Pretty Little Liars 8 – FAN-FICTION – 8×11 “Old Friendship”

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“Old Friendship” – “Vecchie Amicizie”

Episode #811

 

Written by:

Frà Gullo;

 

 

CAST UFFICIALE:

Aria Montgomery (Lucy Hale)

Spencer Hastings (Troian Bellisario)

Hanna Marin (Ashley Benson)

Emily Fields (Shay Mitchell)

Alison DiLaurentis (Sasha Pieterse)

CAST SECONDARIO EPISODIO 11:

Toby Cavanaugh (Keegan Allen)

Mona Vanderwaal (Janel Parrish)

Melissa Hastings/Alex Drake (Torrey DeVitto)

Addison Derringer (Ava Allan)

Ezra Fitz (Ian Harding)

Willa Davis (Sydney Sweeney)

Caleb Rivers (Tyler Blackburn)

Samantha Winson (Michele Selene Ang)

Hadley St. Germain (Celesse Rivera)

Ava Grant (Ana Markova)

Xavier Goodwin (Matthew Daddario)

Cassidy Harmor (Crystal Reed)

Nicole Gordon (Rebecca Breeds)

Kate Randall (Natalie Hall)

Ken DiLaurentis (Jim Abele)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Spencer e Melissa erano l’una di fronte all’altra in quella stanza di quel motel fuori città. Melissa si alzò dal letto rimanendo con lo sguardo fisso su Spencer. Quest’ultima era immobile sulla porta. Ma nemmeno lei distoglieva lo sguardo da Melissa.

La giovane Drake sembrava tranquilla e sorridente. “Non vieni ad abbracciare la tua sorellina?” iniziò a provocare.

“Che diavolo ci fai qui?” chiese di getto Spencer.

“Caspita, nemmeno un convenevole? Ok, non sarò stata la sorella modello ma sono sempre tua sorella” continuò Melissa.

“Piantala e dimmi che cosa vuoi” rispose Spencer diretta. Non voleva perdere tempo.

Melissa iniziò a girare per la stanza. “Sai, mi annoiavo, e sinceramente un po’ mi mancavi. Il caro detective ha fatto un buon lavoro per questo incontro. Non ci ha beccato nessuno” iniziò a raccontare.

Spencer rimase immobile mentre Melissa chiuse la porta della stanza.

“Te lo chiedo per l’ultima volta. Che cosa ci fai qui, e cosa vuoi da me?” continuò Spencer imperterrita.

“Quanta fretta. Abbiamo almeno tre anni da recuperare” rispose Melissa.

“Dimmi cosa diavolo vuoi!” Spencer sbottò, urlando di colpo. La voce spezzata dal pianto e le mani che le tremavano. Il cuore batteva come mai prima d’ora. Melissa si fermò di scatto, incredula, e si mise a ridere.

“Caspita, devo dire che ti faccio ancora un bell’effetto” rispose gongolando.

Spencer provò a ricomporsi. Doveva calmarsi. “Ascolta. Mi basterebbe fare una telefonata, e i poliziotti arriverebbero qua in un secondo. Mi basterebbe darti un colpo, farti perdere i sensi, e aspettare l’arrivo della polizia. Quindi, qualsiasi cosa tu debba dirmi. Dilla oraprecisò la giovane Hastings con estremo coraggio.

“Avresti veramente il coraggio di colpirmi? Seriamente?” chiese Melissa risedendosi sul letto.

“Melissa…” continuò Spencer.

“Preferisco Alex, grazie” rispose lei stizzita.

“Già, perché Melissa Hastings non è mai esistita, dimenticavo” provocò Spencer.

“Eccola! Eccola la sorellina petulante e con la lingua tagliente che tanto amavo!” rispose Melissa.

“Che mi dici di Isabelle? Come fai a conoscerla?” chiese Spencer diretta.

“Oh, arriva l’argomento scottante, eh?” continuò Melissa.

“Tu sai chi è, non è vero? Devi dirmelo” rispose Spencer.

