Pretty Little Liars 8 – FAN-FICTION – 8×12 “Race Against Time”

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“Race Against Time” – “Corsa Contro il Tempo”

Episode #812

 

Written by:

Frà Gullo;

 

 

CAST UFFICIALE:

Aria Montgomery (Lucy Hale)

Spencer Hastings (Troian Bellisario)

Hanna Marin (Ashley Benson)

Emily Fields (Shay Mitchell)

Alison DiLaurentis (Sasha Pieterse)

CAST SECONDARIO EPISODIO 12:

Toby Cavanaugh (Keegan Allen)

Mona Vanderwaal (Janel Parrish)

Addison Derringer (Ava Allan)

Ezra Fitz (Ian Harding)

Willa Davis (Sydney Sweeney)

Caleb Rivers (Tyler Blackburn)

Samantha Winson (Michele Selene Ang)

Hadley St. Germain (Celesse Rivera)

Ava Grant (Ana Markova)

Cassidy Harmor (Crystal Reed)

Nicole Gordon (Rebecca Breeds)

Kate Randall (Natalie Hall)

Ken DiLaurentis (Jim Abele)

Veronica Hastings (Lesley Fera)

Pam Fields (Nia Peeples)

Wren Kingston (Julian Morris)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Erano le 2 del mattino, e a casa Hastings, precisamente nel granaio, Spencer e Toby erano insieme intenti a visionare i vari filmini trovati sulla pennina USB di Addison. Quella che il detective Davis consegnò a Spencer, e che aveva ritrovato sul cadavere della giovane Derringer. Entrambi avevano uno sguardo esausto e stanco. Un’enorme borraccia di caffè era posta sul tavolino di fronte a loro e il PC stava mandando in onda un filmato di Addison. I due erano allo stremo delle forze.

Spencer si accasciò sul divano. “E’ tutta la notte che visioniamo questi video. Non c’è altro. O almeno, nient’altro che ci possa dire chi è Isabelle” spiegò la donna.

“Quello che non capisco è perché mancano parti del video. E’ come se avesse montato tutto a casaccio. Non ha senso” rispose lui levandosi gli occhiali da vista e strizzandosi gli occhi per prevenire il sonno.

Spencer si versò altro caffè “Perché dici così?” chiese intanto.

“Perché le sue amiche hanno detto che Addison era una maniaca della perfezione. Se aveva intenzione di aprire un canale online con i suoi video, secondo te lo avrebbe fatto così? Con dei filmati montati in modo talmente confusionario da non far capire nulla?” chiese lui perplesso.

“Questo è anche vero. Ma tanto è inutile. Abbiamo visionato il video, un centinaio di volte. Non c’è altro” continuò lei alzandosi in piedi e andando verso la cucina per posare la borraccia del caffè oramai vuota.

“Speriamo che Caleb riesca a trovare qualcosa almeno nel telefono trovate dalle ragazze. Altrimenti siamo punto e a capo” rispose lui.

“Continuo a chiedermi perché Addison ce l’avesse così tanto con tutte noi” spiegò poi Spencer riflettendo sulla cosa.

“Beh, Melissa le disse che la famiglia di Ali e quella di Emily probabilmente c’entrava con la sparizione del fratellino” rispose lui.

“Sì, ma quando Addison fu ritrovata, la Tanner ci mostrò delle foto ritoccate da Addison, in cui non sembrava che odiasse solo Ali ed Emily, ma tutte noi rispose la giovane Hastings.

“Pensi che probabilmente c’entrino anche i tuoi genitori?” chiese lui.

“Non solo i miei, ma anche quelli di Aria. Probabilmente hanno combinato qualche casino all’epoca, e da allora hanno mantenuto il segreto su ciò che è successo a Roger, e ora la sua pazza sorella si sta vendicando su di noi” rispose lei provando ad avere un quadro chiaro in testa.

La donna tornò sul divano e si accasciò nuovamente.

Toby poi la scrutò con attenzione. “Comunque, volevo scusarmi aggiunse di colpo e con tono rilassato.

“Per cosa?” chiese lei perplessa.

“Per Xavier. Ammetto di essermi intromesso, e non dovevo farlo. Quindi ti chiedo scusa” aggiunse lui facendo ammenda.

Spencer sorrise sorpresa. “Quindi avevo ragione io?” chiese lei gongolando e avvicinandosi di più.

“Sì, ma non vantarti troppo. E’ l’unica volta che ti darò ragione” rispose lui ridendo.

Spencer lentamente allungò la mano e toccò la coscia dell’uomo, avvicinandosi di più al suo viso.

“Ti va di stare insieme stanotte?” sussurrò lei con voce suadente.

Toby sembrava stesse per cedere. Li divideva solamente un respiro che avrebbero potuto colmare con un bacio passionale, ma di colpo l’uomo si scostò. “No, no, è meglio di no” rispose, e subito si alzò in piedi e prese in fretta la giacca.

Spencer apparve perplessa “Credevo, credevo che ti andasse. Non è di certo la prima volta che finiamo a letto insieme così di colpo. E’ più di un anno che va avanti questa storia” aggiunse lei.

“Forse inizio a scocciarmi di ciò” sbottò lui leggermente infastidito.

Spencer sbarrò gli occhi. “Che intendi dire?” chiese.

“Nulla, senti, è tardi. E’ meglio che io vada a casa. Ci vediamo domani. Buonanotte” Toby subito tagliò corto. Si sentì in estremo disagio, e subito uscì dal granaio lasciando la giovane da sola e in un tripudio di confusione a causa del suo comportamento.

La giovane Hastings quindi spense il PC e dopodiché si alzò dal e si diresse verso la camera da letto. Le squillò però il telefono. Era un sms. Spencer capì subito di chi si trattava. Aprì la chat, ma stavolta era qualcosa di diverso. Era stata inserita in una chat di gruppo chiamata “Truth”.

“Ma chi mi ha messo in questo gruppo?” chiese tra se e se. Notò che anche Aria, Alison, Hanna ed Emily, erano state aggiunte.

Di colpo, un numero anonimo inviò un allegato nel gruppo. Una mappa seguita dal seguente messaggio “Volete capire quanto siete fuori strada? Venite ora al 24 di Juncord Road e lo capirete. Il tempo scorre stronzette” Spencer lesse l’sms con parecchia perplessità e preoccupazione, e dopodiché aprì l’allegato con la mappa.

Poco dopo, in una buia e abbandonata strada di campagna, l’auto di Spencer aveva appena parcheggiato, e dietro di lei quella di Ali, e poi quella di Aria. Dall’auto di Aria uscì lei insieme con Hanna, entrambe in pigiama, pantofole e cappotto addosso. Alison ed Emily fecero lo stesso. Erano piuttosto infreddolite. Si guardarono intorno confuse.

“Ragazze, ma dove diavolo siamo?” chiese Aria spaventata.

Spencer notò un vecchio capanno poco distante da lì.

“Non lo so. Ma ho la sensazione che sia una trappola” intervenne Hanna spaventata.

“Ma dove avete lasciato le bambine?” chiese poi Aria all’indirizzo delle Emison.

“C’è Cassidy con loro” rispose Ali.

“Cosa pensate che voglia mostrarci?” intervenne Emily.

“Non lo so, ma la risposta è in quel capanno. E’ il numero 24 di Juncord Road. Andiamo rispose Spencer iniziando a dirigersi verso il capanno senza il minimo timore. Tutte la seguirono, mentre Hanna si aggrappò ad Aria in preda al terrore.

Poco dopo le ragazze si ritrovano nel capanno. Era piccolo, stretto, pieno di sterpaglia, di massi, c’era di tutto.

“Qui dentro non c’è niente” esclamò Emily guardandosi intorno.

“Questo pazzo si sta solo prendendo gioco di noi” intervenne Aria.

“Non lo so. C’è qualcosa di strano. Non lo sentite quest’odore?” chiese Spencer.

Improvvisamente, accadde l’impensabile. Dal soffitto oramai malandato, venne giù un qualcosa di orribile. Il cadavere di una donna cadde ai piedi delle ragazze. Era una donna mora, sulla trentina, molto bella, anche se il cadavere iniziava a essere in decomposizione, e con un colpo di pistola in fronte. Indossava solo la biancheria intima, e nient’altro. La scena era di un macabro senza precedenti. Le bugiarde subito indietreggiarono urlando in modo disumano.

“Oh mio dio…Oh mio dio!” intervenne Hanna terrorizzata e portandosi le mani alla bocca.

“Oddio, oddio, sto per vomitare” rispose Aria distogliendo subito lo sguardo non appena notò meglio le condizioni del cadavere.

Tutte erano sconvolte e sbigottite.

“Ma…C-Cosa, c-chi, chi è questa ragazza?” intervenne Emily tentando di capirci qualcosa. Nessuna di loro riusciva a tenere lo sguardo sul corpo quasi in decomposizione della donna.

I cellulari di tutte le ragazze squillarono all’unisono.

“No, vi prego” intervenne Aria.

Tutte tirarono fuori il telefono e lessero l’sms dello stalker. A leggerlo a voce alta fu Emily. “Vi presento Isabelle Maxfields. Riposa in pace. Baci, stronzette”. Lo stalker aveva fatto trovare loro il cadavere di Isabelle Maxfields. La donna che per settimane credevano si nascondesse dietro le minacce, era lì ai loro piedi, senza vita. Erano nuovamente punto e a capo?

SIGLA.

 

 

Poco più tardi, le ragazze erano sedute nella sala interrogatori del commissariato di Rosewood. Sembravano piuttosto esauste e disorientate. Spencer stava con la testa accasciata sul tavolo. Aria ticchettava con le unghie sul tavolo. Ali ed Emily con lo sguardo perse nel vuoto. Hanna sembrava l’unica più ‘sveglia’.

“Ragazze, dite che abbiamo fatto bene a chiamare la polizia?” intervenne la bionda.

“Assolutamente. Stiamo parlando di un cadavere. Dovevamo chiamarli” rispose Aria.

“Ok, ma ora cosa diremo quando chiederanno spiegazioni?” replicò Hanna.

“Qualcosa effettivamente dovremmo dire” ribatté Aria guardando anche le altre.

“Diremo la verità” esclamò Spencer lasciando le amiche di stucco.

“La verità? Cioè, dici, proprio la verità? Intendi…” Hanna era confusa.

Sì, intendo la verità sullo stalker. Su quello che abbiamo scoperto su Roger, Addison, Isabelle. Sul coinvolgimento dei nostri genitori nella scomparsa del bambino. Diremo tutto Spencer sembrava alquanto decisa.

“Spence, ma, potrebbe essere pericoloso” rispose Aria.

“Aria, oramai non abbiamo più nulla da perdere. Come potremmo mai spiegare perché ci trovavamo in quel capanno con quel cadavere? Dobbiamo dire la verità. O almeno la maggior parte, e lasciare che per una volta anche la polizia ci dia una mano” continuò Spencer senza tirarsi indietro.

Contemporaneamente, Alison se ne stava a controllare il cellulare con le mani nascoste sotto il tavolo. Come a non volersi far beccare dalle amiche e dalla moglie. Emily però se ne accorse, ma non disse nulla poiché Ali lo rimise in tasca pochi secondi dopo. Non prima di aver inviato un sms. La giovane Fields era confusa, perplessa riguardo allo strano comportamento della moglie.

“Ok, allora, allora diremo la verità” intervenne Hanna.

 “Ragazze, ma siamo sicure che quel cadavere appartenga proprio a Isabelle? Alla nostra Isabelle?” domandò Alison mettendo la pulce nell’orecchio delle amiche..

“Isabelle Maxfields, sì, appartiene a lei” la voce sicura e dura del detective Tanner, le fece sobbalzare. La donna riccioluta era lì di fronte a loro, la porta era aperta e lei stava lì, con il suo solito sguardo accusatorio e con dei documenti in mano. Le fissava una a una pronta a far loro un interrogatorio di quelli veramente vincenti.

Nel frattempo, a casa Fitz, Ezra aveva appena aperto la porta a un Caleb piuttosto agitato. Appena entrato, trovò Mona e Toby già seduti al tavolo e intenti a visionare i video presenti sulla pennina USB di Addison.

“Ehi, scusatemi ho dovuto lasciare Regina con Ashley. Allora, ci sono novità?” chiese Caleb parecchio ansioso e andando verso il PC.

