Pretty Little Liars 8 – FAN-FICTION – 8×01 “Two Bodies”

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“Two Bodies” – “Due Corpi”

Episode #801

 

Written by:

Frà Gullo;

 

 

CAST UFFICIALE:

Aria Montgomery (Lucy Hale)

Spencer Hastings (Troian Bellisario)

Hanna Marin (Ashley Benson)

Emily Fields (Shay Mitchell)

Alison DiLaurentis (Sasha Pieterse)

CAST SECONDARIO EPISODIO 1 :

Ken DiLaurentis (Jim Abele)

Cassidy Harmor (Crystal Reed)

Jason DiLaurentis (Drew Van Acker)

Claire Varlac  (Raquel McPeek)

Addison Derringer (Avan Allan)

Willa Davis (Sydney Sweeney)

Hadley St. Germain (Celesse Rivera)

Ava Grant (Ana Markova)

Samantha Winson (Michele Selene Ang)

Craig Davis (Paul Johansson)

Veronica Hastings (Lesley Fera)

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21 Giugno 2019. Erano passati sette mesi dagli scioccanti avvenimenti della casa delle bambole, e Rosewood era ancora lì, ancora una cittadina di provincia a tratti strana e oscura, ma anche tanto accogliente. E oramai regnava la pace e la tranquillità nella cittadina, o almeno così sembrava. Era una notte d’inizio estate. Un’estate che non stava iniziando nel migliore dei modi visti i fulmini di un colore acceso che squarciavano il cielo a fasi alterne, sempre più frequenti e vicini tra di loro. Nel granaio della famiglia Davis, i genitori della dolce Willa, quest’ultima, Hadley, Ava e Samantha erano intente a lanciarsi pezzi di patatine e salatini. “Dai smettila! Mi sto ritrovando le patatine ovunque!” intervenne Hadley ridendo. Erano delle semplici ragazzine del liceo che si stavano divertendo tra di loro, spensierate e felici, ma questa scena sembrava molto familiare. Come un deja-vu…

Nel frattempo, Ava si alzò e guardò fuori dalla piccola finestrella posta sopra il tavolino con le bevande. “E’ assurdo! Un pigiama party per dare inizio all’estate, e sta per piovere. Che sfiga!” esclamò la ragazza scocciata e tornandosi a sedere stringendosi il suo cugino preferito a pois rossi tra le mani.

“E Addison ancora non è arrivata. Ma dove diamine sarà finita?” intervenne Willa guardando verso l’entrata e con uno sguardo molto preoccupato.

“La conosciamo. Se non si fa attendere, non è Addison Derringer” intervenne Samantha. Tutte si misero a ridere fragorosamente. Erano il ritratto della spensieratezza e della felicità che solo un adolescente di quindici anni può avere. Di colpo la porta del granaio si aprì. Addison era lì di fronte, Iphone alle mani e sguardo deciso e un po’ duro.

“Parlavate di me?” tuonò la ragazza, facendo zittire le amiche. La giovane Derringer quindi si unì subito a loro “…scusate il ritardo! Ho avuto un mucchio di cose da fare” spiegò la ragazza.

Tutte le amiche la fissarono “Ti stiamo aspettando da quasi un’ora!” intervenne Willa un po’ scocciata.

“E allora? E’ già tanto che sono venuta a questo specie di pigiama party per farvi contente” replicò Addison con tono saccente. Willa sospirò, mentre Hadley subito fissò l’amica e le fece uno sguardo che voleva dire, ‘lascia correre’.

“Vabbè, Addison vuoi delle patatine?” intervenne Samantha tentando di smorzare la tensione.

Addison però era con il capo chinato sul suo telefono. Le era appena arrivato un sms anonimo con scritto “Per favore, non lo fare”. Addison lo lesse pensierosa e anche un po’ preoccupata. Non aveva più lo sguardo da dura e da stronzetta di pochi minuti prima. Era assorta in dei pensieri palesemente preoccupanti.

“Addi, ci sei?” intervenne poi Hadley. Addison subito tentò di ricomporsi. Posò di colpo il telefono per terra, e si avvicinò di più alle amiche.

“Come? Ma sì certo! Passatemi le patatine! Stasera voglio ingrassare e divertirmi con voi, qualsiasi cosa accada, questa notte sarà speciale, ve lo assicuro” la frase di Addison aveva un qualcosa d’inquietante che le sue amiche, però non percepirono. Lo videro come una lode al loro splendido rapporto, al loro essere amiche inseparabili. Quindi tornano a mangiare, a ridere, e a scherzare tra di loro, inclusa Addison, che aveva lasciato il telefono per terra, e si potevano scorgere altri sms “Richiamami” o “Dobbiamo parlare”, tutti da un numero anonimo…

Qualche ora dopo, le ragazze si erano addormentate proprio lì nel granaio dopo essersi divertite tutte insieme, Hadley si svegliò per prima, e sgranando gli occhi si accorse dell’assenza di Addison e di Willa. Quindi la ragazza svegliò subito Ava stesa sul divano con Samantha. “Ava” sussurrò ancora un po’ assonnata.

Sia Ava sia Samantha si svegliarono. Anche loro un po’ frastornate e con gli occhi assonnati. “…Dove sono Addison e Willa?” chiese poi Hadley guardandosi intorno preoccupata. Ava scosse la testa. Non lo sapeva. E a giudicare dalla faccia di Samantha, nemmeno lei aveva idea di dove fossero finite le due.

Hadley quindi si alzò e iniziò ad avvicinarsi all’uscita, vedendo, infatti, una ragazza che si dirigeva verso di loro “Addi?” chiese subito. Ma non era Addison, era Willa, che arrivò con una faccia che non faceva presagire nulla di buono.

“E’ scomparsa” intervenne Willa con la voce spezzata.

“Che vuoi dire che è scomparsa?” chiese Hadley confusa.

“L’ho cercata ovunque. Penso di averla sentita urlare” concluse Willa, lasciando Hadley, Samatha e Ava, sconvolte, spaventate e confuse. Dov’era finita Addison? Non lo sapevano, ma le parole di Willa facevano presagire qualcosa di preoccupante. Molto preoccupante.

UN ANNO E TRE MESI DOPO:

Settembre 2020. Al liceo di Rosewood, un’adulta Emily Fields stava fissando il volantino appeso sulla bacheca nei corridoi “Ancora scomparsa, oggi avrebbe sedici anni”, e la foto di Addison era ben visibile sul volantino. Erano passati precisamente un anno e tre mesi, e di Addison ancora nessuna traccia. Lo sguardo di Emily era triste e pensieroso. Subito fu colta di sorpresa da…Alison, in forma e più bella che mai che la cinse di dietro. “La mia splendida mogliettina ancora rimugina su Addison?” chiese Ali stringendola a se.

“Sì. Non riesco a non pensarci, è come un dejà vu” spiegò Emily ripensando al passato.

“Non dirlo a me. Però guarda il lato positivo. Se si sta ripetendo la storia, vuol dire che Addison è viva e vegeta da qualche parte, no?” replicò Alison cercando di smorzare la tensione e la preoccupazione in Emily. Quest’ultima però la guardò in malo modo.

“A questo punto ci sarebbe anche una cugina pazza di Addison che vuole torturarla?” ribatté Emily, anch’essa usando la stessa ironia.