“Io so molte cose, piccola Hastings. Alcune non vorresti proprio saperle, fidati” continuò Melissa, provocando e stuzzicando Spencer. Quest’ultima iniziava nuovamente a perdere la pazienza, ma tentava di rimanere calma.

“Voglio solo sapere di Isabelle. Chi è?” chiese diretta Spencer.

“Potrei sapere la sua identità, o forse no. Però posso dirti una cosa molto importante” spiegò Melissa.

“Cioè?” chiese Spencer.

“Il caro dottorino potrebbe sapere più di quanto immagini” rispose Melissa alludendo a Wren.

“Parli, parli di Wren? Che cosa dovrebbe sapere lui?” chiese Spencer.

“Beh, se ho avvisato anche lui che Isabelle era in città, significa che anche lui la conosceva, giusto? Fai 2+2 e avrai la risposta che cerchi” continuò Melissa, usando le parole giuste per suscitare la curiosità di Spencer.

“Ok, e allora chi è realmente Isabelle? E perché ci sta facendo questo?” chiese Spencer iniziando nuovamente ad apparire spazientita.

“Non ci crederai mai quando lo scoprirai. Diciamo che Isabelle non fu del tutto corretta con me in passato, e soprattutto vi controlla da molto, moltissimo tempo precisò Melissa, mettendo i brividi alla sorella.

“Che intendi dire?” chiese Spencer.

“Diciamo, che l’ho iniziata io. Era un po’ una mia allieva. E alla fine, l’allieva mi ha tradito portandosi a letto il mio uomo” spiegò Melissa un po’ adirata.

“Cosa? Wren aveva una relazione con questa Isabelle?” chiese Spencer piuttosto incredula.

“Ricordi quando tornai a Rosewood? Il periodo in cui stavi male, le anfetamine, etc?” chiese Melissa, ricordando il passato.

“Quando, quando ritrovarono il corpo di Jessica DiLaurentis, sì, ricordo” rispose Spencer.

“Bene. Feci la stupida cosa di lasciare Wren a Londra, pensando che mi avesse aspettato. Sembravamo alquanto felici, e invece quel bastardo non vedeva l’ora di liberarsi di me e infilarsi nel letto di un’altra” spiegò la donna.

“Quindi, Wren ti ha tradito con questa Isabelle?” chiese Spencer.

“Tu che credi?” rispose Melissa piena di livore in volto.

“Ok, quindi Isabelle stava a Londra? Perché era lì? Come facevi a conoscerla? Perché eravate amiche?” continuò Spencer tempestandola di domande.

“Caspita, sembra di essere tornata nel passato. Con te che mi riempivi di domande, ed io che non ti davo mai una risposta chiara. Non ti manca quel periodo?” chiese poi Melissa.

“Mel…Alex, per favore. Dimmi tutto quello che sai” Spencer quasi la implorò.

“Come ti ho già detto. E’ meglio se parli con Wren” finì Melissa, che quindi andò ad aprire la porta della stanza. Era un chiaro invito a Spencer di andarsene. La giovane Hastings apparve confusa.

“Quindi a che è servito questo incontro?” chiese Spencer.

Melissa le si avvicinò lentamente, quasi con modi inquietanti, e le accarezzò dolcemente il viso. “Mi mancavi” le sussurrò all’orecchio. Spencer si allontanò mentre un brivido di paura le percorse tutta la schiena, quindi fece per andarsene, mentre Melissa tornò a sedersi sul letto. “…Ah, siccome sono sicura che andrai a raccontare tutto alle tue amichette, ti consiglio di non dire dove ci siamo incontrate, altrimenti Isabelle non sarà la sola che vi torturerà. Alla fine, sono io ad aver dato inizio al gioco. Tienilo bene a mente” minacciò velatamente la giovane Drake.

Spencer le lanciò un ultimo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e pieni di rabbia. Quindi uscì in fretta dalla stanza, e si chiuse la porta alle spalle con estrema foga.