“E cos’hai detto alla signora Marin?” domandò Mona curiosa.

“Che dovevo portare Hanna in ospedale per un mal di pancia. Spero se la sia bevuta. Novità dalle ragazze?” rispose Caleb ansioso.

Toby si alzò lasciandogli il posto. “Ancora niente. Le stanno trattenendo in centrale” spiegò Toby.

“Ma quindi cosa significa? Che Isabelle non è lo stalker? E’ qualcun altro che fa le sue veci?” chiese Ezra perplesso.

“Potrebbe essere qualcuno che era vicino a Isabelle e a Roger, e che ora sta facendo quello che Isabelle avrebbe voluto fare. Torturare le ragazze per ciò che fecero i loro genitori” rispose Mona.

“Il padre di Roger? Alan Maxfields? Potrebbe essere lui” chiese Toby.

“No, lo stalker lo ha fatto sparire dalla circolazione non appena iniziò a parlare troppo con le ragazze” replicò Mona.

 “Allora probabilmente è Nicole” intervenne Ezra.

“Sei sicuro di ciò che dici?” chiese Toby.

“Non lo so. Però Addison doveva incontrarsi con qualcuno nell’appartamento di Nicole. E lei andava alla St. Balance con Isabelle. Deve pur significare qualcosa ribatté Ezra parecchio confuso.

“Se solo riuscissi a trovare altri pezzi del video di Addison. Sono sicuro che potremmo capire qualcosa in più” aggiunse Caleb continuando a smanettare tra quei tanti video di Addison.

“Ma poi per quale motivo mancano delle parti?” intervenne Toby.

“Secondo me qualcuno ha fatto una copia tagliuzzata del video originale, e ha messo questa pennina sul corpo di Addison il giorno in cui è morta” rispose Mona iniziando a intuire qualcosa.

Di colpo, il PC emise un suono strano. Tutti prestarono attenzione.

“Che è successo?” chiese Ezra.

“Ho, ho appena ricevuto una mail“ rispose Caleb piuttosto sorpreso.

“Da parte di?”  chiese Ezra curioso.

“Non lo so, è anonima. Non c’è l’indirizzo” spiegò Caleb aprendo il pop-up che si era aperto sulla schermata.

“Non dirmi che è..” continuò Mona alludendo allo stalker. Caleb attendeva l’apertura della mail.

“Allora? Quanto ci vuole?” chiese Toby.

La mail si aprì, e apparve una foto. Una foto che raffigurava l’interno del vecchio capanno abbandonato dove Addison fu tenuta prigioniera. Il capanno dove, la famosa notte della scomparsa di Addison, lo stalker e Claire portarono Addison.

“Ma, quello, quello è il capanno dove Claire e lo stalker portarono Addison. Ricordo il luogo. Lo fecero vedere al notiziario quando arrestarono Claire” rispose Mona sorpresa.

“Ma perché ti hanno inviato questa foto?” chiese Toby confuso.

“Io…Io non lo so rispose Caleb, iniziando ad andare nel pallone.

Di colpo apparve un messaggio sopra la foto. E diceva “In quel capanno si trova una videocamera nascosta. Potreste scoprire la verità. Andate” Caleb, Ezra, Toby e Mona lessero il tutto piuttosto confusi e sbigottiti.

 “Oh mio dio” intervenne Mona capendo.

I ragazzi rimasto in silenzio per pochi secondi, tentando di metabolizzare la cosa.

“Ragazzi, sapete cosa significa questo?” chiese Toby incredulo.

“Che probabilmente questa videocamera nascosta ha ripreso tutto” rispose Caleb.

“Ha ripreso tutto quello che è successo in quel capanno” continuò Mona.

“Forse anche il momento in cui Addison è stata uccisa” ribatté Ezra.

“Aspettate, ma vogliamo fidarci di questa mail? Non sappiamo nemmeno chi l’abbia scritta” intervenne Toby provando a ragionare.

“Motivo in più per andare a controllare. Se qualcuno ha deciso davvero di aiutarci, potremmo scoprire cosa è successo ad Addison” rispose Caleb.

“Io credo che dovremmo andare a controllare questo capanno. E’ probabile che quella videocamera abbia ripreso l’assassino di Addison. Dobbiamo andare a dare un’occhiata” terminò Ezra con estrema decisione.

E più tardi, al commissariato, la faccia sconvolta e confusa del detective Tanner faceva capire solo una cosa: Aria, Spencer, Hanna, Emily e Alison, avevano rivelato ogni cosa. Ogni dettaglio. Ogni mistero. La donna tentava di far mente locale in testa, e di assimilare tutte quelle informazioni ricevute da poco. Le ragazze la osservavano ansiose di sentirle dire qualcosa. La più impaziente sembrava Hanna.

“Allora? Ci crede?” chiese di colpo.

La Tanner scrutò la bionda. Sospirò “E’ difficile non credervi visti i precedenti con voi, ragazze” rispose la donna facendo anche un po’ d’ironia.

Tutte tirarono un sospiro di sollievo. “…Però, fatemi capire bene. Qualcuno vi sta nuovamente perseguitando per qualcosa che hanno fatto alcuni dei vostri genitori, insabbiando la morte di quel bambino, Roger Maxfields, nonché fratello della donna ritrovata morta questa notte, e di Addison Derringer. Giusto?” riassunse la detective.

“Sì, e qualcuno ha ucciso Addison perché probabilmente aveva scoperto cosa fosse successo al fratellino” intervenne Ali.

“Quindi, quindi pensate che sia stata uccisa da uno dei vostri genitori?” chiese la Tanner.

Le ragazze si scrutarono tra di loro, quasi con paura nel rispondere.

“S-Sì, crediamo di sì” rispose Hanna prendendo coraggio.

La Tanner rimase a riflettere, e abbassò lo sguardo per leggere il referto dell’autopsia che aveva di fronte.

“Può, può dirci qualcosa di questa Isabelle?” chiese Spencer.

“Non c’è molto da dire. 37 anni circa. L’autopsia ha rivelato che è stata uccisa circa una settimana fa con del veleno per topi, e i risultati indicano che si tratta di Isabelle Maxfields, che voi mi dite, essere la sorella maggiore del bambino i cui resti sono stati ritrovati più di un mese fa, non è vero? Ma sembrano non esserci informazioni su questa ragazza. Ho trovato alcune notizie solo fino ai suoi 18 anni, e poi sembra come essere svanita nel nulla” continuò la Tanner.

“Sì. Isabelle era stata cacciata di casa, e nessuno aveva più notizie di lei. Per questo nessuno ne aveva mai sentito parlare. Dopo l’incidente avvenuto alla scuola d’arte, inscenò il suo suicidio e sparì. Probabilmente ha poi cambiato nome, per questo dopo i 18 anni non ci sono più sue notizie” spiegò Aria in modo accurato e preciso.

“Laura Cooper e il suo nuovo marito, Robert Derringer, poco dopo la scomparsa di Roger, lasciarono Rosewood e si trasferirono in Svizzera. Tornarono a vivere qui a Rosewood 10 anni dopo, e Laura divenne Felicity Derringer, la madre di Addison. Isabelle oramai non faceva più parte della loro vita” rispose invece Spencer.

 “Una storia molto interessante. Però non mi avete ancora detto una cosa essenziale. Da chi avete saputo di questa Isabelle?” chiese la donna.

Calò il gelo. Spencer ricordò subito che tale nome uscì fuori prima da Wren e dopo da sua sorella Melissa. Poteva rivelare alla Tanner del ritorno di Alex Drake in città? Melissa era una persona instabile mentalmente, e avrebbe potuto far del male a qualcuno. Ma oramai, le vite di tutti loro erano in pericolo. Nessuno era al sicuro, e oramai era arrivato il momento di scoprire le carte.

“Posso dirglielo io” intervenne quindi la giovane Hastings con coraggio.

“Spence, sei sicura?” chiese Aria.

Spencer rimase con lo sguardo fissa sulla Tanner. “E’…E’ stata Alex Drake. Mia sorella finì Spencer senza battere ciglio.

La Tanner sbarrò gli occhi. Non riuscì a rispondere subito. Era sconvolta “Signorina Hastings, mi sta dicendo che, che Alex Drake è viva, ed è qui a Rosewood?” chiese incredula e tentando di rimanere calma e lucida.

“Si mise in contatto con me qualche giorno fa, e ci siamo incontrate. Lo so, ho sbagliato, e so che abbiamo infranto un’infinità di leggi ora che sa cosa è successo in queste settimane. Ma non sappiamo più cosa fare. Abbiamo bisogno del suo aiuto” rispose Spencer.

“Credevamo che la persona che ci sta perseguitando fosse Isabelle, ma a questo punto non è così” intervenne Emily.

La Tanner era perplessa e confusa. Non sapeva, per la prima volta, come muoversi o cosa pensare. Quindi si alzò. “Voi potete andare. Diramerò subito un mandato di cattura per sua sorella, tanto per cominciare” spiegò la Tanner piuttosto decisa e motivata.

 “E per questo folle che ci perseguita che si fa?” chiese Emily.

“Beh, c’è l’indi-“, Hanna tentò di parlare dell’indirizzo di casa di Nicole Gordon, ma Aria le diede un pizzicotto per farle capire di stare zitta. La Tanner non se ne accorse.

“E’ vero, avete infranto un sacco di leggi, e avete sbagliato a non venire subito da me. Soprattutto vista la storia che mi avete raccontato sul detective Davis. E’ una cosa che avete sempre fatto in passato, tentare di risolvere tutto da sole. Ma è pur vero che oggi siete qui a dirmi tutto. Quindi siete cambiate. Sarò io personalmente a occuparmi delle indagini. Voi statene fuori. E soprattutto, nessuno dovrà sapere di questa storia la Tanner sembrava alquanto decisa e precisò l’ultimo punto.

“Nessuno? Intende dire che neanche le nostre famiglie devono saperlo?” chiese Hanna confusa.

Esattamente. Questa volta non si tratta di qualcuno che sta cercando di rovinarvi la vita. Questa persona ha spezzato delle vite. E’ qualcosa di molto più grande di quello che avete affrontato in passato. Se questo folle sapesse che anche le vostre famiglie sanno la verità, potrebbe far loro del male. E non possiamo permetterlo spiegò giusta la Tanner.

“Quindi sarà una sorta d’indagine nascosta?” chiese Spencer.

“Giusto. Me ne occuperò io con un altro paio di agenti fidati. E risolverò la faccenda. Voi però dovete starne fuori, se ci riuscite concluse la detective speranzosa, ma consapevole che non si sarebbero mai fermate dall’indagare loro stesse.

Le ragazze si alzarono quindi dal tavolo e uscirono dalla sala insieme alla Tanner.

“Vi farò sapere non appena avremo degli aggiornamenti. Ora andate a casa a dormire, ne avete bisogno” la Tanner era ansiosa di iniziare le ricerche, e subito si diresse nel suo ufficio con passo svelto. Le ragazze rimasero nei corridoi da sole.

“Perché non hai voluto che le dicessi di Nicole?” chiese poi Hanna ad Aria, a voce bassa.

“Perché di Nicole ce ne occupiamo Ezra ed io. Non siamo ancora sicuri che c’entri qualcosa” rispose Aria.

“Addison doveva incontrare qualcuno nel suo appartamento. E andava nella stessa scuola d’arte di Isabelle. Quante provo ti occorrono?” chiese Emily un po’ scontrosa.

“Quante bastano per esserne sicura e per non ripetere gli stessi errori del passato. Andiamo a casa rispose Aria stizzita e dirigendosi all’uscita del commissariato. Le amiche quindi fecero lo stesso. Mentre uscivano, Alison era nuovamente attaccata al telefono, ed Emily se ne accorse nuovamente.

“Ali, tutto ok? E’ tutta la sera che ti vedo con il cellulare in mano” chiese Emily curiosa.

“Cosa? Ehm, s-si, si. Stavo solo controllando se le bambine stessero bene. Andiamo Ali rispose in fretta e subito mise il cellulare in tasca uscendo dal commissariato, seguita da una dubbiosa Emily.

Il mattino seguente, il sole splendeva alto a Rosewood, e al liceo, nel cortile della scuola, una Willa pensierosa se ne stava seduta in disparte a contemplare i ragazzi che chiacchieravano e si divertivano tra di loro. Fu poi raggiunta da Hadley, Ava e Samantha appena uscite in cortile e con i libri in mano pronte per la lezione.