Le due quindi si avviarono verso le classi “Senti, io pranzo con Cassidy oggi. Ti unisci a noi?” chiese subito Alison. Di fronte a questo nome, lo sguardo di Emily cambiò di colpo.

“Ma quindi pranzate insieme sette giorni su sette oramai?” chiese la giovane Fields, visibilmente stizzita.

Alison la fermò di colpo e la guardo con un sorriso divertito “Non mi dire che sei gelosa?” chiese la bionda.

Emily sospirò “Non dico questo, è che quando tu hai la pausa pranzo, io ho altre lezioni, non riusciamo mai a stare insieme, e guarda caso la splendida insegnante d’inglese è sempre libera per farti compagnia” spiegò Emily mostrando un’evidente gelosia.

Alison le prese le mani “Em, ascolta, Cassidy è solo una carissima amica. Quando si è trasferita qui, era da sola. Non conosceva nessuno e si è affezionata a me. E’ buona, e soprattutto è molto eterosessuale. L’altro giorno non faceva altro che parlarmi del professore di ginnastica e del suo polpaccio sexy. Sta tranquilla!” replicò Alison con un dolce sorriso. Emily ricambiò tale sorriso. I loro sguardi erano pieni d’amore.

Dai bagni delle ragazze ecco che arrivò, Cassidy. Una bellissima donna, mora, alta, snella, con passo svelto e disinvolto. Era una giovane donna che gli studenti non riuscivano a non fissare. La donna raggiunse le due, mentre Emily tentò di celare il suo fastidio.

“Ehi Alison! Emily” intervenne Cassidy mostrando un sorriso un po’ forzato.

“Cassidy” rispose a tono Emily.

“Ascolta, io oggi devo prolungare la lezione di una mezz’oretta, quindi ci vediamo direttamente al bar, ok?” fece poi Cassidy all’indirizzo di Alison, e ignorando totalmente Emily.

“Ok, ci vediamo lì allora. Hai lezione con la classe di Willa e delle altre, vero?” chiese Alison.

“Già. Ieri Willa ha avuto un’altra crisi ed è stata portata dallo psicologo. Penso che sia quella più provata dalla scomparsa di Addison” spiegò Cassidy con uno sguardo preoccupato.

“E’ normale. Era una delle sue migliori amiche” precisò Emily lanciando la frecciatina. Lei e Cassidy si fulminarono con lo sguardo.

“Okay, allora, Cassidy noi ci vediamo dopo. Emily, tu accompagnami in bagno così chiamiamo il nostro speciale baby-sitter e vediamo come stanno le piccole, dai!” concluse Alison bloccando subito l’incendio che stava per divampare con gli sguardi delle due.

“Va bene! A più tardi!” terminò Cassidy mentre Ali ed Emily si allontanarono, con un’Alison che palesemente si trascinava dietro Emily. Il telefono di quest’ultima squillò. Era un sms. Subito si fermarono e lo tirò fuori. Non appena lesse il messaggio, il suo sguardo s’illuminò. “E’ tornata!” esclamò con una sproporzionata felicità nella voce.

A casa Hastings, una splendida e raggiante Spencer Hastings aveva appena posato la sua valigia per terra, vicino al divano. Un bellissimo vestito nero la rendeva ancora più affascinante del solito, mentre sua madre Veronica si accingeva a raggiungerla. “Quanto mi sei mancata!” intervenne la donna stringendo subito la figlia in un caldo e caloroso abbraccio. Spencer sorrise emozionata.

“Mi sei mancata tanto anche tu!” replicò Spencer con la voce spezzata dall’emozione.

“Finalmente sei riuscita a prenderti una pausa. Non avevi più tempo nemmeno per vivere” replicò Veronica sedendosi insieme a Spencer sul divano. La giovane Hastings era palesemente esausta.

“Mamma, sei un avvocato anche te, quindi dovresti sapere quanto è dura. Inoltre, non siamo come a Rosewood. Los Angeles è in pratica l’inferno degli avvocati. Per fortuna sono riuscita a prendermi delle meritate ferie” esclamò la donna sospirando e sprofondando nel divano. Quel divano che sapeva di casa. Mentre era lì stesa, notò sulla credenza il libro di Aria,’Pretty Little Liars’. La donna si ricompose e fissò la madre “…Non dirmi che alla fine lo hai letto?” chiese con tono accusatorio.

Veronica sospirò con sguardo colpevole “Sì, l’ho fatto. E’ stato più forte di me. In quel libro ci sono scritte cose che io non avevo mai saputo, e nemmeno Ashley Marin, o Pam, o Ella. Era giusto che lo leggessi” spiegò la donna.

“Ma rileggendolo hai dovuto ricordare cose che era meglio non riportare a galla, non credi?” rispose giusta Spencer, e riferendosi a Melissa, oramai scomparsa da un anno o poco più.

Veronica rimase a fissarla, sospirò e deglutì “Tesoro, il fatto che è successo quel che è successo, non significa che io debba far finta di nulla. Quel libro l’ho letto solamente quando mi sono sentita pronta a leggerlo e ad affrontare nuovamente quella brutta verità, altrimenti non avrei mai toccato quel libro se sapevo di non poterlo sopportare, fidati di me” la voce di Veronica era autoritaria come sempre, ma profondamente sincera. Spencer quindi tornò a sorriderle e le prese la mano.

“Ti voglio bene” sussurrò la giovane Hastings.

“Anch’io tesoro” replicò Veronica. “…Piuttosto, hai mancato Hanna per poco, sai? E’ andata via ieri sera. Era passata per salutare la mamma e per farle vedere la piccola Regina”  continuò mamma Hastings cambiando quindi discorso.

Spencer si alzò dal divano e prese il telefono “Sì, lo sapevo. Ci siamo sentite questa mattina. Stava andando a Firenze per la scelta della collezione autunno-inverno” spiegò Spencer tenendo gli occhi sul telefono.

“Wow. Ci avresti mai creduto che Hanna Marin sarebbe diventata una stilista di successo?” chiese Veronica.

“No, e probabilmente non ci credeva nemmeno lei. Mamma, comunque ho ricevuto due telefonate da Jason. Ma è a Rosewood?” chiese la donna.

“Oh, sì! Avevo dimenticato di dirtelo! Sta da Alison. Fa da baby-sitter alle gemelle” spiegò Veronica.

Spencer sorrise. Era felice al pensiero di rivedere Jason. Subito prese la borsa “Vado subito a salutarlo! Torno per pranzo, promesso!” concluse Spencer in fretta e furia. Veronica tentò di parlarle, ma la donna sparì di colpo, uscendo dalla porta principale e senza dare nemmeno il tempo a Veronica di risponderle. Il telefono di mamma Hastings squillò. La donna rispose senza esitazioni “Ehi? Sì”, Veronica rimase ad ascoltare il suo interlocutore, per poi rispondergli ”…Senti, ancora non sono riuscita a dirlo a Spencer. Non voglio turbarla, è appena rientrata e non la vedevo da mesi. Glielo dirò al momento opportuno, sta tranquillo” quindi l’interlocutore disse altro e Veronica finì “…Va benissimo. Ci sentiamo più tardi, ciao” terminò Veronica riagganciando e mostrando uno sguardo che trasudava agitazione da ogni poro del suo volto.

