Luca – La mia recensione al nuovo film Disney Pixar;

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Ho visto Luca, nuovo film della Pixar interamente ambientato in Italia, precisamente in un borgo immaginario, Porto Rosso. L’ho trovato delizioso. Luca è stata una dolce poesia, una lettera d’amore alla nostra amata Italia, e no, non mi hanno infastidito quelli che potremmo reputare dei luoghi comuni legati al nostro Paese, perchè calzavano così bene in ogni situazione e scena che li ho trovati perfetti. Volente o nolente, la vespa, il mandolino, le vecchiette in piazza, i vecchietti che giocano a scopa, sono l’Italia. Sono la parte più emozionante di un’Italia che pian piano si evolve ma che strizzerà sempre l’occhio al nostro passato che molti ancora vivono in tantissimi e splendidi borghi italiani che sembrano fermi nel tempo come personaggi di un quadro immortale.

In Calabria, nella mia amata e odiata terra esistono davvero borghi come quello di Porto Rosso. C’è ancora la vecchietta che sta seduta in piazza a mangiare il gelato con le sue altre amiche, quasi tutte vicine di casa, mentre spettegolano su altre donne del paese e raccontando i drammi delle varie famiglie. Ci sono ancora i vecchietti che giocano a scopa seduti su quella che noi chiamiamo ‘a gabbietta’. C’è la vecchietta seduta sulla porta di casa a prendere aria mentre sventola il suo prendisole a fiori, c’è il signora furioso che ti urla dal balcone “Mo ve lo buco ‘sto pallone!”, e sì, è meraviglioso. E’ meraviglioso perchè rappresenta uno spaccato reale della nostra amata Italia, e in questo scenario si inserisce Luca. Luca, mostro marino che è un pò una Ariel all’italiana. Luca vuole scoprire il mondo degli umani, vuole conoscerli, vuole scoprire tutte le meravigliose e bizzarre cose che ci riguardano.
Ai miei occhi – però – Luca rappresenta anche tanto altro. Una dolce, timida e velata storia di coming out. Sì, perchè in qualunque modo vogliate metterla, da qualunque angolazione vogliate vederla, la Pixar con questo film ha fatto delle cose ben precise, ha voluto mandare un messaggio forte e chiaro. Poteva fare una cosa più chiara, concreta? Forse sì. Ma questo film ha una chiave di lettura queer, se così possiamo chiamarla, che è impossibile da non notare. Luca rappresenta un pò tutt* noi, è quel ragazzino che vive in una realtà che lo opprime, che non gli permette di essere se stesso, con dei genitori autoritari e all’antica che non riescono a capirlo e tentano di ‘cambiarlo’ mandandolo negli abissi. Poi Luca incontra quell’amico speciale. Quella persona che riesce a spingerlo oltre il limite, ad osare, a liberarsi dalla corazza e provare ad essere se stesso. Così chiara la parte in cui Alberto insegna a Luca a camminare, come metafora del riuscire a vivere lontani dal porto sicuro, da quella bolla in cui si viveva in tranquillità con la propria famiglia, protetti da ciò che stava aldilà della paura, Alberto lo spinge a vivere la vita, ad uscire allo scoperto, in superficie. Luca si ritrova in questo piccolo paesino un pò arretrato, dove forse tantissim* di noi sono cresciut* con la consapevolezza di essere ‘divers*’ ma con la paura di non essere accettat* da chi stava intorno a noi. Quante volte mi sono sentito Luca nella mia città, mentre a scuola ci si prendeva in giro a suon di ‘fr*cio!’ e io me ne stavo in un angolino sperando di non ‘essere scoperto’, come Luca che nasconde la sua identità di mostro marino. Luca è anche quello che per paura di non essere accettato va contro il suo amico Alberto. La metafora del coming out è dirompente, e sta nel fatto che Luca vuole uscire in superficie, vuole mostrarsi alla luce del sole, e quando lo fa, qaundo la gente impara a conoscerlo, riesce a trovare la forza di mostrarsi, andando sotto la pioggia e mostrando il suo vero aspetto, chi è davvero, ed è lì che accettano Luca e Alberto, quando si rendono conto che sono esattamente come gli umani. E quel simpatico colpo di scena delle due vecchiette è la lampante metafora che racconta che forse chiunque ha una persona nella propria vita che ha paura di uscire in superficie, di mostrare se stesso, eppure vive sotto mentite spoglie per paura di non essere accettato, ma confermando – come le due simpatiche vecchiette – che quelle persone non sono un pericolo per nessuno.

Sono amici, familiari, amanti, conoscenti. Siamo un noi. Luca rappresenta anche l’innocenza dei bambini, quei bambini che guardano tutto con occhi pieni di curiosità, riuscendo a viaggiare con la fantasia con una capacità strabiliante, ma Luca – come già detto sopra – rappresenta anche il ‘diverso’, rappresenta il coraggio di essere se stessi in un mondo che ti vorrebbe uguale a tutt*, omologato. Luca rappresenta il coraggio di mostrarsi come si è. Luca vuole insegnarci che non bisogna nascondersi, ma è importante come ti relazioni con gli altri, è importante ciò che hai nel cuore, ed è importante il bene che vuoi a qualcuno, aldilà delle differenze, delle barriere, di quei fastidiosi muri che tanti vogliono innalzare tra le persone. Luca rappresenta quel bambino che non fa distinzione, con una lampante lezione di vita sulla diversità, sul razzismo, sull’omofobia, e su come i bambini, i cui occhi non conoscono la malvagità, il rancore e l’odio, riescono a voler bene a chiunque, sono pieni di bontà, una bontà che scarseggia sempre di più nel nostro mondo.
Luca rappresenta anche la speranza di in futuro migliore, rappresenta quel bambino che vuole andare a scuola, diventare un bambino istruito, rappresenta la curiosità di saperne del mondo, rappresenta la speranza che tutt* abbiamo. La speranza che i bambini possano sempre essere curiosi, sempre affamati di vita, sempre pronti alle avventure, alle scoperte di un mondo che è lì per loro pronto per essere conquistato. La speranza di non fermarsi mai, di scoprire sempre, di rimanere sempre affascinati, di aprire sempre di più la mente. Un mondo pieno di colori, di persone diverse tra di loro ma che alla fine vivono tutt* sotto lo stesso cielo.

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