“Ehi tesoro, che fai qui tutta sola?” chiese Hadley mentre tutte si sedettero vicino a lei.

“Nulla. Guardavo i nostri compagni divertirsi, e li invidiavo” rispose Willa.

“Perché parli così?” chiese Samantha.

“Andiamo, ragazze. Come possiamo minimamente pensare a divertirci, o alla scuola, quando c’è un pazzo a piede libero che non vede l’ora di farmi fuori, e magari di far fuori anche voi com’è già successo con Addison?” ribatté Willa un po’ incazzata.

“Spencer e le altre si stanno occupando della faccenda. Hanno superato cose ben peggiori. Sai che riusciranno a prendere questo pazzo” rispose Hadley tentando di rassicurare l’amica.

Hadley, tu però parli così perché Spencer era il tuo personaggio preferito nel libro” ribatté Ava.

Hadley le lanciò un’occhiataccia.

“Ciò non significa che non dobbiamo aiutarle. Siamo coinvolte anche noi ormai. Siamo state noi a trovare il telefono, e siamo state noi a consegnare la foto di Isabelle. Dobbiamo continuare ad aiutarle. Lo dobbiamo ad Addison” rispose Willa decisa.

“Ieri non la pensavi così” aggiunse poi Ava con tono provocatorio.

“Che vorresti dire?” ruggì Willa.

Voglio dire che hai sputato sul ricordo della nostra amica come se per te non valesse nulla, e ora dici di dover aiutare in onore di Addison. Quindi mi viene difficile crederti” rispose Ava.

“Io non ho sputato su niente. Ma penso sia un dato di fatto che Addison sia stata una pessima amica per noi. Questo non significa che non voglia darle giustizia. Le volevo comunque bene continuò Willa convinta delle sue parole.

“Ragazze, possiamo smetterla di litigare tra di noi? Dovremmo rimanere unite. Soprattutto ora intervenne saggiamente Samantha provando a portare la pace.

“Sam ha ragione. E’ proprio questo quello che vuole lo stalker. Dividerci. Se ho imparato qualcosa dal libro di Aria, è che l’unica cosa che le ha fatte andare avanti e le ha aiutate a risolvere ogni situazione, è stato il fatto di essere rimaste sempre unite. Loro cinque non si sono mai divise. Hanno sempre potuto contare l’una sull’altra, e questo le ha salvate tante e tante volte. Dobbiamo essere come loro. Dobbiamo rimanere unite” Hadley rispose saggiamente e dicendo il giusto.

Improvvisamente, i cellulari di tutte e quattro squillarono all’unisono. Un brivido di paura pervase tutte loro.

“E’, è una semplice coincidenza, il fatto che abbiano squillato tutti insieme, vero?” chiese Ava spaventata.

Le ragazze tirarono fuori il telefono. Era un sms. Un sms dallo stalker.

“Oh mio dio” esclamò Hadley.

“Ce l’ho anch’io” rispose Samantha.

“Lo stesso” ribatté Ava.

“Se la verità volete avere, al punto centrale del bosco dovete andare” Willa lo lesse ad alta voce.

“Ma che cosa vuol dire?” chiese Ava.

La Roccia dei Baci. E’ quello il centro del bosco” rispose Willa.

“Ma certo!” rispose Hadley.

“Quindi, l-lo stalker ha lasciato qualcosa lì per noi? Ma perché?” chiese Samantha.

“Dite che sia stato realmente lo stalker?” domandò Willa.

“Non lo so, ho paura che sia una trappola” rispose Hadley.

“Può essere. Come può essere che sia vero. Oramai siamo alla fine dei giochi. Dobbiamo rischiare. Andiamo” concluse Willa perplessa e spaventata, per poi rientrare nella scuola con passo svelto, seguita dalle amiche.

E intanto al Brew, Emily teneva in mano un volantino che pubblicizzava qualcosa, ovvero la “Festa di Beneficienza Invernale per i bambini dell’ospedale pediatrico di Philadelphia” organizzata dalla comunità di Rosewood, e che si sarebbe tenuta al municipio della città. Alison se ne stava accanto a lei con gli occhi fissi sul cellulare. Totalmente assente.

“Puntuale come ogni anno la festa di beneficienza, eh?” chiese Emily ad Ali mostrandole il volantino.

Alison però non le rispose. Era al telefono. Nuovamente intenta a messaggiare con qualcuno.

 “Ma che stai combinando?” chiese Emily.

Alison alzò lo sguardo e subito bloccò la tastiera del telefono. “Cosa? No, n-niente. Io, niente, stavo, stavo, beh, stavo messaggiando con Jason, sì. Stavo parlando con mio fratello” spiegò la donna rispondendo alla svelta.

“E’ successo qualcosa?” chiese Emily confusa.

“Diciamo che sta avendo dei problemi al centro. Vorrebbe uscire un po’, vedere le bambine, ma oramai daranno i giorni di visita ai familiari per il periodo di Natale. E non sa se riuscirà a resistere” spiegò Alison.

“Potevi dirmelo invece di inventare scuse. Lo sai rispose Emily.

“Sì…Sì, hai ragione. Scusami” replicò Alison. Il suo sguardo sembrava triste e intriso di senso di colpa.

“Piuttosto, hai capito qualcosa per quanto riguarda Isabelle? Magari vedendola in volto l’hai riconosciuta?” chiese Emily.

“No, niente. Probabilmente è solo il nome di uno degli alunni del primo o del secondo anno, chissà tagliò corto Ali.

“Fino l’altro giorno ti disperavi per capire come mai ricordassi quel nome, e ora sostieni la mia teoria?” chiese Emily dubbiosa.

“Sì, perché ho capito che probabilmente era così. Inutile continuare a parlarne” ribatté Alison.

La situazione sembrava alquanto strana e tesa. Emily però tentò di non scomporsi nonostante lanciasse strani sguardi alla moglie.

“Notizie di tuo padre? Lo hai sentito?” replicò Emily.

“Mi ha scritto questa mattina con l’indirizzo del motel in cui sta alloggiando. Ma non saprei che farne” ribatté Alison un po’ delusa. Poi prese il suo caffè e iniziò a berlo con uno sguardo preoccupato.

“Vorresti andare a parlarci?” chiese Emily.

“Per dirci che cosa? Per sentirlo mentire ancora una volta? Non ci tengo replicò Alison.

“Però so che ti preoccupi per lui. Te lo si legge in faccia Ali” rispose Emily guardandola intensamente.

Ali sembrava alquanto pensierosa. “Senti, possiamo cambiare discorso?” chiese cortesemente.

“Ok, come vuoi. Parliamo di ieri sera. Tu dici che abbiamo sbagliato a dirle la verità?” replicò Emily.

“No, non credo. Oramai qualsiasi cosa facciamo, questo folle sarà sempre dieci passi avanti a noi. Tanto vale tentare di tutto per fermarlo. E’ una brava detective nonostante tutto. Sa il fatto suo. E l’idea delle indagini nascoste, mi sembra ottima” rispose Alison.

“Hai letto il messaggio che ci ha inviato questa mattina? Il cadavere aveva anche lo stesso tatuaggio di cui parlò Claire. Lo stesso che aveva lo stalker la notte che abbiamo salvato Willa dopo l’incidente, e anche quello che aveva Isabelle nella foto che il signor Derringer ha consegnato a Willa e alle altre” spiegò Emily.

“Sì, ho letto il messaggio” rispose Ali scocciata.

Emily non sembrava convinta. “Però è fin troppo strano” rispose la donna.

“Cioè?” ribatté Ali perplessa.

“Cioè, eravamo vicine a scoprire verità, a capire chi fosse Isabelle, e di colpo questo pazzo ci fa ritrovare proprio il corpo di Isabelle, con lo stesso tatuaggio di cui ci aveva parlato Claire, e che abbiamo visto anche noi. Sembra tutto fin troppo preparato” spiegava Emily.

“Senza contare che Claire voleva dirci chi fosse. E se è stata uccisa per questo, significa che noi conoscevamo questa persona” ricordò Alison.

“Ho come la sensazione che questo stalker si stia prendendo gioco di noi ancora una volta” concluse Emily convinta delle sue parole.

In quel momento, nel Brew entrò Pam Fields. La bella e raggiante mamma di Emily apparve lì nel bar, sorridente e con le piccole Grace e Lily nel passeggino. Non appena vide Ali ed Emily, fece un cenno e le raggiunse.

“Oggi comunque parlerò con mamma. Voglio capire se sa qualcosa riguardo papà” aggiunse Emily in fretta e a denti stretti.

“Ciao ragazze!” esclamò Pam sorridente.

Ali ed Emily si ricomposero subito, e le sorrisero.

“Salve signora Fields” rispose Ali.

“Ciao mamma” terminò Emily, tentando di non scomporsi.

Il telefono di Alison squillò. Lo tirò fuori e lesse qualcosa. Dopodiché alzò lo sguardo. “Ehm, io ora devo andare. Mi vedo con Cassidy. Le avevo promesso che avremmo preso un caffè insieme. Noi ci vediamo dopo, ok?” intervenne la giovane DiLaurentis alzandosi in fretta. Poi andò verso il passeggino con dentro le sue bambine. “…Ciao amori miei!” e diede loro un forte bacio.

“Ok, a dopo allora” ribatté Emily. Ali diede un bacio anche a lei.

“Certo! A più tardi! Buona giornata signora Fields” Alison terminò in fretta e scappò più veloce della luce.

Emily rimase a guardarla sfrecciare via. La sua confusione in testa aumentò in modo esponenziale.

A casa Hastings invece, in cucina, Spencer stava bevendo il suo amato caffè ed era al PC intenta a spulciare il profilo facebook di Nicole Gordon. Leggeva tutto con attenzione. Dal giardino rientrò mamma Hastings, e subito Spencer si fermò.

“Ehi mamma! Trovato il cappotto?” chiese Spence.

“Sì. Per fortuna. E’ assurda la quantità di miei vestiti che ti sei portata nel granaio” rispose la donna mettendo addosso un bellissimo e appariscente cappotto grigio.

“Non è colpa mia se hai buon gusto nel vestire” replicò Spencer sorridendole.

“Oggi ho un sacco da fare con i preparativi della festa di beneficienza per l’ospedale pediatrico. Ci sarai, vero?” chiese mamma Hastings.

“Penso di sì. Anche se non muoio dalla voglia di vedere i ricconi di Rosewood fingere di interessarsi ai bambini bisognosi, solamente per apparire sulla prima pagina del Rosewood Oberserver” rispose lei ironica e pungente.

“Puoi venire per me, siccome sono una delle organizzatrici. Che dici?” chiese Veronica con occhi speranzosi.

Spencer le sorrise “Non mancherò”.

Dopodiché squillò il telefono di Veronica. Tirò fuori il cellulare e lesse l’sms che le era appena arrivato. Accennò un sorriso ironico e infastidito. “Che bugiardo” esclamò tra se e se.

“Di chi parli?” chiese Spencer sorpresa.

“Di Craig” rispose Veronica di getto.

Spencer s’irrigidì. Non doveva farle capire nulla. Non voleva coinvolgerla. “Ah, s-si, si è fatto vivo alla fine?” chiese lei.

“Già. Solamente per dirmi che stava avendo dei problemi familiari, e che doveva allontanarsi da Rosewood per un po’, per capire cosa fare della sua vita. E che aveva bisogno di una pausa. Oggi mi ha scritto un semplice ‘Buongiorno. Spero tu stia bene e che stia andando avanti con la tua vita, baci, Craig spiegò Veronica alquanto infastidita.

“Beh, è, è stato sincero almeno, no?” rispose la giovane Hastings.

“Tesoro, questa non è sincerità. Queste sono le bugie di un uomo che non vuole dire la verità alla propria donna” aggiunse mamma Hastings chiara e concisa.

Spencer abbassò lo sguardo e bevve subito il suo caffè tentando di apparire tranquilla.

A squillare questa volta fu il telefono di Spencer. Era un sms di Hanna. “Siamo nel granaio. Vieni subito”, appena letto l’sms, la giovane Hastings si alzò di corsa.