E a casa DiLaurentis, Jason e Spencer si stavano riabbracciando con fare affettuoso. “Che sorpresa! Non pensavo di trovarti qui!” aggiunse Spencer visibilmente felice. Jason si scostò e si sedette sul divano, e Spencer fece lo stesso.

“Già, è stata un’improvvisata. Ci sono dei problemi al cantiere dove lavoro, e quindi son tornato per vedere le mie splendide nipotine” fece lui indicando verso il box dove le piccole Grace e Lily dormivano beatamente. Spencer e Jason si scrutarono intensamente, come a volersi dire qualcosa con gli occhi. Jason sospirò un po’ scocciato.

“So già cosa vuoi dirmi, e no, non tocco un goccio di alcool da almeno quattro mesi, sta tranquilla” intervenne lui tranquillizzandola.

“Non ti voglio rimproverare lo sai, è che mi preoccupo. Hai avuto una ricaduta fin troppo grave perché prenda con leggerezza la questione, e lo sai. Sono tua sorella, è normale preoccuparmi per te” spiegò lei con tenerezza. Jason le sorrise e poi tornò a scrutarla attentamente.

“Piuttosto, hai sentito Aria?” chiese lui curioso. Spencer lo guardò con sguardo curioso.

“L’ho sentita ieri sera. Aveva la tappa del tour del libro a Chicago, ed Ezra l’ha raggiunta per festeggiare l’anniversario assieme. Il piccolo Byron è rimasto dai nonni. Ha detto che se riesce passerà a salutarmi prima che io riparta” spiegò Spencer. Jason a questa risposta quasi sobbalzo, e Spencer lo guardò un po’ divertita “…Hai paura di affrontare Aria, non è così?” chiese lei centrando il punto.

Jason la fissò solamente con uno sguardo serioso “Beh, può darsi. E’ che non saprei come iniziare un discorso. Ciao Aria, scusami se quattro mesi fa durante il tuo compleanno, dove sono stato invitato, mi sono ubriaco e ho rovinato tutto, dando un pugno anche a tuo padre, allora che mi dici di bello?” aggiunse lui scocciato. Spencer sorrise.

“Non devi essere così specifico e ricordarle il fattaccio, ma magari riuscire a chiarire con lei sarebbe giusto. Non vi rivolgete più parola da quella sera, e ogni volta che sai che lei è a Rosewood, trovi qualsiasi scusa per non tornare. Vi conoscete da una vita, e sei l’uomo che conosce più di tutti dopo Ezra, se vede che sei intenzionata a recuperare il rapporto con lei, ti verrà incontro. Conosco Aria. E’ piccolina, ma è una grande” rispose Spencer elogiando la sua amica.

Jason poi tentò di cambiare discorso e prese in mano il libro ‘Pretty Little Liars’ posto lì sul tavolino. “Sai che finalmente ho finito di leggerlo?” aggiunse lui.

Spencer sembrava infastidita da quel libro “Non capisco perché ultimamente avete avuto tutti la brillante idea di leggerlo” intervenne stizzita.

“Beh, ero curioso di sapere ogni cosa. Tu non ne parli mai” spiegò lui.

Ed è meglio così. Averla vissuta è ben diversa da leggerlo in un libro” rispose lei con tono polemico.

Jason rimase zitto, capendo che poteva evitare “Mi dispiace, è solo che…” L’uomo non ebbe il tempo di finire la frase.

“Solo che cosa? Solo perché Aria ne ha scritto un libro non significa che io debba parlarne con tutti voi come se fosse un semplice argomento di discussione. Si parla di una donna che mi ha mentito sin da quando ero bambina e ha finto di volermi bene. Non stiamo parlando delle storielle d’amore che leggi nei soliti libri per ragazzi!” la voce di Spencer iniziò a essere spezzata dal pianto. I suoi occhi erano grondanti di lacrime. Jason si avvicinò e le prese la mano, stringendole alla sua.

“Non voglio costringerti a parlarne. Ma se reagisci così, vuol dire che ancora non riesci a superarla, e provare a sfogarti con le persone che ti vogliono bene, è un buon metodo” spiegò Jason con fare affettuoso. “…Lo sai, quando vuoi, io sono qui” concluse con un amorevole atteggiamento, come solo un fratello maggiore può fare.

Al liceo di Rosewood nel frattempo, Willa, una delle amiche di Addison, era seduta nel cortile della scuola mentre stava mangiando una banana, e poteva fare a meno di fissare il volantino con il volto di Addison. Mentre era assorta nei suoi pensieri, notò un gruppo di ragazzini spintonare una delle sue compagne, Claire, una ragazza autistica e molto dolce, con un look un po’ da nerd, salopette blu e ferrettini in testa. I tipi le fecero cadere i libri, e subito Claire d’istinto, si alzò per aiutarla. “Vuoi una mano?” chiese lei con gentilezza.

Claire rimase quasi sconvolta nel vederla lì ad aiutarla, ma comunque accettò l’aiuto e subito riprese i libri. Willa  le sorrise “…A volte i ragazzi sanno essere proprio degli stronzi, vero?” continuò la giovane, mandando ancora più in confusione Claire, che la fissava senza dire una parola.

“Non sono tanto diversi da Addison”, la voce di Claire uscì di colpo con durezza. Il sorriso di Willa svanì. “…Voglio dire, cioè, scusami, è che, non capisco perché tu ora mi stia aiutando quando insieme ad Addison mi avete fatto passare l’inferno” continuò Claire con estrema sincerità.

Willa sapeva che Claire aveva ragione “Hai ragione. Addison sapeva essere un po’ cattiva a volte” spiegò la giovane.

“Togli un po’” precisò Claire.

Le due si scrutarono intensamente.

“Ascolta, io mi sento davvero in colpa per quello che Addison ti ha fatto passare, ma soprattutto mi sento in colpa per non aver fatto nulla. Ho lasciato che ti prendesse in giro senza muovere un dito quando in realtà potevo dirle di smetterla, ma non l’ho fatto. Nessuna di noi, quindi, sto cercando di chiederti scusa. Mi dispiace, Claire” Willa appariva sincera e davvero dispiaciuta.

Claire voleva crederle “Beh, è carino da parte tua, e accetto le tue scuse” aggiunse l’altra visibilmente contenta delle parole di Willa. Quindi le lanciò un ultimo sorriso e si voltò facendo per andarsene.

“Tu non hai mica visto Addison la sera del pigiama party, vero?” chiese Willa di colpo. Claire s’immobilizzò. Un brivido le percorse tutta la schiena e la sudorazione aumentò a vista d’occhio. Sbarrò gli occhi e lentamente si volto nuovamente verso Willa.

“N-No, certo che no. P-Perché me lo chiedi?” chiese Claire cercando di nascondere la sua palese difficoltà.

“Perché quella sera Addison continuava a ripetere che stava per chiudere un conto in sospeso con qualcuno, e credevo si riferisse a te. Magari, non so, l’avrai vista prima che fuggisse” spiegò Willa.

“Tu pensi che sia fuggita?” chiese Claire.

“Sì, tu no?” ribatté a tono Willa.

Le due sembravano accusarsi a vicenda. Rimasero zitte per pochi secondi. Poi suonò la campanella.