Nel frattempo, a casa DiLaurentis, Alison ed Emily stavano dormendo serenamente, o almeno sembrava così. Alison continuava a dimenarsi in quel letto, stava palesemente sognando, o magari ricordando. Nella sua mente, la ragazza era chiusa in un lurido bagno, con una parrucca nera addosso, mentre piangeva disperata accasciata per terra, e poggiata alla porta.

Le immagini erano sfocate, confusionarie. Vide lei piangere, e qualcuno passarle una busta bianca da sotto la porta. Poi ancora lei in lacrime, e di colpo sentì’ il nome ‘Isabelle’ riecheggiare, e si svegliò di scattò. Sudata e con il respiro affannato. Emily si svegliò anch’essa.

“Ehi, Ali, che è successo?” chiese un po’ frastornata.

Ali tentò di ricomporsi, si guardò intorno alquanto confusa.

Pochi istanti dopo, le due erano in cucine, mentre Emily stava porgendo alla moglie un bel bicchierone d’acqua.

“Grazie” rispose Alison piuttosto stanca.

Emily si sedette di fronte a lei. “Allora? Vuoi dirmi cos’hai sognato?” chiese.

“Non lo so nemmeno io. Ma non penso fosse un sogno, ma piuttosto, un, un ricordo” rispose Ali.

“Un ricordo? Che tipo di ricordo?” chiese Emily.

“Non lo so. Ma è legato al fatto che sono convinta di aver sentito il nome Isabelle già in passato” rispose Alison con estrema convinzione.

“Ma dove puoi averlo sentito? Non può essere che semplicemente avrai conosciuto qualche studente con questo nome, e ora ti è rimasto impresso nella mente?” chiese Emily dubbiosa.

“No, sono, sono sicura che sia legato a qualcos’altro. E probabilmente anche al sogno che ho fatto questa notte” rispose Alison.

“Secondo me sei solamente tanto stanca” rispose Emily accarezzando il volto della moglie, e spostandole i capelli dietro l’orecchio.

Alison si poggiò con la guancia sulla mano di Emily, come a volersi far cullare, e le sorrise.

“Riaverti a casa è davvero meraviglioso, lo sai?” aggiunse Alison.

“A chi lo dici” rispose Emily.

Ali poi rimase a riflettere ancora un po’.

“Tuo padre è andato via?” chiese Emily sperando di non essere inopportuna.

“Sì. Ha fatto le valigie e se n’è andato” rispose Alison chiara e concisa.

“Ti sei pentita di averlo cacciato?” continuò Emily.

“No, cioè non lo so. Forse. Non so. E’ anche senza casa, quindi avrà dovuto pagare un albergo. So solamente che mio padre sta nascondendo qualcosa. Fin quando non mi dirà la verità, io non posso tenerlo accanto a me, o accanto alle bambine. E’ troppo pericoloso, e sono stanca di essere presa in giro” continuò Alison piuttosto giusta.

“Hai ragione” rispose Emily.

“Comunque scusami se ti ho svegliata” replicò Alison.

“Ma va, figurati. Avevo il sonno leggero stanotte. Continuavo a pensare a domani” ribatté Emily.

“Ah, domani è’ l’anniversario della morte di tuo padre, vero?” chiese Alison.

“Già. Saranno quattro anni che non c’è più. E’ incredibile” rispose Emily malinconica e triste.

“Vuoi andare al cimitero?” domandò Alison curiosa.

“L’idea è quella. Sai, non vado a trovarlo da così tanto tempo che ho come l’impressione che possa avercela con me. Non lo sogno nemmeno più. Prima lo sognavo quasi ogni notte. Dici che sarà un segno?” replicò Emily un po’ preoccupata.

“Ma no. Semplicemente hai bisogno di andare a parlare un po’ con lui. Ti servirà andare a trovarlo, fidati” concluse Alison alzandosi dal tavolo e andando a dare un bacio alla sua splendida moglie. Di colpo, dal baby-monitor posto sul tavolo iniziarono a udire il lamento di una delle due bambine, che iniziò a dire “Mamma”.

Ali ed Emily si guardarono sorridendo, ma anche un po’ stanche.

“Mi sa che si sono accorte che non siamo a letto” aggiunse Emily.