Poco dopo, Spencer, Mona, Hanna, Caleb, Aria, Ezra e Toby, erano insieme nel granaio, e Caleb stava mostrando alle ragazze il messaggio che gli era arrivato per posta con la foto del capanno in cui Addison fu tenuta prigioniera. Tutti erano super attenti.

“Vi rendete di cosa significa?” chiese Aria sorpresa.

“Che qualcuno ci sta tendendo una trappola” rispose Hanna convinta.

“Perché lo pensi? Magari è davvero qualcuno che sa che lì è nascosta una videocamera, e vuole aiutarci” rispose Mona.

“E che potrebbe aver ripreso l’omicidio di Addison” replicò Spencer.

“Non so, mi sembra troppo strano” rispose Hanna.

“Ma io piuttosto non capisco una cosa, se Addison la notte che scomparve stava caricando il video online, perché poi la pennina era ancora con lei?” chiese Ezra perplesso.

Penso per stare più tranquilla. Addison voleva caricare quel video online, ma è successo qualcosa, perché noi non abbiamo mai visto video online caricati da Addison. Qualcuno è riuscito a fermarla prima che potesse caricarlo. E probabilmente lei ha tenuto con sé la pennina con il video dentro, perché sapeva che qualcuno avrebbe potuto fermarla dal pubblicare tutto. Voleva che qualcuno riuscisse comunque a trovare quel video, semmai le fosse successo qualcosa” spiegò accuratamente Spencer.

“E’ chiaro che chi l’ha rapita quella notte cancellò il caricamento del video prima che potesse pubblicarsi” rispose Caleb.

“Addison tenne la pennina con sé sperando di fuggire o farla arrivare a qualcuno” continuò Mona.

“Ma non fece in tempo” rispose Aria.

“Pensate che lo stalker abbia la pennina con il video completo?” chiese Hanna.

“E’ probabile. Penso che qualcuno potrebbe aver scambiato le due pennine. E il detective Davis abbia trovato la pennina USB con il video danneggiato. Mentre quello completo si trova su qualche altra pennina” rispose Caleb.

“Quindi siamo tutti d’accordo sul fatto che lo stalker non sia Isabelle?” intervenne Hanna.

Tutti rimasero zitti. Non sapevano se essere d’accordo o meno con questa cosa.

“Io non riesco a escluderla. Dopo tutto quello che ci è capitato, una finta autopsia sarebbe la cosa più semplice” rispose Aria.

“E non sarebbe la prima volta” intervenne Mona riferendosi ovviamente ad Alison.

“Novità invece per il telefono trovato da Willa?” aggiunse Spencer.

No, niente. E’ completamente vuoto. Probabilmente è stato usato solo quella volta per organizzare l’incontro” rispose Caleb.

“Credo che dovremmo andare a controllare in quel capanno, che dite?” intervenne Mona.

“Sì. Possiamo andare Caleb ed io, e anche Mona” rispose Hanna.

 “Ok, Ezra ed io andremo a New York. Vediamo se riusciamo a capirci qualcosa riguardo a Nicole” ribatté Aria.

“D’accordo. Io probabilmente incontrerò Wren. Voglio vedere cos’ha da dirmi su Isabelle” rispose Spencer.

“Ragazze, stasera andiamo alla festa di beneficienza in municipio?” intervenne poi Hanna un po’ fuori luogo.

“Hanna, ma ti sembra il momento di pensare alle feste?” chiese Aria.

“No, hai ragione, è che ho promesso alla mamma che ci sarei andata. E anche Mona insiste ad andare per trovare sponsor per la mia casa di moda, o sbaglio?” rispose Hanna cercando lo sguardo di Mona.

“Sì, effettivamente le avevo proposto di andare” aggiunse Mona

“Anch’io dovrei andare. Mamma mi uccide se non mi presento alla festa” replicò Spencer.

“Effettivamente, questa mattina anche mia madre mi ha telefonato chiedendomi di andare alla festa” ribatté Aria.

“Ok, vada per la festa allora” rispose Hanna.

Tutti fecero per andarsene.

Piuttosto, secondo voi è stato giusto da parte della Tanner non informare i nostri genitori delle indagini?” chiese Hanna.

“Io credo di sì. Questa volta la Tanner è stata intelligente. Ha capito anche lei di cosa è capace questo folle, e non vuole mettere in pericolo le nostre famiglie. Proveranno a risolvere la faccenda senza coinvolgere i nostri genitori. E’ meglio così rispose Spencer.

“Ok, allora andiamo” concluse Hanna.

“Ti scriviamo non appena sappiamo qualcosa Spence” terminò Aria.

“Ok, a più tardi” aggiunse Spencer.

Tutti si alzarono per lasciare il granaio, uno a uno fino a che non rimase solo Toby. Spencer rimase vicino alla porta aperta, e guardò verso Toby. “Tu non vai?” chiese lei provocandolo palesemente.

Toby sbuffò “Spence, che cosa stiamo facendo?” chiese lui confuso.

“Che vuol dire?” chiese lei.

“Intendo dire che probabilmente a nessuno dei due va di continuare questa situazione da amici di letto, e lo sappiamo bene rispose Toby provando a essere sincero.

Spencer apparve sorpresa. Si avvicinò a Toby lentamente “Forse hai ragione” rispose.

I due si scrutavano intensamente. “Ma allora cosa vogliamo fare?” continuò lui.

“Toby, io penso di essere stata chiara l’altro giorno. Se ho portato avanti questa sorta di relazione, è stato perché in primis tu volevi che andasse così. Ora ti stai tirando indietro perché hai capito di volere qualcosa di più, o perché non vuoi più avere niente a che fare con me? Ho bisogno di capireSpencer sembrava confusa, ma faceva le domande giuste.

“Io, i-io non lo so” rispose lui.

“Ho chiuso con Xavier” Spencer gettò questa ‘bomba’ in un attimo, lasciando Toby basito.

“Cosa? Ma perché lo hai fatto? Sembra davvero un ottimo ragazzo” rispose il giovane Cavanaugh.

“Sì, ma non era te. E frequentare, anche se per poco, un altro ragazzo al di fuori di te, mi ha fatto capire che, o devo provare a ritornare insieme a te, o dovrò darmi del tempo per riuscire a dimenticarti” Spencer apparve alquanto sincera. Una sincerità che spiazzava Toby. Senza filtri e senza mezzi termini. Amava Toby. Probabilmente lo aveva sempre amato.

Il ragazzo abbassò lo sguardo. “I-Io, io non so cosa fare” replicò lui confuso.

“Ecco appunto. Io non posso di certo aspettarti in eterno” Spencer disse cose giuste.

“E hai ragione. Sono io che devo riuscire a capire cosa voglio davvero. Vederti con Xavier mi ha davvero scombussolato. Credevo che a livello sentimentale non ci fosse più niente tra me e te, ma ora, se, se t’immagino con lui, o con qualsiasi altro uomo, io, io, vorrei spaccare tutto Toby abbassò nuovamente lo sguardo alquanto impacciato, ma subito Spencer gli alzò il volto con le mani. Delicatamente.

“Ehi Toby, ascoltami bene. Io non vado da nessuna parte per il momento. Sono qui. E se tu hai bisogno di tempo per decidere cosa fare, prenditelo. Ma devi anche sapere che io devo andare avanti con la mia vita. In un modo o nell’altro. Ti ho aspettato talmente tante volte che ora sono stanca. Prenditi del tempo, ma decidi in fretta. Ok?” continuò lei parlando saggiamente. Si guardavano intensamente senza distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.

Toby le sorrise e subito la prese e la strinse a se, come a non volerla lasciare andare. Spencer quindi si sciolse tra le sue braccia, e rimasero stretti. Spence socchiuse gli occhi mentre si fece cullare da quelle forti braccia in cui si era sempre sentita al sicuro…

Alla centrale di polizia intanto, la Tanner era seduta nel suo ufficio, in quello che prima era del detective Davis, e ancor prima era suo. Stava leggendo con estrema meticolosità e accuratezza, il fascicolo di Alex Drake. Poi spostava lo sguardo su un altro fascicolo riguardante l’omicidio di Addison Derringer, e un altro riguardante il ritrovamento dei resti del piccolo Roger Maxfields. Leggeva tutto nei minimi dettagli. Dopodiché squillò il telefono dell’ufficio e rispose. “Sì, voglio almeno dieci pattuglie intorno alle case delle ragazze. Anche se lavoriamo di nascosto, dobbiamo sempre proteggerle. E soprattutto: cercatemi Ken DiLaurentis aggiunse la donna diretta, e riagganciò in fretta. Bussarono poi alla porta dell’ufficio.

“Avanti” esclamò lei non alzando subito lo sguardo. Era uno dei suoi agenti.

“Detective, ci, ci sono qui due signori, marito e moglie, che vorrebbero parlare con lei” spiegò l’agente.

“A che proposito?” chiese la Tanner continuando a tenere lo sguardo sul fascicolo di Alex.

Mitch e Anne Carter entrarono nell’ufficio. Erano i proprietari del campo estivo “Le Fate Invisibili”. Mitch Carter aveva confidato a Mona e a Hanna molte cose sul famoso giorno in cui Roger scomparve, per poi sparire nel nulla dopo l’incendio al campo.

“A proposito della sparizione di Roger Maxfields” esclamò Mitch cogliendo la Tanner alla  sprovvista.

La Tanner, a questo nome, alzò lo sguardo. Era quasi sconvolta. “Agente Devon, può andare grazie. Prego, accomodatevi” rispose subito il detective.

Mitch e Anne, con sguardo impaurito e tenendosi per mano, si sedettero di fronte a lei.

“Voi sareste?” chiese la Tanner.

“I-Io, io sono Mitch Carter, e lei, l-lei è mia moglie Anne. S-Siamo, cioè eravamo, siamo, siamo i proprietari del campo estivo Le Fate Invisibili” rispose l’uomo.

“Bene. Vi ascolto. Perché siete qui?” chiese la Tanner.

“I-Io, i-io e mia moglie, cioè più che altro io, avevamo deciso di fuggire dopo l’incendio al nostro cottage” spiegò Mitch alquanto impacciato.

“Ma io l’ho convinto a tornare indietro e raccontare a lei cosa successe quel giorno, o meglio, cosa vide lui. Non era giusto che un povero bambino innocente non potesse avere giustizia. Così l’ho convinta a venire qua a parlare con lei” intervenne la signora Carter più coraggiosa e risoluta.

“Ok. Quindi lei quel giorno ha visto qualcosa signor Carter?” chiese la Tanner curiosa.

“Non qualcosa, qualcuno ribatté Mitch con decisione.

“Cioè? Sono tutta orecchie” replicò la Tanner pronto ad ascoltarlo.

“Q-Quel giorno, vidi tre uomini nel bosco. Due di questi erano, e-erano, Tom Marin…” spiegò l’uomo.

“Che è già in carcere con l’accusa di omicidio” ribatté la Tanner.

“E anche, Ken DiLaurentis” rispose poi Mitch.

La Tanner lo ascoltava senza perdersi una virgola del suo discorso.

Nel frattempo, nella stanza di un motel alquanto malandato e dimenticato da tutti, poco distante da Rosewood, Ken DiLaurentis aveva appena finito di fare la valigia. Una grande e grossa valigia rossa. La posò vicino la porta del bagno. Poi si guardò intorno. Sembrava perso e spaventato. Bussarono alla porta. L’uomo sobbalzò. Era davvero terrorizzato da qualcosa, o da qualcuno, ma andò ad aprire. Era Alison. Ken apparve sorpreso. Entrambi rimasero zitti per pochi secondi.

“A-Alison, non mi aspettavo di vederti qui” aggiunse poi lui visibilmente emozionato.

“Già, nemmeno io” rispose lei mentre scrutava quella stanza sporca e polverosa. Sembrava in pena per il padre.

“C-Come mai sei qui?” chiese lui.

“Posso entrare un momento?” ribatté Alison.

S-Sì, certo. Vieni pure continuò Ken facendola entrare, e piuttosto impacciato. Alison si addentrò. Era una piccola stanza in cui ci potevano stare al massimo due persone, non di più. Un odore acre e polvere ovunque erano parte integrante del luogo. La donna iniziò a sentirsi in colpa per averlo cacciato.

“Non posso trattenermi a lungo. Cassidy è fuori che mi aspetta” aggiunse poi lei guardandolo intensamente. “…Conosci Cassidy, vero?” continuò lei non distogliendo lo sguardo. Ken non capì il motivo di quegli sguardi così strani.