Beh, io, ora devo andare! Ciao Willa!” terminò in fretta Claire, perdendosi subito tra la folla degli studenti che stavano affollando i corridoi. Claire quindi corse verso il bagno delle ragazze, guardandosi dietro e sperando che Willa non la stesse seguendo. Entrò in fretta in bagno, si premurò di controllare che tutti i bagni fossero vuoti, quindi tirò fuori il cellulare, e compose un numero. Rimase ad attendere, ma a giudicare dalla reazione stizzita di Claire, era appena partita la segreteria “Ehi, sono io! Senti dobbiamo fare qualcosa per quanto riguarda Addison. Le sue amiche stanno facendo troppe domande, per favore, richiamami subito!” e staccò in fretta. Mise il cellulare in borsa, e lasciò i bagni.

Nella sala docenti, invece, Alison era intenta a leggere alcuni temi, quando arrivò anche Cassidy “Ehi, sbaglio o avevamo un pranzo noi due?” chiese la donna sedendosi accanto a lei. Alison guardò l’orologio e capì di aver perso la cognizione del tempo.

“Caspita, Cass, scusami tanto, è che avevo dimenticato di aver una montagna di compiti da correggere, e mi è passato di mente, perdonami!” rispose Alison dispiaciuta.

Cassidy le sorrise “Tranquilla! Sei fin troppo dolce per essere incazzata con te!” rispose Cassidy con fare adulatore. Alison ricambiò il sorriso, ma sentendo poi un leggero imbarazzo, tentò di cambiare subito discorso.

“Ehm, allora, com’è andata la lezione? Come hai trovato le ragazze?” chiese Ali.

“Le amiche di Addison intendi? Beh, sono continuamente distratte. Chi al telefono, chi con lo sguardo perso nel vuoto. L’unica che sembra un tantino più interessata alla lezione è Hadley” spiegò Cassidy.

Alison apparve preoccupata “Le capisco. Posso solo immaginare quello che stanno provando. Non sapere se la loro amica è viva o morta, è un qualcosa che non auguro a nessuno” spiegò la bionda.

Cassidy la scrutò “Ti riferisci a tua moglie e alle tue amiche, vero?” chiese la donna.

“Esatto. Loro hanno passato l’inferno dopo la mia scomparsa, e non voglio che queste ragazze passino lo stesso inferno. Per questo spero che abbiano notizie di Addison al più presto” spiegò Ali speranzosa.

Cassidy continuava a fissarla “La tua bella mogliettina l’ho vista fuggire via da scuola, è successo qualcosa?” chiese curiosa.

“No, nulla! E’ tornata la nostra amica Spencer. Io le raggiungo dopo al Brew” spiegò Alison emozionata.

E intanto, una preoccupante tempesta si stava abbattendo su Rosewood, mentre nel Brew, al riparo, Emily e Spencer si stavano abbracciando. “Sono arrivata giusto in tempo prima che venisse giù il diluvio!” spiegò Spencer continuando a stringere l’amica.

“Quanto mi senti mancata!” esclamò Emily emozionata. Le due poi si sedettero.

“Allora? Hai messo K.O. l’insegnante stronza?” chiese Spencer riferendosi a Cassidy.

Emily si guardò intorno un po’ spaventata “Zitta! Potrebbe essere qui, o avere delle spie che monitorano le mie mosse per capire quando è il momento giusto per farmi fuori” spiegò Emily un po’ buffa.

Spencer sorrise “E’ davvero così insopportabile come mi hai detto al telefono?” chiese Spencer curiosa.

Emily sbuffò “No! E’ questo il punto. E’ sempre brava, dolce, gentile. La amano tutti, e, beh, anch’io a volte. Però dovrei odiarla perché è continuamente appiccicata ad Alison” spiegò la giovane Fields.

“Magari le sta solo simpatica Ali e quindi vuole esserle amica” replicò Spencer. Emily però non sembrava molto convinta.

Intanto, i rumori degli alberi che picchiettavano sui vetri del locale, le distraevano. Si potevano sentire tuoni e lampi a dir poco spaventosi. Emily si alzò e andò verso la finestra, guardando fuori. “E’ incredibile. Non ha mai piovuto così tanto a Rosewood da quando ho memoria” esclamò la donna guardando verso il cielo grigio come la cenere.

“Forse è un segno del destino. Qualcuno non vuole che torniamo in questa città” rispose Spencer divertita. Emily ritornò a sedersi.

“Non hai ancora detto niente a tua madre del fatto che sei stata sospesa?” chiese Emily, sganciando una bomba niente male.

Spencer sospirò pensierosa. “No, non riesco. Come posso dirle che a causa di un caso che ho sentito fin troppo vicino, ho quasi aggredito la controparte in tribunale? Rimarrebbe fin troppo delusa da me” spiegò la donna.

“Ma prima o poi vedrà che non ti stai occupando di nessun nuovo caso. E se sarai costretta a lasciare il tuo appartamento a Los Angeles? Come farai?” Emily la stava tempestando di domande.

“Non lo so. Ci penserò al momento opportuno. Ora voglio solo rilassarmi e ritrovare un po’ di serenità” concluse Spencer. Emily la fissò piuttosto preoccupata. Conosceva bene la sua amica. Sapeva che stava semplicemente celando una preoccupazione piuttosto grande.

“Hai sentito Toby in questi giorni?” chiese poi Emily cambiando discorso.

Il volto di Spencer s’illuminò “Ci siamo visti a Los Angeles! Era lì con alcuni suoi amici del cantiere in cui lavora con Jason a New York, ed erano venuti per un concerto, e…L’ho raggiungo in hotel” spiegò lei con un sorriso che alludeva a molto.

“Ma voi due avete intenzione di parlare di questa cosa, oppure no?” chiese Emily.

“Di cosa dovremmo parlare?” chiese Spencer facendo finta di non capire.

“Beh, del fatto che siete amici di letto da quasi un anno?” chiese Emily.

Spencer non fece in tempo a rispondere, che subito le squillò il telefono. Era sua madre. “Pronto, mamma?” esclamò la donna. Spencer rimase ad ascoltare ciò che le stava dicendo la madre, e sbarrò gli occhi. Emily notò la preoccupazione negli occhi dell’amica “…Che cosa?” finì la giovane Hastings.

Poco più tardi, durante la serata, mentre la pioggia oramai scendeva a fiotti su Rosewood, Emily e Spencer, piuttosto fradice erano appena entrate nel commissariato. Nella sala comune, Veronica Hastings era in piedi di fronte a…Aria e Hanna. Le due, più in forma e belle che mai, ma con uno sguardo contrito, erano sedute vicine. Non appena videro Emily e Spencer, si alzarono e si lanciarono su di loro. Le quattro amiche si unirono in un meraviglioso abbraccio che palesava il bene che si volevano. In quel momento arrivò anche Alison, che si era allontanata per un caffè. La donna andò verso Spencer.

“Ehi, Spencer” esclamò, e le due si unirono in un caloroso abbraccio.

Dopo i saluti, le cinque amiche iniziarono a scambiarsi sguardi tra di loro. “Ma cosa diamine è successo?” chiese Emily confusa, mentre si strizzava i capelli che gocciolavano. Veronica Hastings si avvicinò alle ragazze. “Ero in commissariato per alcuni moduli per un caso che sto seguendo, e ho sentito che avevano trovato nuove prove riguardo alla sparizione di Addison Derringer, e che dovevano subito convocare voi cinque, quindi ho telefonato subito a Spencer” spiegò Veronica.

