiii?” continuò Jason cercando di alzarsi dal divano.

“Tu sta fermo, non muoverti!” ruggì Spencer spingendolo sul divano. Jason cadde come un corpo morto. La donna quindi andò alla porta e aprì con un po’ di timore. Erano Emily e Aria.

“Ok, dobbiamo assolutamente parlare” intervenne Emily, mentre entrarono in casa. Appena entrate videro Jason accasciato sul divano impegnato a lamentarsi. Di colpo vomitò proprio lì per terra sotto lo sguardo schifato delle tre.

“Ehm, sì dovremmo proprio parlare” spiegò Spencer, mentre non distoglievano lo sguardo dall’uomo.

Nel frattempo, nel carcere della contea, Hanna era seduta nella sala d’attesa. Stava aspettando che venisse chiamata per fare il suo colloquio con Lucas. Si guardava intorno piuttosto agitata. Continuava a mordicchiarsi le unghie delle dita mentre aspettava. Poi le arrivò un sms. Era di Spencer “Meglio se vieni subito a casa mia”. Hanna però non sapeva che fare. Una parte di se voleva rimanere e confrontarsi nuovamente con Lucas, l’altra parte voleva farla fuggire via alla velocità della luce. Mentre era lì ad aspettare, l’uomo accanto a lei rispose al telefono. Era un bell’uomo sulla trentina, biondo, sguardo magnetico e voce profonda.

“Ehi, sì, sono qui! Non iniziare a tartassarmi di chiamate Alex, per favore” esclamò l’uomo a voce bassa e tentando di non farsi sentire.

Non appena quest’uomo nominò Alex, Hanna sobbalzò quasi impaurita. Era consapevole che potessero esistere tantissimi e tantissime Alex al mondo, ma quel nome le metteva ancora paura. Cercò di non dare troppa importanza a quella telefonata.

“…Ascolta, sono qui! Tra poco entro! Ma se mi chiami ancora, rischi di farti scoprire!” continuò l’uomo. A queste parole, la curiosità di Hanna divenne maggiore e tentò di ascoltare meglio. “…Ok, però devi” l’uomo non finì la frase poiché venne attirato dalla voce di una delle guardie.

“Per Mary Drake?” disse la guardia.

“Eccomi, sono qui!” intervenne l’uomo accanto ad Hanna.

La bionda quindi rimase leggermente sconvolta. Non poteva essere una coincidenza. Al telefono parlava con una certa Alex, e ora stava andando a trovare Mary Drake, la madre di Spencer, Charlotte e di Alex. L’Alex che aveva torturato lei e le sue amiche sotto le vesti di Melissa Hastings. Un senso di terrore le pervase tutto il corpo. L’uomo posò tutti i suoi oggetti personali in un armadietto lì vicino e quindi raggiunse la guardia, pronto per il colloquio. Hanna non sapeva cosa pensare, sapeva, però, di non poter rimanere lì. Doveva subito avvisare le amiche, quindi prese la borsa e uscì in fretta dalla sala.

A casa Hastings, Jason era seduto sul divano e continuava a vomitare dentro un secchio che gli aveva dato Spencer, mentre quest’ultima stava gettando via un malloppo di carta sporco del rigurgito del ragazzo. Aria ed Emily erano sedute al tavolo mentre lo osservavano un po’ nauseate.

“Da quanto tempo è così?” chiese Aria visibilmente preoccupata.

“Si è presentato qui una mezz’oretta fa, ed era già ubriaco marcio” rispose Spencer.

“Ma cosa è successo ieri con lui?” chiese poi Emily all’indirizzo di Aria.

Aria sospirò un po’ scocciata. “Beh, noi due, siamo usciti insieme e” la donna non riuscì a finire la frase.

“E l’ho baciata…Siii, l’ho baciata!” intervenne Jason con voce lamentosa.

Spencer ed Emily guardarono subito Aria. “Non guardate me, ha fatto tutto lui rovinando ogni cosa, di nuovo” rispose stizzita.

“Io la amo, sapete? La amo praticamente da tanti anni cosiiii” continuò Jason non curante delle parole che stesse dicendo. Aria si sentì subito a disagio, abbassò lo sguardo, mentre anche Spencer ed Emily iniziarono a sentirsi in imbarazzo per lui. “…L’ho sempre amata, sempre, sempre, sempre, ma lei no, lei no, mai mai mai” Jason oramai parlava a raffica. Spencer subito si avvicinò a lui.

“Jason, perché non riposi un pochino? Dai stenditi” fece la giovane Hastings, premurosa.