“Sì, certo. Me ne avevi parlato tu. E come stanno Grace e Lily?” chiese lui.

“A quanto pare sentono tanto la mancanza del nonno” rispose Alison un po’ malinconica.

“Mancano tanto anche a me” rispose lui con la voce spezzata.

Era una situazione di estremo disagio per entrambi.

“Comunque, e-ero, ero passata giusto per sapere come stavi” rispose lei.

“Quando ti ho inviato il messaggio con l’indirizzo del motel, non credevo che saresti passata” aggiunse lui.

“Sei sempre mio padre. Mi preoccuperò sempre per te rispose lei.

Dopodiché notò vicino la porta del bagno,la valigia piena e pronta all’uso. Apparve sorpresa.

“…Vai da qualche parte?” chiese lei.

Ken non rispose. L’imbarazzò aumentò. Abbassò lo sguardo. “…Pur di non dirmi la verità, sei disposto a sparire di nuovo, non è vero? Vuoi andare viaAlison iniziò a infastidirsi.

“Tesoro, non voglio andar via, ma ora come ora è l’unica soluzione. Io non ho il coraggio di dirti la verità. Chiamami vigliacco, insultami quanto vuoi, ma è più forte di me. Mi dispiace. Non riesco a dirtela…O almeno, non in faccia” rispose Ken convinto delle sue parole.

“Che intendi dire?” chiese Alison perplessa.

“Presto capirai” ribatté Ken tagliando corto e con modo di fare alquanto criptico.

“Ma perché ti è così difficile dirmi cosa successe quel giorno? Sarebbe tutto molto più semplice” replicò Alison.

No, non potrà essere più semplice. Se tu sapessi ogni cosa da me, ora, sarebbe solamente un disastro” rispose Ken iniziando ad agitarsi.

“E’ stato un errore venire qua!” sbottò lei andando verso la porta e aprendola di colpo.

“Alison, per favore. Lo faccio per il tuo bene” aggiunse Ken abbattuto.

“Continui a ripetere questa frase, che lo fai per il mio bene, ma ormai non ti credo più. Non riesco più a credere a nessuno terminò Alison. “…Buon viaggio papà” e dopodiché uscì di corsa chiudendosi la porta alle spalle.

Ken aveva gli occhi colmi di lacrime. Si avvicinò al tavolo, e in un impeto di rabbia scaraventò a terra tutti i libri che stavano lì sopra.

A casa Fields, intanto, Emily e Pam erano sedute nel salotto mentre la signora Fields aveva appena posto un vassoio con del the caldo sul tavolino. Emily se ne versò un po’ nella sua tazza e iniziò a berlo. Vicino a loro ci stava il passeggino con dentro le gemelline che giocherellavano felici tra di loro.

“Finalmente trovi un po’ di tempo anche per tua madre” stuzzicò Pam versandosi anche lei del the.

“Mamma, lo sai che sono stata un sacco impegnata” rispose Emily.

“Beh, almeno riesco a passare del tempo con le mie splendide nipotine. E poi, sono davvero contenta che sia tornato il sereno tra te e Alison. Non sopportavo di vedervi divise” ripose Pam, spostando lo sguardo su Grace e Lily che dormivano beatamente nel loro passeggino accanto al divano.

“E come, come sta andando qui? Sei stata al cimitero da papà?” chiese poi Emily tentando di aprire il discorso.

“Sì, certo, l’altro pomeriggio. Ci vado ogni settimana” rispose Pam malinconica e sorridendo teneramente. Amava ancora tanto il suo Wayne.

“Ci sono stata anche io, sai?” rispose Emily.

Pam apparve sorpresa. “Che sorpresa. Era ora” rispose la donna.

“Già, e, ho trovato, ho notato che qualcuno gli aveva lasciato dei fiori, delle margherite da parte di un certo K.D.. Tu, tu ne sai qualcosa?” chiese la giovane Fields-DiLaurentis curiosa.

“K.D.? Beh, sarà Ken DiLaurentis immagino” rispose lei tranquillamente.

Ken DiLaurentis? Il padre di Alison? Perché dovrebbe lasciare dei fiori sulla tomba di papà?” chiese Em.

“Beh, loro due erano molto amici, sai? Poi dopo la scomparsa di Alison, e tutti i casini con Mona Vanderwaal, e Charlotte, si sono un po’ allontanati. Ma erano amici per la pelle. Ken è stato spesso in ospedale da tuo padre, prima che ci lasciasse. E anche Tom Marin, il padre di Hanna. Erano sempre insieme loro tre. Li chiamavamo i tre moschettieri di Rosewood rispose Pam ironica.

Emily iniziò a collegare tutto. “Ricordi quando ci portavate al campo estivo Le Fate Invisibili? Quando eravamo piccole?” continuò Emily.

“Caspita, cosa hai tirato fuori tesoro. Certo che mi ricordo! Sembra passato un secolo. Ogni weekend ti portavamo lì con tuo padre. E stavi a giocare con gli altri bambini per ore. E’ lì che hai conosciuto le tue amiche, sai?” rispose Pam.

“Sì, lo so” ribatté Emily pensierosa.

“Tesoro, va tutto bene? Perché tutte queste domande?” chiese la signora Fields curiosa.

Emily alzò lo sguardo “Mamma, per caso, hai, hai mai parlato con Addison Derringer?” chiese di colpo la donna. Capì di non poter tergiversare a lungo. Doveva arrivare dritta al punto.

Pam sgranò gli occhi “Addison Derringer? La ragazzina che hanno trovato morta?” chiese la donna confusa.

“Sì. So che ti sembrerà strano che io ti stia facendo questa domanda, ma è importante rispose Emily diretta.

“Beh, se non ricordo male, sì, una volta, la incontrai al supermercato. Era con sua madre” rispose Pam.

Il racconto di Pam ci catapultò in un flashback della primavera scorsa. Era il Marzo del 2019. Tre mesi prima della scomparsa di Addison. Pam era al bancone dei salumi. Prese il suo numerino e attese il suo turno. C’era parecchia gente che aspettava di essere servita. Addison Derringer apparve da dietro uno dei tanti scaffali, e iniziò a scrutare la donna in modo furtivo, guardandola con la coda dell’occhio. Come a non volersi far notare. Pam però notò la ragazzina.

“S-Salve!” esclamò di colpo Addison non appena lo sguardo di Pam le si posò addosso.

“Salve” rispose Pam un po’ perplessa.

Addison si avvicinò al bancone e sembrava piuttosto imbarazzata. “C’è un sacco di fila, eh?” rispose.

“Sì. Poi nei weekend fare la spesa è un macello. Domani avrò a pranzo mia figlia con la moglie e le bambine, quindi sarà un pranzo in grande” rispose Pam gentile.

“Non lo dica a me. Sono stata costretta a venire a fare la spesa con mia madre” esclamò Addison scocciata.

Pam sorrise e guardò attentamente la ragazzina. “Tu vai al liceo di Rosewood vero? Forse sei una delle allieve di mia figlia Emily. Penso di averti visto durante una gara di nuoto, o sbaglio?” chiese poi la donna.

“Lei è la madre della coach Fields?” chiese Addison fingendosi sorpresa.

“Sì, sono io. Pam Fields, piacere” rispose lei porgendole la mano.

Addison fece lo stesso “Addison Derringer. Molto lieta” rispose la ragazzina. “…Sua figlia è un vero talento. Non smette mai di insegnarci qualcosa di nuovo. Siamo tutti migliorati un sacco grazie a lei” continuò Addison.

“Emily è molto brava nel suo lavoro, lo so bene” rispose Pam orgogliosa.

“L’altro giorno ci ha raccontato di suo padre, s-suo marito. Di quanto lo ammirasse e di quanto fosse d’ispirazione per lei” continuò Addison.

“Il mio caro Wayne. Emily era molto legata a suo padre” spiegò Pam alquanto triste e malinconica.

“Da come ne parlava la coach Fields, pare fosse un grand’uomo” ribattè Addison.

“Lo era. Wayne era la persona più buona che potesse esistere al mondo” rispose Pam.

Non ne sarei così sicura” esclamò di getto Addison e a voce bassa.

“Hai detto qualcosa?” chiese Pam.

“Cosa? No, no, ero, parlavo tra me e me. Beh io la lascio alla sua spesa. E’ stato un piacere. Buona giornata!” Addison si dileguò di corsa, mentre Pam rimase ad aspettare il suo turno al banco dei salumi, ma lanciò un ultimo sguardo alla ragazzina che si stava allontanando in fretta.

 

 

 

 

 

“Fu una conversazione strana. Sembrava più interessata a parlare di tuo padre” continuò a spiegare Pam nel presente.

“E non l’hai più incontrata dopo quel giorno?” chiese Emily.

“No. Mai. Ma tesoro, perché mi stai facendo tutte queste domande? E’ successo qualcosa?” ribatté Pam pensierosa.

“No, no, è che, sai del fatto delle foto che hanno trovato tra la roba di Addison, giusto? Le foto mie e delle altre?” rispose Emily tentando di trovare una scusa adeguata e credibile.

“Sì. Ci sono novità sul perché avesse quelle foto?” chiese Pam.

“No, per questo stavo provando a capirci qualcosa da sola” continuò Emily.

“Tesoro, lascia fare alla polizia. C’è un assassino in circolazione, quindi è meglio starne fuori. Ok?” rispose Pam.

“Sì, hai ragione” continuò Emily dovendole palesemente mentire.

Suonarono poi alla porta.

“E’ il postino. Torno subito!” finì Pam.

Emily rimase lì a riflettere sul da farsi. Il racconto di sua madre l’aveva scombussolata ulteriormente.

E contemporaneamente, nel ‘famoso‘ capanno in cui Addison fu tenuta prigioniera precisamente per un anno e tre mesi, Hanna, Caleb e Mona erano appena entrati. Il luogo appariva lugubre e spettrale come sempre. Stava lentamente cadendo a pezzi. Tutti e tre si guardavano intorno un po’ spaventati.

“Mio dio. Sapere che Addison è rimasta rinchiusa qui dentro per un anno, mi mette i brividi” esclamò Hanna mentre si addentravano sempre di più.

Caleb scrutò attentamente la stanza per provare a capire dove potesse trovarsi la videocamera nascosta.

“Dev’essere stato orribile” continuò poi Mona.

“Comunque io vorrei capire chi è che di colpo decide di aiutarci e ci rivela di questa videocamera” rispose Hanna un po’ preoccupata.

“Forse c’è qualcuno che sta cercando di contrastare questo pazzo” rispose Mona.

“Piuttosto, è possibile che la polizia non trovò la videocamera quando vennero a ispezionare il luogo?” chiese poi Hanna, piena di dubbi e domande.

“Le indagini le conduceva il detective Davis. E’ probabile che non abbia fatto una perlustrazione adeguata” ribatté Mona.

“Forse nemmeno gli importava farla” rispose Caleb continuando a far roteare la testa. Si guardò attentamente intorno. Voleva capire, dove potesse essere posizionata la videocamera. Stava zitto mentre i suoi occhi e la sua testa roteavano.

“Caleb, tesoro, perché ruoti la testa come se fossi il ragazzo di gomma di One Piece?” chiese Hanna ironica.

“Se io volessi riprendere ciò che accade in questo posto, dove metterei una videocamera nascosta?” esclamò Caleb tra se e se. Quindi notò uno strano e malandato vaso di terracotta posto proprio accanto alla porta, su una mensola abbastanza alta, e che affacciava sull’intera stanza.

 “Ecco qui! L’unico punto dal quale la videocamera può aver ripreso tutto” Caleb sembrava euforico mentre si dispose sotto la mensola con il vaso.

“Ok, quindi se questo è il punto esatto in cui potrebbe trovarsi la videocamera, significa che…” continuò Mona alzando lo sguardo e vedendo la mensola con il famoso vaso posto poco più in alto, ed era in direzione del centro della stanza. La ragazza si avvicinò alla mensola, si sporse, prese il vaso in mano e lo gettò a terra rompendolo in mille pezzi. In mezzo alla terra notò un piccolo aggeggio metallizzato. Sembrava quasi invisibile per quanto fosse piccolo. Era la videocamera nascosta.

“Oh mio dio” rispose Hanna sorpresa.