“Ok, ma cosa c’entriamo noi? Io nemmeno conoscevo quella mini-Alison” intervenne Hanna.

“Ehi!” rispose a tono Alison.

“Scusa! E’ che da come te ed Emily la descrivevate, era tipo una piccola progenie del demonio, un po’ come…” continuò Hanna.

“Com’ero io al liceo?” replicò Alison.

“Esatto!” terminò Hanna.

“Ok, ma perché convocare noi? Ti hanno detto qualcosa gli agenti?” chiese Spencer alla madre.

“Perché c’è sempre quella piccolissima scoperta che vi coinvolge in ogni singolo omicidio o sparizione che avviene in questa cittadina”, la voce forte e decisa del detective Tanner tuonò tra le mura della sala comune. La donna era in piedi sulla soglia del suo ufficio. Le ragazze la guardarono con evidente preoccupazione.

Poco dopo, le cinque ragazze erano sedute nella sala interrogatori, e la Tanner in piedi con in mano una busta contenente alcune foto.

“Si può sapere perché siamo state convocate? Io ho lasciato quello che stavo facendo a Firenze, per venire qua. Caleb, la mia bambina, il mio lavoro. Ci potrebbe dare una spiegazione?” incalzò Hanna polemica.

“Già, io ero a Chicago per la presentazione del mio libro” replicò Aria.

Quello che vogliono dire, è che, vorremmo sapere subito perché siamo state convocate, visto che tutte abbiamo i nostri impegni, e soprattutto alcune di noi nemmeno conoscevano questa Addison e non hanno mai avuto a che fare con lei” spiegò Spencer più pacatamente.

La Tanner si avvicinò al tavolo “Voi non conoscevate lei, ma lei a quanto pare vi conosceva benissimo al punto da odiarvi” spiegò la donna, e gettò sul tavolo quella busta contenente delle foto. Foto che fecero rabbrividire le ragazze.

“Ma che diavolo?” esclamò Aria prendendone alcune, così come le altre.

Di fronte a loro era pieno zeppo di foto di loro cinque insieme, di momenti felici, scatti fatti di nascosto, anche singolarmente, e tutte le foto erano imbrattate di un colore rosso sangue che in pratica copriva tutto il volto delle ragazze ritratte nelle foto. Una cosa alquanto inquietante.

“I genitori di Addison erano convinti che la ragazza avesse qualche nascondiglio segreto in casa o nelle vicinanze. Non hanno mai trovato nulla fino a che questa tempesta non ha distrutto un albero dietro casa Derringer, ed è lì che sono state trovate queste foto, insieme con altri oggetti personali appartenenti ad Addison” spiegò accuratamente la Tanner.

Le ragazze non riuscivano a staccare gli occhi da quelle macabre foto. “Ma non capisco, cioè, Addison ci ha spiato?” chiese Alison confusa.

“Mi sa che ci odiava anche un pochino a giudicare dal coltello disegnato in direzione del mio stomaco” intervenne Hanna tenendo in mano una sua foto in giro per New York.

“Tutto questo non ha senso. Perché una sconosciuta dovrebbe odiarci così tanto?” chiese Aria.

“E’ pur vero che Addison ce l’aveva sin dall’inizio con Alison ed Emily, o ricordo male?” intervenne Spencer.

“La signorina Hastings ha ragione. Sbaglio o lo scorso anno fu sospesa dopo che tentò di accusare lei, signorina Fields…” continuò la Tanner.

“Fields-DiLaurentis” la corresse subito Emily.

La Tanner quasi sbuffò “Sì, e dicevo, tentò di accusarla di molestie verso lei e le sue compagne?” ricordò la detective.

“Sì, è vero, ma penso che fosse una semplice bravata. Addison era molto, beh, diciamo molto vivace, se così si può dire” spiegò Emily.

“Era parecchio stronza da quel che sentivo dire in giro” intervenne Hanna.

“Sì, Addison Derringer si è applicata molto a scuola per farsi odiare da molti suoi compagni, è vero. Però solo di voi cinque abbiamo trovato queste foto. Ciò sta a significare che Addison vi odiava per qualche motivo in particolare. Siete sicure di non aver mai avuto nessun problema con quella ragazza?” chiese la Tanner, quasi insistendo.

“Detective Tanner, noi siamo delle donne adulte. Donne che hanno passato l’inferno, e lei lo sa benissimo. Le sembra normale anche solo lontanamente pensare che possiamo c’entrare con la sparizione di una ragazzina di sedici anni?” replicò prontamente Spencer.

La Tanner rimase zitta per un po’, e sospirò scrutandole una a una. “Ok, potete andare. Se ci saranno notizie, vi faremo sapere” concluse la donna. Le cinque amiche si alzarono di colpo intente a lasciare la sala interrogatori. Quindi arrivarono nella sala comune dove Veronica Hastings stava aspettando. Si alzò di colpo “Allora? Che è successo?” chiese la donna preoccupata.

“Speriamo niente di grave” intervenne Spencer.

I forti tuoni provenienti da fuori, spaventarono le ragazze. “Ok, mi sa che tu ed io questa sera dovremmo restare a dormire a Rosewood” intervenne Hanna all’indirizzo di Aria, che guardò verso le finestre del commissariato con uno sguardo spaventato. Era terrorizzata dai temporali.

Poco più tardi, tutte e cinque le ragazze erano sedute a un tavolo al Radley Hotel, intente a sorseggiare del buon vino. Spencer aveva l’aria pensierosa e lo sguardo perso nel vuoto, sembrava non ascoltare minimamente le amiche.

“Sono proprio curiosa di capire perché questa ragazzina ci spiava. Inoltre aveva quindici anni! Come poteva essere anche a New York?” chiedeva Hanna cercando di capirci qualcosa. Aria notò l’aria distratta di Spencer.

“Ehi Spence, tutto bene?” chiese la ragazza. Le attenzioni delle altre si posarono su Spencer che subito tornò in se.

“Come? Sì, sì, certo. Stavo solo riflettendo su Addison e anche su…Su Melissa” non appena Spencer pronunciò quel nome, un brivido percorse la schiena di tutte loro. Sentire il nome dello stalker che aveva tentato di rovinare la loro vita un anno prima, ancora le scuoteva parecchio.

“Non pronunciavi il suo nome da molto tempo” intervenne Emily.

“Beh, non era nemmeno il suo vero nome, quindi. Era Alex Drake” continuò Spencer tentando di mostrarsi forte.

“Perché pensi a lei?” chiese Alison.

“Perché Addison ci odiava senza un apparente motivo. E qualcuno l’ha di certo aiutata a spiarci di nascosto. E se, e se fosse stata Melissa? Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Potrebbe essere ovunque in questo momento. Anche qui a Rosewood, e può aver aizzato Addison contro di noi con qualche folle scusa” spiegò la donna.

“Ok, questa cosa mi da i brividi peggio dei vestiti che ho visto oggi per la nuova collezione” intervenne Hanna.