Jason lentamente si coricò, e si calmò un po’. Spencer era alquanto agitata.

“Piuttosto, è passato il detective Davis?” chiese Emily.

“No, e non capisco perché. Aveva detto che sarebbe venuto” rispose Spencer pensierosa.

Pensi che abbia scoperto qualcos’altro sull’omicidio di Addison?” chiese Aria.

“O del piccolo Roger” terminò Emily.

“Voi cosa avete scoperto?” chiese poi Spencer.

“Che la mamma di Addison nasconde sicuramente qualcosa. Quando ha visto la foto del piccolo Roger, è come impazzita, e ci ha cacciato di casa, letteralmente” raccontò accuratamente Emily.

“Alison è ancora a scuola?” chiese poi Spencer non distogliendo lo sguardo da Jason.

“Sì, aveva lezioni fino a tardi, e aveva da fare con il numero anti-bullismo” spiegò Emily.

Proprio in quell’istante, entrò una Hanna notevolmente agitata. “Ragazze, non potete capire cos’è successo!” esplose la bionda, gettando altra ansia alla situazione.

I gemiti di Jason però disturbarono le ragazze. “Addi…” sussurrò Jason mischiando parole e lamenti. Questa parola attirò l’attenzione di Spencer che subito si avvicinò al fratellastro.

“Avete sentito?” chiese la giovane Hastings.

“Sento solo una gran puzza di vomito” continuò Hanna tappandosi in naso con fare schifato.

“Spencer, che hai sentito?” chiese Emily.

“Addi…Addison” questa volta Jason scandì bene le parole. Aveva pronunciato il nome di Addison. Di fronte a tale nome, le ragazze sobbalzarono. Jason aveva nominato Addison. Quante probabilità c’erano che stesse parlando di un’altra ragazza?

“Stavolta lo abbiamo sentito tutte, vero?” intervenne Spencer.

“Sì, anche se la puzza di vomito è” Hanna continuò, ma venne interrotta da Aria.

“Sta zitta”.

“Jason, ehi, cosa stai dicendo? Parlavi di Addison. Addison Derringer per caso?” chiese poi Spencer cercando di mantenere la calma e tenendo un atteggiamento quieto per non far agitare l’uomo.

“Sì, io, a me dispiace…Mi dispiace tanto Addison, davvero, ma non posso! Hai capito? Non posso!” Jason questa volta, in preda ai deliri e all’alcool, stava urlando. Urlava però frasi ben precise che lasciavano poco all’immaginazione. Dopo quest’ultimo urlo, l’uomo si accasciò sul divano e questa volta perse definitivamente i sensi, sotto gli sguardi attoniti e letteralmente confusi delle ragazze.

Intanto, in una vecchia sala giochi abbandonata, Claire era appena stata spinta dentro da Willa e le altre. La giovane ragazza si guardò intorno parecchio spaventata. Non appena si voltò trovò le ragazze in fila che facevano ancora una volta fronte comune per non farla passare.

“Voi siete impazzite” aggiunse Claire.

“E tu sei una bugiarda” ribatté a tono Ava.

“Ma che cosa volete da me, si può sapere?” rispose Claire con la voce piena di paura.

“La verità. Ce la fai a dirla?” chiese Willa tirando nuovamente fuori il cerchietto blu di Addison.

Claire ebbe una fitta allo stomaco. Iniziò a sentirsi poco bene mentre la nausea saliva sempre di più. Le gambe iniziarono a tremarle. “C-Che cos’è? Non capisco perché continui a mostrarmelo” aggiunse lei tentando di far uscire qualche frase.

“Sai benissimo cos’è” rispose Willa.

Claire rimase zitta. Non disse altro. “Allora? Che hai da dire?” chiese Ava piuttosto stizzita.

Hadley, la più gentile, si avvicinò a Claire lentamente. “Claire, sappiamo che nascondi qualcosa riguardo quella notte. Per favore, se sai cos’è successo ad Addi, devi dircelo. Meritiamo la verità. Tu la odiavi, lo sappiamo. Ma era comunque nostra amica. Per favore” aggiunse Hadley.

Di fronte la gentilezza della ragazza, Claire iniziò a ‘sciogliersi’. “Io, io, l’ho incontrata” rispose.

Le ragazze subito prestarono più attenzione. “L’hai incontrata? Intendi quella sera?” chiese Samantha.

“Esatto. Le avevo chiesto di incontrarci perché volevo parlarle dell’ultima bravata che mi aveva fatto. E ci incontrammo fuori il capanno di Willa” rispose Claire.