“Già. Andiamo” rispose Alison. Le due si presero per mano e ritornarono al piano di sopra per calmare chi delle due bambine, stava iniziando a piangere.

A casa di Willa, nella sua stanza, Hadley, Samantha, e Ava, erano tutte sul letto di Willa, mentre accerchiavano l’amica seduta sul letto. Era uscita dall’ospedale, e indossava il gesso al braccio sinistro. Il letto era cosparso di pacchi di patatine, di caramelle gommosse. Schifezze di ogni tipo.

“Ci pensate che sono le tre del mattino? Domattina non riusciremo mai ad andare a scuola” esclamò Samantha.

“Hai davvero pensato che domani saremmo andate a scuola? Willa è appena tornata. Di certo non ci allontaneremo da lei” esclamò Hadley con tanta premura.

Willa sorrise. “Ragazze, non dovete controllarmi 24 ore su 24, tranquille. Ho già i miei che mi stanno sul fiato sul collo. E mia cugina Mona. Starò bene” aggiunse.

“Ma noi siamo le tue migliori amiche, ti vogliamo bene” rispose Ava andando a dare un abbraccio a Willa, tentando di non farle male.

Hadley scrutò attentamente Willa. “Piuttosto, ora, ora che sei di nuovo a casa…” iniziò a parlare seriosa.

“Sì?” chiese Willa.

“Vuoi dirci cosa diavolo sta succedendo?” continuò Hadley.

Willa apparve alquanto preoccupata. “Ragazze, è meglio per voi rimanere all’oscuro. Lo dico per la vostra sicurezza” rispose la giovane.

“Willa, non sta a te decidere. E’ chiaro che sta succedendo qualcosa. Qualcosa che coinvolge anche la coach Fields, la professoressa DiLaurentis, e te” spiegò Hadley.

“E Hanna Marin, Aria Montgomery” ribatté Ava.

“E Spencer Hastings” concluse Samantha.

“Esatto. E siamo convinta che c’entri anche quello che è successo ad Addison” continuò Hadley.

“Già. Abbiamo consegnato a loro la foto di Addison insieme alla professoressa Harmor, ma non ci hanno voluto spiegare niente della situazione. Tu sei la nostra migliore amica, quindi sta a te spiegarci. Se riguarda te, Addison, abbiamo il diritto di saperlo. Siamo le tue migliori amiche, e ci conosciamo da una vita. Devi fidarti di noi, e non tenerti tutto dentro” Hadley apparve alquanto matura e decisa a voler sapere la verità.

Willa deglutì mentre i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi. “Ragazze, non voglio mettere la vostra vita in pericolo” rispose, con la voce spezzata.

“Willa, come ha detto Hadley, non sta a te decidere. Siamo un gruppo. Affrontiamo tutto insieme” rispose Samantha.

“Sempre” terminò Hadley.

Willa capì di dover parlare con loro. Non poteva più tenersi dentro tutta la paura, tutto quello che era successo e che stava succedendo. Aveva bisogno di sfogarsi con le persone più importanti della sua vita. Quindi fece un lungo sospiro.

“Ok…Come volete” iniziò a spiegare la giovane. Hadley, Ava e Samantha subito prestarono attenzione. “…E’ iniziato tutto la notte in cui Addison scomparve” iniziò a raccontare Willa.

In strada però, qualcuno stava osservando la finestra della camera di Willa. Qualcuno con una felpa nera e con cappuccio. Guardava in direzione della camera da letto della giovane, senza distogliere lo sguardo. In quella stradina buia e silenziosa, se ne stava lo stalker a spiare la povera Willa, in attesa di qualcosa. Dopodiché si voltò, e s’incamminò, sparendo nell’oscurità.

SIGLA.

 

 

 

 

 

 

Durante la mattinata, il sole splendeva a Rosewood. Aria era già ben sveglia e seduta sul divano di casa. Sembrava alquanto indaffarata. In una mano teneva il suo caffè, mentre con l’altra smanettava sul profilo facebook di Nicole. Per terra, circondato dai suoi giochi, il piccolo Byron giocava serenamente.