“Ecco la videocamera” ribatté Mona soddisfatta e sorridente.

A New York invece, Aria ed Ezra erano appena arrivati a Tratfold Street, ovvero la strada in cui viveva Nicole. Era una piccola stradina con una serie di case a schiera molto graziose. Un viale davvero molto tranquillo. Stavano camminando sul lato della strada.

“Ok, la via è questa. Dobbiamo solo trovare il numero 43” esclamò Aria guardandosi intorno.

“E’ assurdo che Nicole c’entri in questa storia comunque” rispose Ezra.

“Le persone non smettono mai di sorprendere” continuò Aria.

La donna riuscì a trovare il numero 43. “Ecco! E’ qui!” rispose mostrando subito la porta di casa di Nicole.

I due si avvicinarono alla casa.

“Vogliamo suonare?” chiese Ezra perplesso.

“Certo. Deve dirci tutta la verità!” replicò Aria decisa, e subito iniziò a suonare al campanello ripetutamente.

“Dalle il tempo di rispondere almeno” rispose Ezra.

“Non si da del tempo alle bugiarde!” ribatté Aria decisa, mentre continuava a suonare quel campanello imperterrita.

“E’ inutile che continuiate a suonare” la voce di Nicole sorprese i due. Era alle loro spalle che li fissava.

Durante la serata, la città di Rosewood si stava preparando all’annuale festa di beneficienza invernale che si sarebbe tenuta al municipio. Tutti erano ben vestiti e pronti per la festa mentre si addentravano nell’edificio. Proprio fuori il municipio ci stava un Wren elegantissimo, in smoking, seduto su una panchina e in attesa di qualcuno. Sembrava impaziente. La gente intanto arrivava in massa. Arrivò Spencer. Non appena la vide, l’uomo si alzò in fretta.

“Ehi, iniziavo a preoccuparmi. Allora? Che succede?” chiese Wren.

Spencer notò la sua eleganza. “Come mai così elegante? Verrai anche tu alla festa di beneficienza?” chiese la donna.

“Sì, sono stato invitato da un amico. Anche se gli sguardi di tutti non sono proprio facili, ma dovrò resistere” rispose Wren mostrando un po’ imbarazzato. “…Tu non verrai?” chiese poi il giovane.

“Non lo so ancora” rispose Spencer tagliando corto.

“E come mai mi hai chiesto di vederci?” chiese poi Wren.

Spencer lo scrutò intensamente. “Sai benissimo perché. Isabelle. Tu la conoscevi molto bene, non è così?” chiese la donna.

Wren rimase zitto per pochi secondi. Poi sbarrò gli occhi. “Hai…Hai parlato con Melissa, non è così?” chiese l’uomo alquanto sconvolto.

“Ci sei arrivato da solo” rispose Spencer.

“Spence, è pericoloso! Tua sorella è fuori di testa, e lo sai bene!” ribatté lui visibilmente preoccupato.

“Però non hai risposto alla mia domanda. Conoscevi bene Isabelle, vero?” chiese la donna senza cedere e diretta.

Wren capì di non poter trovare scuse. Sospirò e si risedette sulla panchina. Spencer lo imitò. L’uomo iniziò a vagare con la mente, a ricordare il periodo in cui conosceva Isabelle. Periodo che risaliva ad anni prima, quando viveva a Londra con Melissa. Iniziò quindi a raccontare…

“Era, era amica di Melissa, quando stavamo a Londra. Era una barista in un localino in cui eravamo soliti andare, e la conobbi lì. Fu proprio Melissa a farci conoscere. Loro due erano amiche da tempo. Era raggiante, bella, intelligente. Aveva un qualcosa di particolare che mi attirò. Io e Melissa continuavamo a fingere di star bene insieme, quando era chiaro che ci fossero dei problemi. E quando lei è ritornata a Rosewood per starti vicino, io e Isabelle, beh…” Wren raccontò un po’ imbarazzato.

“Avete deciso di stare insieme, vero?” continuò Spencer.

“Già. Quando Melissa tornò a Londra, però, io, io decisi di tornare con lei e lasciai Isabelle. Mi comporterei in un modo ignobile. Quando però scoprii’ quello che Melissa aveva fatto, quando scoprii’ di Bethany e la lasciai, io…” l’uomo sembrava in estremo disagio.

“Tornasti da Isabelle?” lo precedette Spencer un po’ sorpresa.

“Lei era innamorata di me. E’ sempre stata innamorata di me” continuò l’uomo.

Spencer tentò di ricomporsi. “Wren, ieri notte è stato ritrovato il corpo di una donna che pare, pare fosse Isabelle” spiegò lei.

Wren sbarrò gli occhi. “Che cosa?”.

“Però ho bisogno di sapere se è realmente lei, o la vera Isabelle si sta solamente prendendo gioco di noi” rispose la donna tirando fuori dalla tasca una foto del corpo della donna presa dalla scrivania della Tanner. Una foto del corpo senza vita nell’obitorio dell’ospedale. La porse lentamente a Wren. L’uomo la prese in mano e la guardò attentamente. “…Questa è Isabelle oppure no?” concluse Spencer aspettando una risposta dall’uomo.

E intanto, nel bosco, vicino la Roccia dei Baci, Willa, Ava, Hadley e Samantha, erano intente a girovagare con delle torce in mano.

“E’ chiaro che stanotte finiremo ammazzate da qualcuno” si lamentava Ava in preda alla paura.

“Smettila e continua a cercare” rispose Willa scontrosa.

“Ma piuttosto, non sappiamo nemmeno cosa stiamo cercando!” ribatté Hadley scocciata.

“Siamo sicuri che non sia una trappola?” chiese Samantha.

Willa era vicino alla roccia e con la torcia puntò per terra, dentro la roccia, in uno spazio concavo era risposta una pennina USB di colore viola. La ragazza la prese subito in mano e la mostrò alle amiche. “Non credo che sia una trappola” rispose subito soddisfatta.

Tutte si avvicinarono per guardare meglio.

“E’ una pennina USB. Un’altra?” chiese Hadley confusa.

“Ragazze, quel pazzo parlava della verità. E se su questa pennina ci fosse il video completo che ha girato Addison?” chiese Willa.

“Ma perché lo stalker dovrebbe aiutarci dandoci il video? Non capisco” rispose Samantha confusa.

“Potrebbe essere che voglia giocare con noi, rivelandoci la verità. Chissà cos’ha in mente” rispose Hadley.

“O magari non è lo stalker che ci ha fatto trovare questa pennina” rispose Ava.

Degli inquietanti scricchiolii iniziarono a farsi sentire. Il bosco intorno a loro appariva piuttosto inquietante. Tutte sobbalzarono.

“Ok, andiamo via, presto!” concluse Willa, e in fretta se la diedero a gambe tenendo stretta la pennina di colore viola.

Poco più tardi, l’auto di Alison era appena arrivata nei pressi del lago Grayson, poco distante dal campo estivo oramai andato a fuoco. Non era rimasto nulla della struttura. La donna accostò vicino al molo, e scese dall’auto seguita da Cassidy. Appena fuori, Cassidy si guardò intorno perplessa, così come Alison. C’era solamente desolazione. Si poteva udire il vento che soffiava nel vasto bosco dietro il campo.

“Mi spieghi perché sei voluta venire fin qui?” chiese Cassidy confusa.

“Non lo so. Forse spero di trovare qualcosa. Un indizio. O forse sto solo uscendo fuori di testa” rispose Alison continuando a guardarsi intorno.

“Ma cosa speri di trovare qui?” chiese Cassidy confusa. “…Inoltre è anche sera. Tra un po’ inizia la festa di beneficienza. Non vuoi andarci?” continuò la giovane Harmor.

“La festa è l’ultimo dei miei pensieri, fidati rispose Alison continuando a guardarsi intorno.

“Ok. Quindi perché siamo qui?” insistette Cassidy.

“Non lo so! Dopo l’incontro con mio padre, qualcosa mi ha spinto a venire qua. Come se volessi ricordare qualcosa” rispose Alison continuando a guardarsi intorno. Sembrava confusa. Persa. Disorientata.

“Che intendi dire?” chiese Cassidy confusa.

Te l’ho detto, non lo so! Ultimamente è come se una serie di ricordi volessero farsi spazio nella mia mente. Il nome di Isabelle, ora il lago. Non so cosa diavolo mi stia succedendo” rispose Ali in modo scontroso.

“Ok, scusami rispose Cassidy.

Ali capì di essere stata un po’ troppo rude. “Cass, scusami, davvero. E’ che tutta questa situazione mi sta veramente esasperando, e non so davvero che cosa fare per risolverla” spiegò la donna portando le mani in testa.

Cassidy si avvicinò a lei e le mise una mano sulla spalla. “Ne usciremo presto. Te lo assicuro” rispose Cassidy con fare amorevole.

Di colpo, un forte rombo tuonò in cielo facendo sobbalzare le due.

“Caspita! Sta per venire giù un temporale! Torniamo indietro prima che si metta a piovere” rispose Cassidy entrando subito in macchina. Alison fece lo stesso. Quindi mise la cintura e dopodiché accese l’auto, o almeno tentò. La macchina non voleva saperne di accendersi. Ali provò più e più volte ma non dava segni di vita.

“Ma che diavolo succede?” chiese Alison continuando a tentare, ma senza successo.

“Non parte?” chiese Cassidy un po’ spaventata.

“No. Non capisco perché. Ho fatto il pieno questa mattina” rispose Alison.

Iniziò poi a piovere. La pioggia iniziò a scendere sempre più prepotentemente. Quella leggera pioggerellina stava per trasformarsi in un vero e proprio temporale.

“Oh cavolo. E adesso che si fa?” chiese Cassidy.

Alison guardò fuori dal finestrino sperando di trovare una soluzione, e scrutò tra gli alberi il famoso cottage che apparteneva ai Derringer. Era ovviamente abbandonato lì tra gli alberi.

“C’è quel cottage lì sopra. Deve essere quello dei Derringer. Possiamo ripararci lì e chiamare qualcuno che ci venga a recuperare. Che dici?” chiese Alison indicando il cottage.

Cassidy non sembrava proprio convinta. “Solitamente è così che iniziano i film horror, lo sai, vero?” rispose ironica.

“Andiamo! Almeno saremo riparate” rispose Alison, che subito uscì dall’auto, si coprì con il cappotto e corse verso il cottage.

“Oh mamma mia, finiremo uccise” aggiunse Cassidy tra se e se e un po’ buffa. Poi scese dall’auto e raggiunse Alison…

A New York, a casa di Nicole, quest’ultima era seduta sul divano del suo salottino. Aria ed Ezra stavano seduti di fronte a lei su due poltroncine e con sguardo accusatorio. Nessuno dei tre parlava. Aria però sembrava quella più ansiosa di dir qualcosa.

“Allora? Vuoi dirci qualcosa o vuoi rimanertene lì seduta per tutta la notte?” chiese scontrosa e diretta la giovane Montgomery-Fitz.

“Cosa volete sapere? Sì, sì, ho continuato a essere amica di Isabelle anche dopo il fattaccio della scuola! Contenti?” rispose Nicole anch’essa scontrosa.

“Perché ci hai mentito?” intervenne Ezra.

“Perché Isabelle voleva così” rispose Nicole.

“Sai che Isabelle è morta, vero?” chiese Aria.

Nicole sbarrò gli occhi. “C-Cosa?” chiese lei.

“Già. Quindi devi spiegarci un bel po’ di cose, e-“ Aria fu subito fermata.

“No, no, non capite. E’ impossibile rispose Nicole prontamente.

“Perché?” replicò Aria confusa.

“Non è lei?” una Spencer incredula stava rispondendo a Wren, fuori dal municipio.

“No, no Spencer! Questa non è Isabelle! Non ho idea di chi sia questa donna in foto!” rispose Wren sicuro delle sue parole.

“Ma, h-hanno fatto l’autopsia sul corpo. Era lei. Aveva lo stesso tatuaggio di Isabelle, e-“ Spencer era confusa e disorientata.

“Spence, andiamo! Le autopsie si possono falsare, così come si possono fare finti tatuaggi!” spiegò Wren alla donna.

La situazione era catartica. Le scene si spostavano da Wren e Spencer, a Nicole, Ezra e Aria, molto velocemente. Come se fossero tutti in un’unica scena. Come se tutti stessero scoprendo la stessa verità.