Partì un flashback della notte in cui Addison scomparve. Lei e Claire erano l’una di fronte all’altra. Addison stava con le braccia conserte e rideva di fronte gli scleri di Claire. Il famoso cerchietto blu era sistemato sulla testa della giovane Derringer, che indossava anche una vistosissima maglietta blu abbinata al cerchietto. La tempesta imminente stava provocando tuoni non indifferenti.

 “Ti rendi conto di quello che hai fatto?” ruggì Claire.

“Non è colpa mia se porti ancora i mutandoni della nonna. Io ho solo inavvertitamente scattato due o tre foto” rispose Addison con fare saccente.

“Potrei denunciarti per questo” replicò Claire mentre la rabbia aumentava.

Intanto i tuoni della tempesta che stava per arrivare, erano sempre più insistenti.

“Senti, sta per piovere e non ho tempo da perdere. Hai altro da dirmi oltre le tue insulse lamentele?” chiese Addison scocciata.

Claire le si avvicinò di più. Le divideva solamente un respiro “Stavolta hai superato ogni limite. Giuro che te la farò pagare” la voce di Claire era calma e a tratti inquietante. Per un momento Addison provò un senso di paura. Paura che cercò di mascherare e scoppiò a ridere.

“Me la farai pagare? Claire, tu sei brava solo a scervellarti nella matematica e nei compiti che ci assegnano a casa. Per il resto sei solamente una povera sfigata che passa i weekend a casa a strafogarsi di cibo e a invidiare la vita mia e delle altre. Vali meno di”, Addison non finì la frase poiché un potente schiaffo di Claire le arrivò in pieno volto, facendole cadere anche il cerchietto blu che portava in capo. Uno schiaffo che quasi riecheggiò per quanto fosse forte.

Addison rimase pietrificata e spiazzata. Si ricompose e notò un po’ di sangue uscirle dal labbro inferiore.

“Sei tu che la pagherai, fidati di me” terminò la giovane Derringer riversando addosso a Claire tanto disprezzo. Quest’ultima però non rispose, o almeno non subito. Nel profondo era soddisfatta di quello schiaffo. Sapeva che Addison se l’era meritato.

“Addison, io non ho paura di te. Non ho mai avuto paura di te. Ed è per questo che tenti di rendere la mia vita un’inferno. Tu usi la paura per rendere le persone i tuoi pupazzetti, ma con me non funziona. Puoi buttarmi giù quanto vuoi, ma chi davvero presto avrà ciò che si merita, sei tu. Non io. Io mi guarderei bene le spalle” Claire concluse con un fare a dir poco inquietante.

“Cos’è una minaccia, sfigata?” chiese poi Addison.

 “Sta a te capirlo o meno” terminò Claire.

Addison non rispose più. Per la prima volta rimase senza parole. Alzò i tacchi e rientrò in fretta nel granaio, lasciando Claire da sola, che notò subito il cerchietto di Addison lì per terra.

 

 

 

 

Nel presente, Claire aveva finito di raccontare quel momento. Aveva gli occhi grondanti di lacrime.

Prima di andare via notai il cerchietto lì per terra. Mi era sempre piaciuto, quindi, quindi l’ho preso e l’ho portato via con me. Dopodiché non ho più visto Addison. Non so cosa le sia successo, ve lo giuro. Ricordo solamente che entrando nel granaio, rispose a qualcuno al telefono, era un uomo. Stava in viva voce quindi lo sentii’” aggiunse Claire tentando di farsi credere in tutti i modi.

“Un uomo? E non hai capito chi fosse?” intervenne subito Hadley.

Claire scosse la testa. Le ragazze la guardarono un po’ perplesse.

“Dobbiamo crederle?” chiese Ava ancora un po’ dubbiosa.

“Io penso di sì” rispose Willa non distogliendo lo sguardo da Claire.

“Penso sia sincera” ribatté Samantha.

Hadley riusciva a captare sensazioni positive. “Sì ragazze, credo abbia detto la verità. E’ inutile continuare a rimanere qui. Puoi andare via” rispose Hadley lasciando libero il passaggio. Ava però non si mosse minimamente. Rimase a braccia conserte a fissare Claire che si stava asciugando le lacrime per poter uscire. Ava però la bloccò nuovamente.

“Ava, falla passare dai” aggiunse Samantha.

Ava e Claire rimasero a fissarsi per pochi secondi, e dopodiché Claire riuscì a svignarsela. Ava le diede il via libero, e le ragazze rimasero da sole.

“Dobbiamo crederle davvero?” chiese nuovamente Ava.

“Penso che fosse sincera. L’ho capito dai suoi occhi” aggiunse Hadley.