“Spencer, Melissa è morta. Wren le ha sparato più volte, e inoltre, è impossibile che sia sopravvissuta cadendo da quel dirupo. Non puoi vivere con la paura che lei torni da un momento all’altro” cercò di rassicurarla Aria.

“Invece vivo così. Vivo così ogni giorno sin da quando è caduta in quel fiume. Non riesco mai a chiudere occhio perché ho paura di trovarmela in casa. A Los Angeles, a casa, ho cinque serrature. Non riesco nemmeno a stare in giro con gli amici fino a tardi perché ho paura che possa sbucare da un momento all’altro. E non riesco nemmeno a instaurare dei bei rapporti da portare avanti perché ho il terrore che lei possa tornare e usare queste persone per far del male a me. Non riesco a vivere serena, mai. Ogni notte sobbalzo anche al minimo rumore. Non riesco nemmeno ad uscire per chiedere il sale alla mia vicina di casa. Io vivo così ogni giorno. Io non l’ho superata…Non, non riesco a superarla. Anche se lei dovesse essere davvero morta, è comunque riuscita nel suo intento. Ha rovinato la mia vita” Spencer era riuscita a sfogarsi. Uno sfogo doloroso e pieno di paura e rabbia. Uno sfogo che per troppo tempo aveva tentato di reprimere, perché non voleva mostrarsi impaurita. Non voleva far capire di non aver superato il trauma. Le faceva troppo male provare a lasciarsi andare e a piangere, ma ora era crollata. Lo stava facendo di fronte le sue amiche di sempre. Le lacrime le rigavano il viso come mai prima di quel momento. Alison, Hanna, Emily, e Aria la guardavano scosse e con gli occhi lucidi.

Aria si avvicinò a lei e le prese il viso tra le sue dolci e piccole mani. “Spencer, dovevi dircelo. Noi siamo qui per te. Siamo sempre state qui per te” spiegò Aria.

“Già. Bastava una telefonata e avrei lasciato tutto per raggiungerti” intervenne Hanna con dolcezza.

“Siamo riuscite a superare tutto perché siamo rimaste unite. Non smettiamo di esserlo proprio ora” aggiunse Emily.

Spencer tentò di ricomporsi. “…N-Non, non volevo mostrarmi come una persona debole. E voi tutte eravate oramai felici, eravate riuscite a superare la cosa, e non volevo darvi questo peso” continuò la giovane Hastings.

“Aiutare un’amica in difficoltà non è mai stato un peso. E questo tuo crollo, queste tue paure, non ti rendono debole” spiegò Aria continuando a tenerle dolcemente il viso.

“E allora cosa mi rendono?” chiese Spencer asciugandosi le lacrime.

“Umana” concluse Alison.

Quindi pian piano si avvicinarono tutte a lei e si strinsero in un bellissimo ed emozionante abbraccio.

Intanto, mentre la tempesta continuava imperterrita, un’agitatissima e fradicia Claire, era appena rientrata a casa, e salì subito in camera sua nascondendo qualcosa nel cappotto. Era terrorizzata, agitata. Tolse il cappotto scoprendo un coltello macchiato di un rosso che sembrava sangue. Lo posò subito sul letto e lo fissò mentre tremava in modo impressionante. Le squillò il telefono. Era un SMS da un numero anonimo. Subito lo lesse “Sbarazzati di qualsiasi prova, e ringrazia che non ti abbia coinvolto nella rovina di quelle stronze. Mi occupo io di Addison” Claire quindi gettò il telefono sul letto mentre l’agitazione saliva in modo piuttosto preoccupante e mentre non distoglieva lo sguardo da quel coltello.

Il mattino seguente, Rosewood era piena di spazzini, c’era la protezione civile, insomma, i danni causati dalla forte tempesta della notte precedente, erano molti. Alcuni cercavano di spostare dei tronchi caduti in mezzo alle strade, altri si occupavano di tamponamenti d’auto, c’era il delirio.

A casa Hastings, Veronica era intenta a fare colazione con una tazza di latte caldo e aveva un’aria pensierosa. Sentì scendere Spencer, e subito poso la tazza e fece un sospiro. Sembrava pronta a dire qualcosa alla figlia. Spencer apparve un po’ frastornata e avvolta nella sua vestaglia. Si avvicinò alla porta che dava sul giardino e notò come molti dei vasi della mamma erano praticamente a terra in mille pezzi.

“Caspita, ne ha fatto di danni la tempesta di stanotte, eh?” chiese Spencer mentre si avvicinò alla mamma, le diede un bacio e si diresse verso il frigo. Quindi prese del the fresco, ma non fece in tempo a prendere il bicchiere poiché sua madre la costrinse a fermarsi.

“Mi vedo con qualcuno!” Veronica Hastings sganciò la bomba in maniera impressionante, da lasciare Spencer attonita, e con lo sguardo fisso sulla madre.

“Ehm, puoi ripetere?” chiese Spencer.

Veronica cercò di ricomporsi e di spiegare con più calma “Sì, beh, mi, mi vedo con qualcuno. Volevo dirtelo da un po’ ma non trovavo mai il coraggio o il momento giusto, e ora che sei qui, ne ho approfittato” spiegò la donna.

“In che senso da un po’? Da quanto tempo ti vedi con qualcuno?” chiese Spencer divertita.

“Beh, da qualche mese, ehm, cinque esattamente. L’ho conosciuto durante un viaggio di lavoro a Chicago. Si chiama Craig, ed è un uomo davvero fantastico, guarda!” continuò la donna mostrando un lato di se quasi da ragazzina. Si avvicinò a Spencer e le mostrò alcune foto di Craig e lei insieme in crociera. Craig, a giudicare dalle foto, era un bell’uomo, sguardo seducente, sorriso smagliante e capello nero corvino. Veronica sorrideva felice mentre le mostrava le foto.

“Quindi la crociera che hai fatto un mese fa non l’hai fatta con la tua amica avvocato, vero? Eri con lui!” esclamò Spencer capendo il simpatico inganno della madre.

“Esatto! Ok, adesso rimproverami pure da buona Hastings, me lo merito” esclamò la donna mettendo giù il telefono.

Spencer le sorrise “Perché dovrei rimproverarti? Mamma, io sono felice per te invece” aggunse la giovane Hastings visibilmente felice per la madre. Veronica era incredula.

“Dici sul serio?” chiese mamma Hastings.

Ma certo! Ti meriti un po’ di felicità dopo tutto quello che hai passato. Ti meriti un uomo che riesca a meritarti, e se pensi che questo Craig possa essere quello giusto, provaci. La vita è troppo breve per vivere di rimpianti” spiegò Spencer saggiamente.

“Non so se è l’uomo giusto, ma so che ci sto bene. Con lui sono felice. Sento cose che una volta riuscivo a sentire solo per tuo padre. Voglio continuare a conoscerlo, e non vedo l’ora che lo conosca anche tu!” spiegò Veronica euforica.

“Ehi, ehi, con calma! Non c’è fretta!” esclamò Spencer divertita. Veroncia era visibilmente felice e serena, e a Spencer questo bastava. Voleva solo la felicità di sua madre dopo la vita di menzogne che aveva dovuto condurre. Doveva ricominciare a vivere.