“Che vuol dire che non è possibile, Nicole?” chiese Ezra alla donna.

“Io ho sentito Isabelle poco fa. M’implorava di non parlare con voi” spiegò Nicole.

“Spencer, Isabelle è viva e vegeta. E sta giocando con te e le tue amiche da molto, moltissimo tempo” aggiunse Wren a una Spencer sconvolta.

“Nicole, hanno trovato un corpo che corrisponde a quello di Isabelle Maxfields. Cosa ci stai dicendo quindi?” domandò Aria a Nicole.

“Vi sto dicendo che Isabelle Maxfields è viva. E stasera arriverà alla fine del suo gioco” concluse Nicole, con una frase che faceva accapponare la pelle. Isabelle era lo stalker, ed era pronta a sferrare il suo ultimo attacco.

La scena, poco dopo, rimase su Nicole, Aria ed Ezra. Nicole stava raccontando tutto.

“Poco dopo il suo finto suicidio, Isabelle si mise in contatto con me. Si scusò profondamente per quello che aveva fatto. Era distrutta dal dolore. Piangeva. Io, io decisi di perdonarla. Poi lei partì per Londra. Si trasferì lì e rimanemmo in contatto per un po’ di tempo, ma poi, poi ci perdemmo di vista, fino a quando lo scorso anno non è riapparsa nella mia vita” spiegò Nicole raccontando tutto.

“E che cosa voleva?” chiese Aria.

“Mi contattò chiedendomi di ospitarla per qualche notti a New York. E lo feci. Pensavo di aiutare un’amica” spiegò Nicole.

“Incontrò una certa Addison Derringer qui a casa tua? E’ vero?” chiese Aria.

Sì. La scorsa primavera. Tornai dal lavoro e le trovai qui a discutere. Chiesi cosa stesse succedendo, ma nessuna delle due volle dirmi qualcosa. Quella ragazzina andò via, e la sera chiesi a Isabelle di fare i bagagli. Non potevo più ospitarla. Ero, ero impaurita da lei. Non sembrava del tutto in se” continuò a spiegare la giovane Gordon.

“Si è più rifatta viva?” chiese Aria.

“Sì. Qualche settimana fa” rispose Nicole.

“Perché?” domandò diretto Ezra.

“Mi, mi costrinse ad aiutarla a incastrare un tizio. Un certo, Jason DiLaurentis spiegò la donna.

Aria ed Ezra si guardarono sconvolti. “Cosa ti ha chiesto di fare?” chiese lei.

“Ho dovuto mettere delle bottiglie vuote d’alcool nel bagagliaio della sua auto, e , e manomettere i freni. E soprattutto, avrei dovuto avvicinarlo in un bar, e fargli mangiare una torta. Una torta contenente dell’alcool dentro. Conobbi Jason in un bar poco fuori Rosewood e mi avvicinai con l’intento di fare due chiacchiere, e mangiammo quella torta insieme” spiegò la donna nei minimi particolari.

“Ecco come incastrò Jason dopo l’incidente con le bambine” rispose Aria collegando ogni cosa.

“Ma perché l’hai aiutata a farlo? Cos’aveva su di te?” chiese Ezra.

“Tempo fa…Ho usato, ho usato i soldi della mia associazione per pagare dei debiti che avevo in sospeso. Debiti che avrebbero potuto lasciarmi senza casa. E non ho mai detto a nessuno ciò che avevo fatto. Me ne vergognavo. Avrebbero potuto levarmi dall’associazione. Era una cosa illegale” spiegò Nicole con evidenti sensi di colpa.

“Isabelle però sapeva tutto e ha usato quest’informazione per ricattarti, vero?” rispose Aria.

“Esattamente. E dopo che ci siamo incontrati, io, io volevo davvero aiutarvi. Volevo fargliela pagare per avermi ricattato in quel modo, ma lei sapeva già tutto. Mi telefonò ordinandomi di cancellare tutte le conversazioni fatte. Quella donna, è, è fuori di testa, fidatevi” spiegò Nicole visibilmente impaurita.

“Nicole, ascolta. Quella donna sta tentando di rovinare la mia vita e quella delle persone a cui tengo. Se sai qualcos’altro su di lei, ti prego, devi dircela ora” rispose Aria speranzosa.

Nicole sospirò. Si alzò dal divano e andò verso la libreria, e da dentro uno dei libri  tirò fuori un vecchio Iphone4 un po’ malandato,  e lo consegnò ai due senza dire una parola. Fu decisa e diretta nel farlo.

“Questa cos’è?” chiese Aria.

“Ho paura a dirvelo. Lei probabilmente ci starà ascoltando” rispose Nicole. La donna quindi andò dietro il divano e da lì sotto prese un’enorme valigia da viaggio. Alzò il manico. Si diresse all’attacca panni e prese il suo cappotto.

“Ma dove stai andando?” chiese Ezra confuso.

“Me ne vado dai miei genitori, a Chicago. Devo andarmene da qui. Soprattutto dopo avervi dato quel telefono. Non è sicuro per me stare qui” rispose Nicole mettendo il cappotto, pronta a uscire.

“Ma che cosa c’è in questo telefono?” ribatté Aria.

Nicole sembrava terrorizzata. Probabilmente lo era davvero. “La verità” disse solo queste due parole. Dopodiché andò verso la porta di casa, la aprì e uscì di lì lasciando Aria ed Ezra con quel telefono in mano, e piuttosto confusi. Con la porta aperta, i due potevano notare i fulmini che iniziavano a squarciare il cielo di New York. Un cielo che si stava annuvolando sempre di più. La tempesta stava arrivando fin lì. Il temporale si stava espandendo, mentre Nicole salì sul taxi che la attendeva fuori casa.

A casa Hastings invece, nel granaio, Spencer era appena rientrata totalmente zuppa. Era fradicia. Si diede una strizzata ai capelli. Al tavolo seduti ci stavano Caleb, Toby, Mona e Hanna. Emily era un po’ più distante dagli altri, mentre parlava al telefono.

“Ali, non è sicuro starsene in un cottage abbandonato in mezzo al nulla. Non con un pazzo che ci da la caccia!” esclamò Emily alla moglie.

Dal canto suo, Alison, anch’essa totalmente fradicia, si stava asciugando di fronte al camino accesso. Il cottage si presentava in uno stile molto antico ma bello. Totalmente in legno. Era tutto rimasto com’era. I mobili c’erano ancora, seppur avvolti dal cellophane. Intanto, Cassidy stava controllando le luci delle stanze ma nessuna funzionava.

“Em, non preoccuparti. C’è Cassidy qui con me. Non succederà nulla” rispose Ali cercando di tranquillizzare la moglie.

“Dì a Emily che partiremo appena finirà la tempesta. Anche perché io qui dentro non voglio di certo passarci la notte” aggiunse Cassidy mentre si rannicchiava su se stessa.

Alison sorrise. “Tesoro, sta tranquilla, ok? Ripartiremo presto. Ci asciughiamo e aspettiamo che passi il temporale. Abbiamo anche acceso il camino. Non preoccuparti, e-“

Di colpo cadde la linea. “Ali? Alison? Dannazione!” Emily mise giù parecchio preoccupata e agitata.

“E’ caduta la linea” aggiunse Alison.

“Sarà il mal tempo. Ora fai asciugare anche me perché sto veramente congelando” intervenne Cassidy avvicinandosi al camino.

Alison rimase lì accanto a lei piuttosto pensierosa.

“Allora? Novità?” chiese Spencer agli altri, dopo averli raggiunti al tavolo.

“A parte mia moglie bloccata in un cottage inquietante nei boschi? Sì…Ne abbiamo rispose Emily scocciata.

“Em, sta tranquilla. Non penso che lo stalker si metta a perseguitare con questa tempesta” intervenne Hanna tentando di tranquillizzarla.

“Tua madre comunque è già andata alla festa, e ha detto che se non vai ti farà dormire in giardino per una settimana” intervenne Toby.

“La cosa grave è che non scherza affatto. Vediamo cosa avete trovato e poi andremo” rispose Spencer.

“Ok, sono riuscito a decriptare la videocamera trovata nel capanno dove veniva tenuta prigioniera Addison. Ovviamente era totalmente scarica e anche danneggiata, ma credo di aver recuperato i filmati. A quanto pare fu stata installata proprio la mattina del 13 Settembre, quando Addison morì, secondo i risultati dell’autopsia” spiegò Caleb con precisione.

“Non dovremmo aspettare Aria ed Ezra?” chiese Emily.

“Mi ha appena scritto Aria. Sono bloccati da Nicole a New York. Non riesco a risponderle. Non c’è campo a causa della tempesta” replicò Hanna. “…Dai Caleb, fa partire il video” concluse insistente la giovane Marin-Rivers.

Caleb quindi fece un lungo respiro e cliccò due volte con il mouse sul video che aveva di fronte, nella cartella che aveva aperto. Non appena il video partì, apparve Addison. Una Addison con addosso i vestiti di Melissa Hastings con i quali fu ritrovata morta. Indossava il ‘famoso’ vestitino blu a giromanica e con il colletto bianco che tante volte Melissa indossava.

“Ragazzi, è il giorno in cui fu uccisa. Ha addosso i vestiti di mia sorella” spiegò Spencer.

“Sssh” zittì subito Mona.

Addison era sporca di fuliggine. Il vestito era spezzettato in alcuni punti. Era deperita, stanca. Le sue mani erano sporche di sangue. Mani di una ragazzina che aveva tentato di uscire dalla cantina in cui era stata tenuta prigioniera. Si guardava intorno. Era come se vedesse la luce del sole per la prima volta. Poi squillò un cellulare postò su un tavolo. Il tavolo accanto ad Addison era pieno zeppo di foto delle ragazze, dei loro familiari. C’erano enormi videocamere, parrucche, un sacco di pennine USB, macchine fotografie, documenti, file. Tutto ciò che allo stalker serviva per monitorare ogni mossa delle cinque ragazze. Una sorta di covo di riserva. Addison trovò il telefono che stava squillando, lo prese, e rispose.

 Addison prese il telefono. La sua mano piena di ferite, stava tremando. “P-Pronto?” chiese lei.

Una voce cupa e palesemente modificata, le rispose. “Ciao. Piaciuto il regalo? Quella traditrice di Melissa mi aveva lasciato un po’ di vestiti” chiese.

Addison rimase a riflettere un po’ “I-Isabelle? Sei tu?” chiese lei spaventata.

Certo. Dopo più di un anno, mi sembrava giusto lasciarti uscire da quella cantina, ma sappi che se uscirai, ti troverò. Inoltre sto tornando, quindi non puoi andare molto lontana” spiegava l’inquietante voce modificata.

“I-Isabelle, ti prego. Ti prego lasciami andare! Lascia perdere questa stupida vendetta anche tu!” rispose Addison sperando di far ragionare la sorella.

“Lascerò perdere questa vendetta quando vedrò quelle stronzette sotto terra. E potrai essere libera solo quando deciderai di assecondarmi e non di ostacolarmi. Se sei lì dentro, è solo per colpa tua. Per esserti ribellata” rispose la voce con più rabbia.

“I-Isabelle…” Addison iniziò a piangere. Lacrime amare iniziarono a rigare il viso della povera ragazzina. Oramai non sapeva cosa fare, come uscire da quella situazione. Era terrorizzata, disorientata. “…I-Io, io voglio andare via da qui. H-Ho paura, ti prego. Sei mia sorella, e-“ improvvisamente, però la linea cadde. O meglio, Isabelle staccò. Addison rimase lì col telefono in mano ancora con il viso rigato dalle lacrime. Addison sembrava disperata. Buttò il telefono a terra e gettò un urlo quasi disumano. Un urlo di dolore. Si accasciò a terra piangendo come non mai. Un pianto veramente brutto e triste. “…Qualcuno mi aiuti!” urlò così forte, come se la stessero uccidendo.

“Mio dio, povera ragazza” esclamò Hanna piuttosto sconvolta.