“Da quando sai leggere gli occhi?” chiese ironica Ava.

E tu da quando sei diventata la nuova Addison?” rispose Hadley a tono.

“Ragazze, fatela finita. L’importante è aver chiarito la posizione di Claire. Ora siamo punto e a capo. Non sappiamo cosa sia successo ad Addison quella notte” aggiunse Samantha.

Willa era rimasta zitta, e le altre se ne accorsero.

“Willa, tutto ok?” chiese Hadley all’amica.

“Sì, sì, tutto ok. Dai andiamo via di qui” rispose Willa in fretta. Le amiche quindi la seguirono e lasciarono subito la sala giochi.

Fuori dalla sala giochi, Claire si era già allontanata di parecchio. Girò in fretta l’angolo e si mise in un piccolo vicolo appartato. Tirò fuori il telefono dalla tasca con fare agitato, e compose un numero. Dall’altra parte rispose qualcuno, e subito Claire iniziò a parlare “Ehi, sono io. Claire. Ho raccontato solo una parte. Non hanno scoperto nulla.”

Il giorno seguente, nel pomeriggio, Emily era appena rientrata a casa dopo scuola.

“Sono a casa!” disse a voce alta. Nessuno le rispose. “…Ali?” chiese lei. Sentendo dei rumori provenire dalla camera da letto, si diresse lì, e trovò Alison intenta ad ammirare di fronte lo specchio un bellissimo vestito rosso lungo e con un’evidente scollatura, che stava indossando divinamente. Emily la guardò incantata. “….Caspita! Magari ti facessi trovare così ogni sera” concluse la giovane Fields facendo spaventare Alison, che subito si allontanò dallo specchio.

“Mi hai spaventata. Non ti ho sentita rientrare” aggiunse Alison leggermente in difficoltà.

“Non volevo spaventarti. Ma dove vai così elegante? Non dirmi che abbiamo qualche cena con gli insegnanti e l’ho dimenticato?” chiese Emily un po’ impaurita dalla cosa.

No, no, tranquilla. E’ che, beh…Ah, Jason comunque ancora non si sveglia. Sta dormendo da quando lo abbiamo riportato a casa, sai?” replicò Alison piuttosto impanicata e cambiando discorso. Emily si accorse della cosa.

“Sì, me lo avevi detto poco fa al telefono, e ti avevo detto che se non si fosse svegliato lo avremmo svegliato noi per farlo parlare e dirci cosa sa su Addison. Ma perché stai sviando la mia domanda? Come mai hai quel vestito Ali?” continuò Emily imperterrita.

Alison fece un sospirò, prese le mani della moglie e la portò sul letto, facendola sedere, e Ali la imitò. La guardò fissa negli occhi. “Allora, Cassidy, mi ha…Mi ha invitato alla sua festa di compleanno, che è stasera” concluse la bionda quasi con paura.

Emily la fissò confusa. Cercò di metabolizzare la cosa, di capirci un po’ di più. “Oh, wow, beh, e ha, ha invitato solo te?” chiese.

“Sì. Diciamo che è una festa piuttosto intima e con amici stretti. Pensa che del corpo docenti non ha invitato nessun altro a parte me” rispose Ali.

Emily sorrise “Pensa un po’” rispose.

“Emily per favore, non cominciare” rispose Ali stizzita.

Emily si alzò di colpo “Non cominciare? Ali, quella donna ci sta palesemente provando con te, ti è chiaro o no? E pensare che le avevo creduto quando è venuta a fare l’amica in classe. Che idiota che sono!” spiegò Emily sentendosi stupida. In quel momento, ricordare le frasi di Cassidy, il suo essere gentile e il suo apparire sincera, la fecero ridere. Ridere perché aveva capito che era solo una presa in giro, o almeno lei la vedeva così.

“Emily, non è così. Cassidy è una persona piuttosto complicata e con pochi amici. Ha trovato in me una buona amica, e questa festa è solo per i suoi amici più stretti. Tu e lei non avete nessun rapporto, è ovvio che non ti abbia invitato” rispose Alison tentando di calmare le acque.

“E tu hai pensato bene di dirmelo un’ora prima della festa?” chiese Emily incavolandosi ancor di più.

“Non sapevo come dirtelo proprio perché avevo paura della tua reazione” rispose Alison.

Le bambine iniziarono a piangere. Erano nelle loro culle accanto al letto. Emily si avvicinò a loro tentando di farle calmare.

“Ali, credere alla buona fede di Cassidy mi riesce molto difficile” rispose Emily convinta.