Ezra arrivò al piano di sotto in pantofole e ancora assonnato. “Ehi, buongiorno” esclamò l’uomo sedendosi sul divano e dando un bacio alla moglie. Aria però non lo guardò nemmeno. Neanche gli rispose, e continuava a stare con gli occhi fissi sul PC. “…Buongiorno campione! Vieni a darmi un bacio!” continuò Ezra all’indirizzo di Byron. Il bimbo si alzò da terra e corse ad abbracciare il papà, che subito lo prese in braccio e lo riempì di baci. Aria però sembrava totalmente presa da altro, tanto da non prestare attenzione ai due. Ezra se ne accorse.

“Terra chiama Aria. Ci sei?” chiese l’uomo un po’ ironico.

Aria rimase ancora fissa a leggere per pochi minuti dalle ‘informazioni di contatto’ del profilo di Nicole, e poi tornò subito alla realtà. “Scusa, che dicevi?” chiese lei.

“Ma che stai guardando?” continuò lui, spostando lo sguardo sul PC e capendo tutto. “…Aria, che hai in mente?” continuò.

“Semplicemente vorrei parlarle” rispose lei.

“Per chiederle cosa? Se ti sta perseguitando? Se ha rapito una 15enne?” rispose lui ironico.

“No di certo. Ma non possiamo rimanere con le mani in mano. Non può essere una coincidenza. Xavier ci parlò di una ragazza che studiava alla St. Balance di nome Isabelle, e abbiamo scoperto che Nicole studiò lì proprio nell’anno in cui ci stava questa Isabelle. Nicole era molto più grande di te, giusto? Quanti anni avrà ora? 31, 32?” continuò lei.

“Sì, penso circa 35” rispose lui.

“Ecco. Combacia anche l’età. Magari è proprio lei questa Isabelle” rispose Aria convinta della sua teoria. “…Ma certo! Magari reclutò Emily per il progetto umanitario, per studiarla da vicino, poi si avvicinò a te per conoscere meglio me e allontanarci, il progetto proposto a te in Perù. Tutto quadra. Magari anche il suo rapimento è stato una farsa” la giovane donna iniziava leggermente a viaggiare troppo con la mente.

“Tesoro, non credi di star esagerando? Ti stai basando solamente su un’informazione letta online” rispose Ezra provando a farla ragionare con più lucidità.

“Ok forse, probabilmente viaggio troppo con la fantasia. Però dobbiamo parlare con lei. Chiederle qualcosa” replicò Aria.

“Che avresti in mente?” chiese lui.

“Vorrei scriverle dicendole che voglio incontrarla per parlarle di un progetto legato alla sua associazione umanitaria. Le dirò che ho intenzione di creare una sorta di partnership con lei, e con la mia casa editrice” spiegò accuratamente Aria.

“Hai già calcolato tutto” rispose lui sorpreso.

“Sì. Non voglio perdere altro tempo. Se Nicole c’entra qualcosa, lo scoprirò entro stasera. E tu ovviamente verrai con me” continuò Aria alzandosi in fretta dal divano, ricomponendosi.

Io? Ma, Aria, non penso sia la cosa più giusta da fare. Non vedo Nicole da anni. E non ci siamo lasciati proprio in buoni rapporti” ricordò l’uomo.

“Un motivo in più per venire. Lei comunque pensa perennemente a te. Il suo profilo facebook è pieno di citazioni dal nostro libro, quindi. Io vado a fare la doccia. Partiamo subito dopo pranzo. Byron, sali con mamma?” chiese poi Aria al figlio, finora rimasto sul divano a giocherellare con il pigiama sgualcito di Ezra.

“Si!” urlò il bambino saltando su dal divano.

Aria lo prese per mano. “…Preparati” concluse la giovane donna all’indirizzo di Ezra, e dopodiché salì al piano di sopra con il figlio, mentre Ezra rimase sul divano, a contemplare il profilo facebook di Nicole, e a riflettere sulla faccenda.