Intanto, poco distante da Rosewood, in un bosco vicino alle montagne sperdute della Pennsylvania, un uomo, un contadino di circa ottanta anni, stava passeggiando allegramente con il suo bastone e il suo cane, un bellissimo pastore tedesco. L’uomo si faceva spazio tra le sterpaglie.

“Guarda Tom! Guarda che può combinare la pioggia!” spiegava l’uomo all’indirizzo del suo cane che era intento a farsi gli affari suoi e a gironzolare per il bosco pieno di roba di ogni tipo portata dalla tempesta.

Improvvisamente, il cane si fermò di fronte ad un albero e iniziò ad abbaiare e a ringhiare, e in seguito a scavare. Ce l’aveva con della terra smossa lì ai piedi dell’albero. L’anziano signore si avvicinò pian piano “…Tom, ma che hai che non va? Hai trovato qualche altro topolino?” chiese l’uomo avvicinandosi sempre di più. Il cane però continuava a scavare fregandosene del padrone.

L’anziano arrivò quindi lì dal cane “…Tom, allora cosa stai”, l’uomo non riuscì a finire la frase perché quello che vide lì dove la terra era smossa, lo sconvolse. Erano i resti di un bambino. Un bambino che non avrà avuto più di 9/10 anni. L’uomo guardò quelle minuscole ossa avvolte in una vecchia camicetta a quadri che probabilmente il bambino indossava, e aveva uno sguardo attonito, sbigottito.

A casa DiLaurentis invece, Alison era già sveglia e intenta a dar da mangiare alla piccola Grace. Emily la raggiunse ancora un po’ assonnata. “Perché non mi hai svegliata? Potevo aiutarti” spiegò Emily avvicinandosi a lei e dandole un bacio.

“Dormivi profondamente e non ho voluto svegliarti. Sei sempre tu quella mattiniera, quindi per una volta ho voluto sorprenderti” spiegò Alison sorridendole.

Emily si sedette e iniziò a dare dei dolci pizzicotti a Grace. “Lily ancora dorme?” chiese la donna. “Già, così come il caro zio Jason” intervenne Alison.

“Che carini che erano ieri sera, guarda qui!” esclamò Emily prendendo il suo telefono e mostrando ad Ali una foto scattata la sera prima e che ritraeva Jason, addormentato sul divano insieme alle piccole Grace e Lily.“…Sono contenta che con Jason le cose vanno meglio, sai?” spiegò Emily.

Alison sorrise. “A chi lo dici. In pratica è l’unico membro della mia famiglia che mi rimane, o almeno, l’unico membro sano” spiegò Alison.

“Hai paura che possa avere delle ricadute? Insomma, dopo la prima volta ha passato sei mesi andando dagli alcolisti anonimi, per poi rovinare tutti i progressi fatti al compleanno di Aria” spiegò Emily.

“E ora ci sta andando di nuovo. Penso ci voglia riuscire davvero stavolta. Ho fiducia in lui” rispose Ali speranzosa.

Intanto, i passi di Jason provenienti dal corridoio, attirarono l’attenzione delle due. Un Jason con i capelli arruffati con pigiama e pantofole apparve in cucina. “Buongiorno signore” esclamò lui.

“Buongiorno fratello” intervenne Alison.

Visto che è sveglio, ma hai parlato con Aria?” intervenne Emily.

Jason prese il latte dal frigo, palesemente scocciato.

Alison rideva sotto i baffi. “Spencer glielo ha già chiesto ieri” aggiunse divertita.

“Ecco appunto. Quando sarò pronto, le parlerò. Tanto chissà quando torna a Rosewood visto che ha il tour del libro” spiegò l’uomo, ignaro del fatto che Aria era a Rosewood.

“Jason, mi sa che devi aggiornarti su un po’ di cose avvenute ieri sera” spiegò Alison ridendo con Emily. Jason era confuso. Il campanello suonò di colpo. “…Chi sarà?” chiese Alison.

Emily si alzò e andò ad aprire, e non appena aprì la porta, rimase sbigottita. Ken DiLaurentis, il padre di Alison e patrigno di Jason, era lì in piedi di fronte a lei. La donna non disse una parola. Si voltò verso Ali e Jason, permettendo a Ken di entrare. Alison sbarrò gli occhi piuttosto incredula. Jason apparve anch’esso sbigottito ma anche furioso. Ken era lì di fronte a loro con uno sguardo davvero colpevole e abbattuto. “Ciao figlioli” aggiunse l’uomo. L’atmosfera fu spezzata dal suono dei cellulari di Emily e Alison che squillarono all’unisono. Emily prese il suo dalla tasca, e lesse l’sms, così come Alison. Le due, dopo aver letto l’sms, si guardarono.

“Che succede?” chiese Jason.

“E’ Spencer…Forse hanno trovato il corpo di Melissa” terminò Emily.

Intanto, all’obitorio della contea, Spencer era seduta nella sala d’attesa insieme a sua madre. Era agitata, i suoi piedi battevano all’impazzata sul pavimento, si guardava intorno. “Ma perché ci hanno dovuto chiamare per identificare il corpo?” chiese Spencer.

“Perché il corpo è stato ritrovato dalla polizia di Scrantford. La Tanner forse nemmeno è stata ancora avvisata” spiegò Veronica.

“Ok, ma se ci hanno chiamato, vuol dire che è davvero Melissa, cioè, vuol dire che lei, cioè” Spencer balbettava con evidente agitazione.

Il medico uscì dalla sala principale. “Buongiorno signore, potete entrare” esclamò l’uomo.

Veronica e Spencer si avviarono verso il lungo corridoio che avrebbe portato alla stanza in cui avrebbero dovuto riconoscere il corpo. Spencer poteva notare il corpo steso su una panca di metallo e coperto da un lenzuolo bianco, in fondo alla stanza. Più si avvicinava, più l’ansia aumentava. Non sapeva se voleva davvero vedere Melissa sotto quel telo. Non sapeva nemmeno lei cosa sperava di vedere sotto quel telo bianco. Ma aveva paura, una fottutissima paura.

“Il corpo della donna è stato ritrovato nel lago Heaven, praticamente lo stesso lago in cui sfocia quello in cui Melissa Hastings, a detta delle indagini, cadde quel giorno. Un’analisi in particolare indica che il corpo appartiene alla donna, ma bisogna avere una conferma certa da chi era più vicino alla vittima. Non avendo seguito bene il caso, mi sono solo informato, e non sono sicuro possa essere lei, per questo siete qui” spiegò l’uomo.

“Cosa le ha fatto credere che si trattasse di Melissa?” chiese Veronica Hastings.

“I suoi indumenti” spiegò l’uomo. Quindi arrivarono di fronte il corpo coperto da un telo. Il cuore di Spencer batteva all’impazzata, così come quello di Veronica. Quest’ultima prese la mano della figlia e la strinse forte, per farle capire che avrebbero affrontato insieme tutto.

“Pronte?” chiese l’uomo. Veronica e Spencer annuirono con la testa, e il dottore tolse il telo.

Spencer rimase a bocca aperta, sconvolta. “Oh mio dio”, solo questo esclamò.

In un momento successivo, la chiesa di Rosewood stava ospitando un funerale. Il funerale della donna sotto il telo bianco. I presenti in chiesa erano molti, tutti affranti, e in prima fila c’erano, Ava, Willa, Hadley, e Samantha, mentre di fronte a loro, la foto di Addison era posta accanto alla sua bara aperta. Nella bara, il corpo oramai senza vita di Addison Derringer. Era lei la donna in obitorio che vide Spencer sotto il telo.