“Ti sbagli di grosso, fidati di me” rispose Ali più decisa della moglie.

Emily le lanciò un ultimo sguardo. “E pensare che una volta tu eri la più furba tra di noi. Adesso ti stai facendo abbindolare in modo magistrale, complimenti. Vado a fare una doccia” concluse Emily, questa volta con un tono di voce deluso e amareggiato.

“Em, per favore” rispose Alison tentando di far pace.

Emily si fermò alla porta. “Va pure alla festa, non voglio apparire come la moglie gelosa e possessiva, ma ricorda bene le mie parole, solo questo ti dico” concluse la Fields, e quindi scomparve dalla stanza, e si diresse in bagno, mentre Ali rimase in camera da letto anch’essa con uno sguardo triste.

Nello stesso tempo, a casa Fitz, Aria era al telefono con Spencer. Quest’ultima stava seduta al tavolo, di fronte al suo PC. Stava spulciando un sito di annunci di lavoro.

“Spencer, io penso che dobbiamo anche soffermarci su ciò che ha sentito Hanna, non ti pare?” chiese Aria mentre era stesa sul suo lettone matrimoniale.

“Non lo so, sembra che tutto stia succedendo di colpo. E’ un casino assurdo. Cosa c’entrerebbe Mary in tutta questa storia?” chiese Spencer confusa e sedendosi sui gradini di casa.

“Non saprei. Tu, tu hai più parlato con Mary?” chiese Aria.

“Sinceramente? No…Sono andata a trovarla inizialmente, e abbiamo anche parlato tanto, ma poi, poi mi sono trasferita a Los Angeles, ho iniziato a lavorare, e, semplicemente, ho smesso di andare a trovarla. Lei mi ha scritto un po’ di volte, e le ho anche risposto, ma poi ci siamo allontanate col tempo” spiegò Spencer capendo che forse aveva sbagliato a tagliarla di colpo fuori, dopo che aveva deciso di darle un’altra possibilità.

“Forse dovresti andare a parlarle. Se quell’uomo parlava al telefono con una certa Alex, allora è probabile che” Aria non finì la frase. Spencer la interruppe di colpo.

“Ti prego non dirlo” chiese la giovane Hastings.

A casa Fitz suonarono al citofono. “Suonano alla porta, devo lasciarti. Ci aggiorniamo non appena Jason si riprende” rispose Aria.

“Anche noi dobbiamo parlare di ciò che ha detto Jason” replicò Spencer.

Intendi su Addison?” chiese Aria scendendo le scale e facendo la finta tonta.

“Non solo” precisò Spencer, riferendosi alla ‘dichiarazione d’amore’ che Jason aveva inconsapevolmente fatto ad Aria.

“Ti sto salutando, ciao!” concluse Aria staccando il telefono e aprendo la porta. Era Emily. Il suo viso era contrito e piuttosto preoccupato. “…Ehi Em, che ci fai qui?” chiese curiosa.

“I genitori di Addison hanno avvisato la polizia. Ci hanno convocato in centrale, tutte e due” rispose Emily. Aria rimase pietrificata di fronte tale notizia.

Contemporaneamente a ciò, Alison era appena arrivata di fronte la porta dell’appartamento di Cassidy. Era un piccolo appartamento situato nella zona sud di Rosewood. Un appartamento in un condominio parecchio carino. Arrivata di fronte la porta di casa, bussò. Cassidy aprì. Era davvero bella. Indossava un vestito nero con pailette, capelli sciolti sulle spalle e matita nera agli occhi. Ad Alison, tale bellezza non la lasciò indifferente.

“Ali, sei arrivata!” rispose Cassidy felice.

“Ehi, wow, sei bellissima” rispose Ali leggermente imbarazzata.

“Grazie, ci ho messo ore per prepararmi” rispose Cassidy. “…Ah, accomodati pure!” continuò la donna facendo entrare la bionda. Non appena entrata, Alison vide che non c’era nessun’altro in casa. La tavola era adibita per due, con una candela posta al centro. La donna era piuttosto confusa mentre Cassidy attendeva che Ali dicesse qualcosa.

“Ma, dove sono gli altri invitati?” chiese Alison perplessa.

Cassidy le si avvicinò “Non, non ci sono altri invitati, a parte te” rispose.

Alison rimase per un attimo attonita. Riusciva solo a pensare alle parole di Emily. A quanto probabilmente avesse ragione. Le rimbombavano in testa come un tamburo impazzito. Non voleva che Emily avesse ragione.

“Che intendi dire?” chiese cercando di mantenere la calma.