Intanto, al Brew, una Hanna alquanto adirata era seduta ai divanetti intenta a discutere al telefono in modo animato. Caleb era a far la fila per il caffè, mentre la piccola Regina si divertiva a giocare con la sua bambola preferita, seduta accanto ad Hanna. Caleb le osservava sorridente. In quel momento entrò nel locale Spencer, che subito si avvicinò all’uomo.

“Ehi, buongiorno” aggiunse Spencer.

“Ehi Spence rispose Caleb.

La donna subito posò lo sguardo su Hanna. Notò il suo gesticolare, e sentì’ la sua voce piuttosto alta.

“Ma che le succede?” chiese Spencer curiosa.

“Sta discutendo con una delle sue assistenti di New York” rispose Caleb.

“Problemi a lavoro?” chiese lei.

“Quando manchi per settimane, e non presenti nessuna idea per la nuova collezione, i problemi iniziano a sorgere” rispose Caleb alquanto preoccupato.

“Già. Io non ho avuto nemmeno il tempo di parlare con la commissione degli avvocati. Non sto nemmeno provando a far annullare la mia sospensione. Non avrei la testa per farlo ora” rispose Spencer.

“Piuttosto, tu come stai? Non abbiamo avuto modo di parlare, visti gli ultimi avvenimenti” chiese Caleb premuroso.

“Ho passato giorni migliori. E’ tutto un casino ultimamente” spiegò lei.

“Lo sai che per qualsiasi cosa puoi sempre contare su di me, vero?” rispose lui con fare amorevole.

Spencer gli sorrise con dolcezza “Certo” rispose.

Hanna intanto mise giù il telefono alquanto scocciata, e Spencer decise di raggiungerla. “Chi è la bambina più bella di questa città?” esclamò la giovane Hastings nei riguardi della piccola Regina, e usando una tenera vocina. Subito si avvicinò alla piccola, e la riempì di baci. “…Ma sei tu! Eccola dov’è la bambina più bella!” continuò, facendo il solletico alla piccola che si dimenava e rideva di gusto. Hanna non le dava molta retta. Continuava a tenere gli occhi sul suo telefono. Spencer si preoccupò.

“Ehi, che succede?” chiese.

“Succede che sono la persona dietro uno dei marchi di moda più famosi degli ultimi due anni, e sto facendo andare a fondo la compagnia” spiegò lei.

“In che senso?” ribatté Spencer.

“Nel senso che non ho consegnato nulla, Spence. Era uno dei miei collaboratori al telefono. Avremmo dovuto lanciare il primo capo per la collezione autunno-inverno, un mese fa, e invece non ho combinato nulla. Dopo il casino con Kate, mi sono totalmente fermata. Se non faccio qualcosa nei prossimi giorni, la HM Fashion può tranquillamente chiudere i battenti” rispose Hanna piuttosto adirata.

“T’inventerai qualcosa, ne sono certa” rispose Spencer speranzosa.

“Tu dici? Perché la mia mente ultimamente pensa solamente a persone in galera, stalker, e omicidi. Potrei essere brava a disegnare tute arancioni di galera, quello sì” ironizzò Hanna.

Caleb con due caffè in mano, raggiunse le due, e porse uno dei due caffè alla moglie. Hanna subito prese il suo e iniziò a berlo come se stesse bevendo un bicchiere d’acqua fresco.

“Ehi, vacci piano Hanna. Nemmeno io lo bevo con così tanto entusiasmo. Rischi di sentirti male” aggiunse Spencer.

“Scusatemi. E’ che non so veramente come muovermi. Ora come ora non ho davvero la testa di mettermi a creare nuovi bozzetti. Ho bisogno di scoprire cosa diavolo ha combinato mio padre. E devo trovare il modo di parlare con Emily” spiegò Hanna.

“Riguardo a quello che mi hai raccontato ieri al telefono? Di suo padre?” chiese Spencer.

“Sì. Insomma, era anche lui al lago il giorno in cui scomparve Roger. E mio padre con quella lettera mi ha chiaramente fatto capire che non era coinvolto solo lui” ricordò Hanna.