Nel video, Addison tentò di ricomporsi. Si alzò da terra e asciugò le lacrime. Dopodiché guardò in direzione della videocamera. Guardò dritta nell’obiettivo. “Sono sicura che prima o poi qualcuno troverà questo video. Ho installato questa videocamera solo questa mattina. Ma penso basti per mostrarvi quello che mi sta succedendo. E allora tutti scopriranno la verità. So che qualcuno mi sta guardando, e se mi state guardando, dovete fermare mia sorella. Dovete fermare Isabelle. Quando mi ritroverete, se mi ritroverete, avrò addosso anche…” Addison cominciò a frugare nelle tasche del vestito che indossava, e tirò fuori una pennina USB di colore viola. La stessa pennina viola che Willa e le altre avevano trovato nel bosco “…Questa! Qui dentro c’è il mio racconto. Tutto quello che è successo. Spero che qualcuno troverà questi video. Perché non credo mi rimanga molto. Io non credo di poter riuscire a fermare Isabelle. Spero che ci riesca qualcun’altro” Addison parlava alla videocamera, consapevole che non le rimaneva molto da vivere.

“Aveva un’altra pennina USB con sé! Ve lo dicevo che qualcuno le aveva scambiate!” rispose Caleb.

Tutti lo zittirono.

Improvvisamente, nel video, si spalancò la porta del capanno. Addison sobbalzò e indietreggiò spaventata. Sgranò bene gli occhi per capire chi fosse. Era un uomo dalla stazza imponente. La luce del sole entrava diffondendosi in tutta la stanza.

“Lei?” esclamò la giovane Derringer riuscendo a riconoscere l’uomo.

“Ma chi è entrato?” si chiese Emily.

La persona si rivelò sotto l’occhio della videocamera. Era Ken DiLaurentis.

“Oh mio dio” esplose Hanna.

“Non è possibile” rispose Emily.

Tutti erano sconvolti.

Ken stava lì immobile a fissare Addison. Quest’ultima faceva lo stesso. “Tu…Tu devi essere Addison, vero?” chiese l’uomo, visibilmente spaventato e confuso, tanto quanto Addison.

“S-Sì, l-lei, lei è Ken DiLaurentis. Il padre di Alison. La mia professoressa. So tutto di lei. Di quello che avete fatto al mio fratellino” rispose Addison con tono accusatorio. Ken si avvicinò di più. Mentre l’uomo si avvicinava, Addison indietreggiava.

“Addison, tu sei molto piccola. Non capisci molte cose” rispose l’uomo provando a mantenere la calma.

So che avete fatto sparire il mio fratellino! Roger aveva solo 9 anni, maledetto! E so perché lo avete seppellito. Credevate di fare un gesto altruista, ma vi sbagliavate. Siete stati dei mostri senza cuore!” Addison sbottò, urlando piena di rabbia, e in quell’impeto di rabbia, prese da sotto il tavolo con tutta la roba sopra, una pistola. Una pistola che Isabelle teneva lì nascosta.

I ragazzi non riuscivano a distogliere lo sguardo dallo schermo del PC. Erano come rapiti.

“Addison, non fare cavolate. Per favore. Cerca di ragionare” rispose Ken tenendo le mani in alto e sperando di far ragionare la ragazzina.

“No, l-lei, lei è un mostro, i-insieme ai suoi amichetti! Mia sorella sarà anche fuori di testa, ma, ma quello che avete fatto è vero! Lei, lei, i-io!” Addison balbettava. Era sotto shock. Non riusciva più a connettere. Un intero anno di prigionia avrebbe portato chiunque alla follia. La mano con la quale Addi teneva la pistola, tremava in modo assurdo.

Ken sbarrò gli occhi. “Quindi quella donna è tua sorella?” chiese lui. Addi continuava a tenere la pistola puntata su di lui. “…Addison, per favore. Sono arrivato fin qui perché ho scoperto di Isabelle, e possiamo fermarla insieme qualsiasi cosa stia architettando. Devi solo mettere giù la pistola. ” continuò il signor DiLaurentis speranzoso.

Addison lo guardò intensamente. La ragazzina aveva il respiro affannato. Stanco. Sospirò per un’ultima volta “Mai”, dopo questa semplice parola, fece per premere il grilletto, ma Ken riuscì in un attimo a disarmarla. Accadde tutto molto velocemente. Non appena le tolse la pistola dalle mani, l’uomo, senza pensarci due volte, sparò un colpo di pistola ad Addison in fronte, e facendola accasciare.

Tutti rimasero inorriditi.

“Oddio, oh, oh mio dio! Oh mio dio!” Emily aveva distolto lo sguardo.

Gli occhi di Hanna erano sbarrati e colmi di lacrime.

Mona aveva la mano sulla bocca in segno di stupore.

“Non è possibile” intervenne Toby.

Nel video, Ken rimase pietrificato. Addison era lì, morta, in un bagno di sangue. Mentre la fissava, la mano che teneva la pistola, penzolava tremolante. Gli occhi di Ken erano sbarrati. Inorriditi di fronte quella scena così cruda e macabra. Improvvisamente, il video iniziò a scomparire. Il computer diede problemi e subito scomparve la schermata.

“Ma che è successo?” chiese Spencer.

“Qualcuno deve aver danneggiato il sistema del computer” spiegò Caleb tentando di riaccenderlo, ma senza successo.

“Sono stato io” Ken DiLaurentis apparve in piedi sulla porta che dava sul giardino.

Tutti sobbalzarono alla vista dell’uomo.

Nel frattempo, a casa di Nicole a New York, Aria stava in piedi tentando di chiamare casa. Ma non c’era la minima linea. Il telefono era morto.

“Che cavolo! Come facciamo a tornare a casa? Fuori c’è il diluvio universale” esclamò la donna alquanto preoccupata. Ezra però era intento ad accedere quel telefono lasciato da Nicole. “…Allora? Sei riuscito ad accenderlo?” chiese poi la donna.

“Sì, sì penso di esserci riuscito!” rispose Ezra felice. Apparve la schermata del telefono.

“Perfetto! Ora vedi cosa ci ha lasciato Nicole. Perché qualcosa deve avercela lasciata” rispose Aria speranzosa.

Ezra iniziò a controllare per bene la schermata del telefono. Non notò nulla di particolare. Dopodiché aprì la cartella “Messaggi”, e trovò una conversazione con Isabelle. “Aria…guarda” esclamò lui mostrandole la schermata.

“Oh mio dio. Deve aver fatto una copia delle sue conversazioni e le ha trasferite su un altro telefono” rispose lei sorpresa.

“E’ stata bravissima. Ora non ci resta che…” Ezra quindi aprì la conversazione con Isabelle. L’ultimo messaggio era una registrazione vocale di una trentina di secondi, che Isabelle aveva inviato a Nicole.

“Ezra, oh mio dio. Capisci cosa significa? Se la ascoltiamo, capiremo chi è Isabelle” rispose Aria.

“Già” replicò lui. Il cuore gli batteva all’impazzata. Così come a Ezra.

“Fa partire l’audio” rispose lei pronta a scoprire la verità.

Ezra quindi prese coraggio e pigiò play sulla registrazione vocale di Isabelle.

Intanto nel granaio di casa Hastings, Toby si precipitò come una furia su Ken DiLaurentis, scaraventandolo al muro e tenendolo per il colletto della maglia.

“Lei ha ucciso una ragazzina di 15 anni! E’ un mostro! Con quale coraggio si presenta qui? Dovrebbe marcire in galera!” Toby sembrava pieno di collera e odio.

“Toby, lascialo andare. Voglio sentire cos’ha da dire!” intervenne Emily.

Toby provò a calmarsi, nonostante guardasse l’uomo con enorme disprezzo. Lo lasciò e si avvicinò agli altri. Ken si ricompose e fece un passo verso i ragazzi.

Non si azzardi a fare un passo. Stia lì e parli” intervenne Spencer coraggiosamente.

“I-Io…Io devo dirvi tante cose” aggiunse l’uomo tentando di trovare le parole giuste.

“O parla subito, o chiamo la polizia” rispose Spencer.

“La polizia la chiamerò comunque io, quindi non serve” rispose Ken.

“Ci vuole spiegare?” intervenne Emily incredula.

“I-Io…I-Io non volevo, ho tentato di, d-di. E’ stato un errore. Ero terrorizzato dal fatto che Addison sapesse tutto, e, e in quel momento, n-non, n-non ho riflettuto e…Mi dispiace tanto!” Ken non riusciva a trovare le parole giuste. Probabilmente nemmeno esistevano.

“E’ stato lei. Lei mi ha inviato la mail anonima dicendomi di andare al capanno giusto? Voleva che trovassimo il video” rispose Caleb capendo l’inganno.

“Non potevo dire tutto in faccia ad Alison. N-Non ne avevo il coraggio, così, non appena scopriì che c’era una videocamera che sicuramente aveva ripreso ogni cosa, capii’ di non poter più nascondermi. Dovevo far scoprire la verità. E non solo a voi rispose l’uomo.

“In che senso non solo a noi?” chiese Hanna.

“Come aveva fatto a scoprire di Isabelle? Come aveva trovato quel capanno?”  ribatté Emily troncando la domanda di Hanna.

“E’ quello c-che, che sto tentando di dirvi” rispose l’uomo.

Di colpo, il telefono di Hanna squillò. Era tornata un po’ di linea. Giusto in tempo per farle ricevere un sms. Era un sms da parte di Aria. Hanna sbarrò gli occhi non appena lo lesse. “Oh mio dio” esclamò.

“Hanna, che c’è? Che succede?” chiese Caleb vedendo lo stupore nei suoi occhi.

“E’ un sms di Aria. Dice, dice di sapere chi è che ci sta perseguitando rispose Hanna.

Tutti rimasero sconvolti.

A casa di Willa intanto, nella sua cameretta, le quattro amiche erano sedute tutte sul letto. Il PC portatile di Willa era posto di fronte a loro. Willa inserì la pennina USB di colore viola che avevano trovato nel bosco. Tutte sembravano ansiose.

“Ancora non capisco perché lo stalker debba aiutarci a scoprire la verità” esclamò Hadley dubbiosa.

“Che importa capire perché? Oramai abbiamo la pennina. Vediamo cosa c’è dentro” rispose Ava.

“Non dovremmo avvertire la professoressa DiLaurentis, la coach Fields, insomma, tutte le altre?” chiese Samantha.

No. E’ meglio non rischiare. Se questa persona ha dato a noi questa pennina, un motivo ci sarà. Prima guardiamo cosa c’è, e dopo la porteremo alle altre” rispose Willa decisa.

Il temporale che perseverava su Rosewood, faceva da sfondo al momento.

Sullo schermo del PC apparve la cartella della pennina USB. C’era un video intitolato “ADDISON”. Willa fece un lungo sospirò e cliccò due volte sul video, che quindi partì.

Sullo schermo apparve Addison, seduta sul letto nella sua camera da letto Il video era datato “21 Giugno 2019”, in altre parole il giorno in cui la ragazza scomparve. Ava notò la durata del video.

“Ragazze, dura un’ora e cinquanta. Deve…Deve essere il video completo” esclamò la ragazza sconvolta.

Nel video, Addison iniziò a parlare ““Ciao a tutti ragazzi. Se state guardando questo video significa, significa che sono morta…” e le ragazze rimasero zitte, pronte ad ascoltare tutta la storia di Addison. Era il momento della verità.

E nel mentre, alla festa di beneficienza in municipio, qualcuno era appena entrato nell’enorme sala. Era pieno di gente che beveva, ballava, chiacchierava tra di loro. La festa era in pieno svolgimento. Questo qualcuno era una ragazza bionda. Si guardò intorno. Dopodiché tirò fuori il telefono dalla borsa, e scrisse un sms. “Sono il vostro stalker. Venite alla festa di beneficienza per l’ultimo atto”, quindi cliccò sui destinatari, ovvero: Hanna, Spencer, Emily, e Aria. Era esclusa Alison. Inviò l’sms. La persona quindi mise il cellulare in borsa, e non appena passò uno dei camerieri con in mano il vassoio con i bicchieri di champagne pieni, ne prese subito uno.

“La ringrazio” esclamò mostrandosi in volto. Era Kate Randall. Una Kate che indossava un meraviglioso vestito argentato e scoperto fino al fondo schiena. Quindi si guardò un’ultima volta intorno e si addentrò nel vivo della festa, sfoggiando sul fondo schiena, il meraviglioso tatuaggio del cavallo in un campo di fiori rosa. Dopodiché si perse tra la folla d’invitati.

FINE DODICESIMO EPISODIO.

 

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