Cassidy deglutì mentre l’agitazione era alle stelle. Si avvicinò ad Ali sempre di più. “Ali, io, io mi scuso per averti un po’ presa in giro, ma, non avresti mai accettato se ti avessi detto che era una cena solo per me e te” rispose.

Alison alzò gli occhi al cielo. Non ci poteva credere. “Stai scherzando, vero? Mangiamo ogni giorno insieme da sole, ora perché architettare tutto questo? A che scopo?” chiese Ali iniziando ad agitarsi.

“Per questo” ribatté Cassidy, e di colpo la baciò. Alison rimase immobile. Stranamente non si levò subito. Pochi secondi passarono. Secondi in cui riuscì a sentire le labbra della donna sulle sue, poi poco dopo la spinse via.

“Ma sei impazzita?” ruggì Ali.

“Ali, mi dispiace, è che, io, io ho cercato di far finta di nulla. Di mentire a me stessa, e a Emily, fingendo che questi sentimenti non esistano, ma esistono, ci sono. Io, io credo di essere innamorata di te. Credo di esserlo sin dal primo giorno in cui ti ho vista camminare nei corridoi della scuola” Cassidy aveva gettato giù la maschera. Si era totalmente dichiarata ad Ali senza paura e né riserve. Consapevole del casino che avrebbe potuto creare dopo ciò.

“Io…Cassidy come, come dovrei reagire di fronte a queste tue parole?” chiese Ali tentando di trovare una spiegazione o una risposta.

“Non lo so. Ma se una minima parte di te prova qualcosa per me, allora, allora possiamo parlarne” concluse Cassidy, mandando ancora più in panico la povera Alison, che non riusciva ancora a credere a ciò che stava succedendo di fronte i suoi occhi.

Intanto, in commissariato, Aria ed Emily erano sedute nell’ufficio del detective Davis. Quest’ultimo le fissava intensamente e non proferiva parola. Le due apparivano tranquille, ma sotto erano divorate dall’agitazione e dell’ansia.

Craig quindi si schiarì la voce “Perciò, ricapitolando: siete andate a trovare i Derringer perché avendo visto quelle foto che Addison aveva di voi, volevate capirci qualcosa di più?” chiese il detective ricapitolando la storia raccontata dalle due pochi minuti prima.

“Esatto. E oggi sarei venuta da lei a portarle la foto che abbiamo trovato in camera di Addison. E’ stato un errore tenerla con me fino ad oggi, ma volevo provare a capirci qualcosa da sola. Ho sbagliato, lo so” rispose Emily addossandosi le colpe.

“Non avete solo sbagliato. Voi avete tentato di manomettere delle probabili prove che potrebbero servire per le indagini di un omicidio irrisolto. Non so se vi è chiaro” tuonò il detective con voce severa.

In quel preciso momento bussarono alla porta dell’ufficio. “…Avanti!” esclamò l’uomo. Era uno dei suoi agenti.

“Signore, c’è una donna che vuole vederla. Non riesco a fermarla” rispose l’agente, e subito si fece spazio Spencer, che entrò decisa nell’ufficio e si chiuse la porta dietro.

“Signorina Hastings, lei cosa ci fa qui? Purtroppo non sono riuscito a passare perché ho ricevuto la visita dei Derringer” esclamò il detective.

“Ah, è tornato a usare il lei?” chiese lei pungente.

Craig non rispose. Guardò Emily ed Aria. “Le avete scritto voi, non è così?” chiese lui piuttosto infastidito. Le due non risposero. Il loro sguardo colpevole però diceva tutto. “…Vi state rovinando con le vostre mani, adesso io”, il detective non riuscì a finire la frase.

“Adesso lei cosa? Le arresterà? Le tratterrà qui contro la loro volontà? Lo faccia pure. Poi però richiederò un incontro con il suo capo. Credo che sarebbe molto curioso di ascoltare ciò che ho da dire su di lei, detective” rispose Spencer tenendogli testa in modo eccellente.

“Mi sta minacciando signorina Hastings?” chiese lui.

“La vede come una minaccia? Potrebbe essere. Però lasci che le dica una cosa. Se lei muoverà un dito contro le mie amiche che tentavano solo di scoprire la verità, io racconterò di come ha ingannato me e mia madre per potersi intrufolare nella mia camera da letto senza un mandato. Poi vedremo chi verrà trattenuto in centrale” rispose lei con un coraggio da leoni.

Craig e Spencer si lanciarono sguardi di disprezzo. L’uomo sospirò “Va bene, potete andare” concluse lui capendo di essere in trappola. Effettivamente Spencer poteva ricattarlo benissimo. Lui aveva sbagliato tanto quando Aria ed Emily, anzi anche di più visto il distintivo che portava. Le due ragazze si alzarono in fretta e uscirono dall’ufficio. Spencer fece per seguirle, ma Craig la fermò.