Le quattro amiche erano tristi. Willa piangeva più di tutte. In fondo alla chiesa, alle ultime file, era seduta Claire, e aveva uno sguardo serio, fisso sulla bara aperta. Non distoglieva lo sguardo. Fuori dalla chiesa, ai piedi della scalinata, c’erano Alison ed Emily, mentre aspettavano la fine della cerimonia.

“Non doveva finire così” spiegò Alison con sguardo affranto e guardando verso l’altare con la bara aperta.

“E la cosa brutta è che mi sa che non è finita qui” rispose Emily.

In lontananza videro arrivare Spencer, Aria e Hanna. “Non siete entrate per niente?” chiese Hanna.

“No, sinceramente non ne posso più di funerali” intervenne Emily.

Le ragazze poi si guardarono intorno sperando che non ci fosse nessuno, e si unirono in cerchio per parlare in modo più privato. “Quindi Addison aveva addosso i vestiti di Melissa?” chiese Aria.

“Esatto. Ricordo ogni singolo vestito di Melissa, ed erano suoi. Inoltre indossava un braccialetto blu che le regalai io quando eravamo piccole e che non toglieva quasi mai. Era vestita da capo a piedi come mia sorella. Hanno subito analizzato i vestiti, pensando di rilevare il DNA del cadavere, ma hanno rilevato quello di Melissa, e quindi ci hanno telefonato” esclamò Spencer a voce bassa.

“A questo punto pensate che sia collegato alle foto che ha trovato la Tanner?” chiese Hanna.

“Potrebbe essere. Ma perché mettere in mezzo Addison? E poi perché il corpo è stato ritrovato solo ora? E perché con addosso i vestiti di Melissa, o Alex, o come diavolo si chiamava?” chiese Emily stizzita.

“Aria, Spencer, Hanna, Emily, e Alison, giusto?” un uomo in giacca e cravatta che Spencer riconobbe subito, si avvicinò alle ragazze. Era Craig, l’uomo che sua madre Veronica stava frequentando da un po’ di mesi.

“Sì, e lei chi sarebbe, oltre al tizio con cui esce mia madre?” chiese subito Spencer un po’ scontrosa.

“Cosa?” chiese Hanna.

L’uomo sorrise “Sei tale e quale a Veronica, forte e tenace. Beh, sì, frequento tua madre, ma è stato un fortuito caso. Io sono il detective Davis” esclamò l’uomo tirando fuori il distintivo.

“Oh mio dio, non ditemi che sta succedendo di nuovo!” replicò Hanna scocciata.

“Cosa dovrebbe succedere?” chiese il detective Davis.

“Nulla, è che oramai siamo abituati a funerali e polizia, ma credevamo di aver chiuso con queste cose” intervenne Aria.

“Beh, mi spiace. Comunque sono stato chiamato dalla mia collega, il detective Tanner, per affiancarla nelle indagini” esclamò l’uomo.

“Si sa qualcosa riguardo la sua morte?” chiese Spencer.

“Sì, si sa qualcosa. Addison Derringer morì il giorno prima del ritrovamento del suo cadavere” esclamò il detective, lasciando le ragazze senza parole.

“Cioè, vuole dire che durante tutto quest’anno, Addison era viva? E dove stava?” chiese Emily.

“Si presuppone che fosse nelle mani di qualcuno che la teneva segregata. I segni sulle mani della ragazza indicano che ha tentato di rompere qualcosa con pugni e graffi, forse una porta. E abbiamo bisogno di interrogarvi ancora” spiegò il detective.

“Ma perché? Noi non c’entriamo nulla con quella povera ragazza!” esclamò Hanna con fare scontroso.

“A giudicare da ciò che abbiamo trovato addosso alla ragazza, non credo proprio” continuò il detective.

“Che vuole dire?” chiese Spencer.

“Abbiamo trovato una vostra foto che risale ai tempi del liceo, non avrete avuto più di quindici anni in quella foto, e c’è un messaggio di Addison dietro. Lo abbiamo confrontato con la scrittura della ragazza presa dal suo diario” continuò il detective.

“E cosa dice la scritta?” chiese Emily.

“La pagherete per ciò che avete fatto” continuò il detective. Di fronte a queste parole, le ragazze si sentirono quasi a disagio e impaurite. Non riuscivano a capire cosa possa essere successo per portare Addison, una sconosciuta per loro, ad odiarle così tanto. “…Ovviamente sarete richiamate in centrale non appena avremo un attimo di tempo. Oggi è come se ci fosse un sovraffollamento di omicidi” continuò il detective.

Intanto le campane suonarono, il funerale era concluso e la gente stava uscendo fuori dalla chiesa.

“Che intende dire?” chiese Spencer.

“Hanno ritrovato i resti di un bambino morto diciassette anni fa, quindi c’è molto lavoro da fare. Ci faremo sentire presto” concluse l’uomo allontanandosi.

Le ragazze si scambiarono sguardi preoccupati.

“Ragazze, ma che diavolo sta succedendo?” chiese Aria.

“Non lo so proprio” intervenne Spencer.

Le ragazze rimasero a guardarsi intorno mentre la gente oramai lasciava la chiesa. Claire, furtivamente sgattaiolò via senza far notare la sua evidente agitazione, e mentre si allontanò, notò un’auto nera parcheggiata dall’altro lato della strada che subito attirò la sua attenzione infastidendola con i lampeggianti. Claire capì di chi si trattava. Si avvicinò all’auto mentre deglutì. Avevano un groppo in gola, era terrorizzata. Lo sportello si aprì e la ragazza entrò. Non appena si sedette, sobbalzò quando vide di fronte a lei una persona con una felpa nera, guanti neri, e volto coperto da una maschera sempre nera. Era una figura davvero inquietante. Claire si guardò intorno impaurita.

“Senti, i piani non erano questi! Addison è morta! Noi dovevamo, noi, quella notte hai fatto tutto di testa tua quando il piano era diverso, e ora guardo com’è finita! Dovevamo ragionare bene! Tu dovevi ragionare bene! Io ho anche nascosto il coltello, ma, h-ho, paura!” Claire era palesemente furiosa e impaurita.

Di colpo, la persona incappucciata le gettò addosso una foto. Claire la prese in mano. Era una foto che ritraeva il suo fratellino al supermercato con la madre. La ragazza quindi voltò la foto e sul retro c’era scritto “Tieni la bocca chiusa o loro due finiscono in un sacco per cadaveri”. Claire si sentì mancare la terra sotto i piedi. Voleva sprofondare. Sentiva il cuore batterle all’impazzata. La persona incappucciata aprì quindi lo sportello dell’auto e la invitò a uscire. Claire non disse nulla, si mise la foto in tasca e uscì dall’auto. Appena uscita subito si avviò verso la strada di casa, mentre il terrore l’aveva oramai divorata. E l’auto mise in moto e si allontanò sotto gli occhi indiscreti di tutti, anche delle ragazze, ignare di quello che stava per accadere nelle loro vite.

FINE PRIMO EPISODIO.

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by: Frà Gullo;

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