“Tua madre come sta? Sto provando a chiamarle ma non risponde mai” chiese lui speranzoso.

“Se vuole sapere come sta realmente, trovi il coraggio e si presenti a casa sua. Perché per quanto mi riguarda, il nostro rapporto sarà solamente legato alle indagini, e nient’altro. Buona serata detective” terminò la donna, e quindi anch’essa lasciò l’ufficio.

Il mattino seguente, a casa DiLaurentis, Alison si era appena svegliata. Era ancora un po’ assonnata e frastornata. Non appena iniziò a sgranchirsi le gambe e le braccia, notò che Emily non era a letto. Le aveva lasciato un messaggio sul comodino “Sono andata da Spencer. Dormivi profondamente e non ho voluto svegliarti. Raggiungici lì. Le bambine sono con me, e Jason non è a casa”, mentre leggeva quel bigliettino, Ali apparve un po’ triste. Emily era solita lasciare un ‘ti amo’ alla fine di un suo bigliettino qualsiasi. Questa volta non c’era scritto nulla. Dopodiché si guardò intorno, sistemò per bene il pigiama e scese dal letto. Prese il cellulare sul comodino e trovò due messaggi in segreteria. Quindi ascoltò il primo. Era di suo padre.

“Ciao tesoro, sono papà. E’ l’ennesimo messaggio che ti lascio, e non ho intenzione di arrendermi. Per favore. Dobbiamo parlare. Ti sto implorando. Ho bisogno di vederti. Richiamami, ti prego” spiegava la voce triste di Ken DiLaurentis.

Alison cancellò subito il messaggio piuttosto scocciata. Poi andò al secondo messaggio. Era di Cassidy. Ali sospirò e iniziò ad ascoltarlo. “Ehi Ali. Non so con quale coraggio ti stia mandando questo messaggio visto quello che è successo ieri, però volevo dirti che mi dispiace. E che, vorrei, vorrei rivederti per parlare. So che oggi hai il giorno libero, quindi magari possiamo vederci questo pomeriggio per un caffè. Dobbiamo parlare di quello che è successo. Richiamami, ciao” la voce di Cassidy era bassa e lenta. Alison staccò poi il telefono e rimase lì a riflettere. Osservò il vestito rosso che aveva indossato la sera prima, appeso all’armadio. Poi si alzò dal letto e si diresse verso la camera degli ospiti dove dormiva Jason. La aprì, e di lui non c’era nessuna traccia.

“Jason, ma dove diavolo sei?” esclamò tra se e se preoccupata.

Prese il telefono e gli scrisse un sms “Jason, dove diavolo sei finito? Dobbiamo assolutamente parlare” un messaggio chiaro e conciso, e glielo inviò. Poi si diresse verso la cucina.

A casa Hastings, in cucina, erano riunite Aria, Emily, Spencer e Hanna. Spencer stava preparando il caffè.

“Quindi gliele hai cantate bene al detective?” chiese Hanna divertita.

“Sì, ma non significa che non ci starà ancora col fiato sul collo. Quell’uomo sa fare il suo lavoro, fidatevi. Ne abbiamo conosciuti di detective farabutti, e lui non è tra quelli. Avrà sbagliato, ma sa comunque il fatto suo. Dobbiamo tenerlo d’occhio e non fare passi falsi. Em, tu hai lasciato la foto in commissariato, vero? Quella del piccolo Roger?” chiese Spencer.

“Sì, e ho anche detto dove l’avevo trovata. Non voglio commettere gli errori del passato” rispose Emily diretta.

Aria quindi si alzò dal tavolo alquanto ansiosa e iniziò a fare su e giù per la stanza. “Dove sarà finito Jason?” chiese preoccupata.

“Non lo so. Questa mattina non c’era, e il letto era già fatto. Penso sia uscito in piena notte non appena si è ripreso dalla sbronza” rispose Emily.

“Sicuramente ci sta evitando per non raccontarci cosa sa su Addison” esclamò Aria.

“Ma poi quale verità? Cosa dovrebbe avere a che fare Jason con quella ragazza?” chiese Hanna confusa.

“E invece del ragazzo che ha visto Hanna in prigione? Ne vogliamo parlare?” intervenne Emily.

“Una cosa alla volta, per favore” rispose Spencer tentando di sviare quell’argomento.

“E’ anche vero che” Aria stava per dire nuovamente la sua, ma qualcosa nel cortile di casa Hastings attirò la sua attenzione. “…Oh mio dio” aggiunse. Le altre la raggiunsero subito, e videro nel cortile due piccoli gattini morti. Spencer subito uscì fuori e si guardò intorno. Altri piccoli gatti erano senza vita lì intorno. Chi giaceva vicino a un albero, altri vicino al granaio. C’erano almeno 3/4 gatti senza vita.

“Ma che diavolo è successo? Poveri gattini” chiese Hanna con sguardo dispiaciuto.

Spencer si avvicinò ad uno di loro per guardarlo più attentamente. “Erano dei gatti che venivano solitamente quando mamma dava loro da mangiare. Non hanno ferite, quindi non li ha uccisi nessuno” spiegò lei mentre mosse quel corpicino senza vita per trovare qualcosa. Notò poi uno strano liquido marrone vicino il suo musino Toccò quel liquido con il pollice, e poi si portò il pollice al naso per odorare meglio.

“Cos’è questa roba?” chiese Emily.

Spencer sbarrò gli occhi. Sembrava decisamente sconvolta. “E’…E’, è cibo che ieri avrei dovuto dare alle bambine. Quello che mi avevi lasciato tu” rispose Spencer.

Emily sbarrò gli occhi “Intendi il purè che avevo preparato?” chiese.

“Sì. Era arrivato il momento del pranzo, e quando stavo per dargli da mangiare, mamma ha urtato il piatto e l’ha fatto cadere. Poi ho lasciato tutto qui in giardino perché ho dimenticato di pulire. I gatti, i gatti hanno quindi mangiato quel che era caduto” rispose Spencer avvicinandosi anche agli altri e notando che tutti avevano il muso sporco di quel cibo marrone.

“Spence, che vorresti dire? Che il cibo delle bambine li ha uccisi? Da quando il cibo per bambini è letale per i gatti?” chiese Hanna confusa.

“Non è letale. A meno che…” Spencer non riuscì a finire la frase. Aveva troppo paura per dirlo a voce alta.

“A meno che qualcuno non avesse avvelenato il cibo” rispose Emily.

“Oh mio dio” replicò Aria incredula.

In quel preciso momento, squillò il telefono di Emily. Era un sms. Subito lo lesse e si portò le mani alla bocca in segno di stupore e terrore. “Em, che succede?” chiese subito Spencer.

“E’, è un sms.“Ringrazia mamma Hastings. Altrimenti a quest’ora stavi mettendo le tue bambine in due tenere bare bianche. Questo è solo l’inizio stronzette” lesse Emily tentando di non balbettare a causa dello shock.

Emily lesse l’sms con una paura che le stava penetrando nelle ossa. Questo folle aveva tentato di uccidere le sue bambine. Due piccole bambine innocenti che non avevano mai fatto del male a nessuno. In quel momento capirono tutte che questa volta non avevano a che fare con uno stalker a cui piacevano i giochetti. Questa volta avevano a che fare con un mostro senza pietà. E dovevano averne paura, tanta.

 

E intanto, a casa Derringer, Felicity stava lentamente scendendo nella soffitta di casa. Accese la lucina posta sul soffitto, e si guardò intorno. Era buia e polverosa, piena di cianfrusaglie qua e là. Lei però sapeva benissimo dove dover andare, e cosa dover cercare. Si guardò intorno, e non appena notò una vecchia lavatrice, si avvicinò, la aprì, e iniziò a frugarci dentro. Da dentro la lavatrice, tirò fuori una strana e curiosa scatola rossa.

Dopo, la donna tornò nel salotto di casa sua, e si sedette sul divano. Appena seduta, si guardò ancora intorno, come se fosse spaventata che qualcuno potesse vederla. Quindi fece un lungo respiro e aprì la scatola. Aprendola, scoprì tante e tante foto, foto piuttosto vecchie a giudicare dai colori un po’ sbiaditi. La prima foto ritraeva una piccola Addison, in posa durante un set fotografico di carnevale. La seconda foto ritraeva i signori Derringer, al mare con la loro Addison. Felicity sorrideva malinconica. Quando passò alla terza foto, il suo sguardo cambiò. Un brivido le pervase tutto il corpo. C’era ritratto il piccolo Roger, proprio quel Roger Maxfields. Era seduto in un prato, sorridente e felice. La donna posò il resto delle foto, e prese in mano quella di Roger. La guardò intensamente, come a non voler staccare lo sguardo. Quindi la avvicinò al petto, e la strinse forte.

FINE TERZO EPISODIO.

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by: Frà Gullo;

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