“Il signor Fields era l’ultima persona che credevo coinvolta in questa faccenda. Mi aspettavo di scoprire che fosse invischiato il padre di Aria, o…” Caleb non finì la frase. Spencer lo fissò di colpo.

“O mio padre?” intervenne la giovane Hastings.

Caleb abbassò lo sguardo leggermente in imbarazzo.

“Scusa Spence, è che il padre di Emily è sempre stato buono e gentile. Non lo vedo proprio a insabbiare la morte di un bambino innocente” rispose Hanna.

“Sì, avete ragione. Sarà un brutto colpo per Emily” continuò Spencer. “…E poi, purtroppo mio padre qualcosa sapeva, altrimenti non mi avrebbe messo in guardia con quella lettera” spiegò la Hastings.

“A quanto pare il padre di Ali ha fatto scena muta l’altra sera. Non ha intenzione di parlare” rispose Hanna.

“In un modo o nell’altro dovrà farlo” continuò Spencer.

“Piuttosto, dove sei finita ieri sera? A un certo punto non hai risposto più ai messaggi” chiese Hanna.

Un brivido pervase il corpo di Spencer. Avrebbe voluto dirle subito del suo incontro con Melissa. Di quello che si erano dette. Ma non era ancora pronta. Avrebbe voluto confidarsi con tutte le sue amiche, insieme. Quindi ci rifletté un po’.

“Niente, alla fine mi sono addormentata come un ghiro“ replicò Spencer.

“Novità dal detective Davis? Non si è più fatto vivo?” continuò Hanna.

“No, niente” tagliò corto Spencer.

“E se lo stalker fosse arrivato a lui in qualche modo?” chiese poi Hanna.

Spencer rimase zitta a riflettere, e a contemplare il vuoto, sentendosi in colpa per le bugie che stava raccontando.

Nel frattempo, al cimitero di Rosewood, Alison stava lasciando dei fiori sulla lapide di sua madre, e su quella di Charlotte, poste vicine nello stesso punto. Aveva sistemato degli splendidi tulipani. Emily era qualche centimetro più dietro, per ‘lasciarle i suoi spazi’. Quindi Ali posò i fiori e si rialzò, guardando le lapidi con sguardo malinconico. Emily si avvicinò pian piano alla moglie.

“Come ti senti?” chiese Emily.

“Strana. Non, non vengo a trovare la mamma da così tanto tempo. Ho provato a consolare te ieri notte con questa storia, quando ero la prima a non venire più al cimitero da tempo” spiegò Alison.

Già. Purtroppo siamo così prese dalle nostre vite, che dimentichiamo di loro che si trovano qui” rispose Emily.

Lo sguardo di Ali, dopodiché, si posò sulla lapide di Charlotte. “…E’ brutto dire che non riesco più a sopportare di vedere qui la sua lapide?” chiese poi la donna.

Emily non sembrò per nulla sorpresa. “No, affatto. Charlotte si era presa gioco di te, fino alla fine” rispose Emily.

“Già. Non penso meriti di stare accanto a mia madre” rispose Alison.

Intanto, Emily aveva alzato lo sguardo e stava guardando di fronte a lei, pochi metri più avanti, dove potevamo notare la lapide di Wayne Fields. “E’ il mio momento” esclamò la donna ansiosa. Fece un sospiro, e si avviò verso la lapide del padre. Alison la lasciò andare da sola.

Emily quindi si avvicinò sempre di più, fino a ritrovarsi di fronte la lapide del suo amato padre. Si accasciò, e si sedette. Dopodiché accarezzò con dolcezza e con malinconia la lapide. “Ciao papà” aggiunse la donna con voce emozionata.

“…Come stai? E’ passato tanto tempo dall’ultima volta che ti sono venuta a trovare” continuò Emily, come se avesse suo padre lì di fronte a lei. Come se stesse parlando a quel suo meraviglioso padre che tanto aveva amato quando era in vita, e che ancora amava come  allora. “…Sicuramente mi starai fissando con quel tuo solito sguardo che facevi quando volevi rimproverarmi di qualcosa. E me lo merito, sai?” continuò Emily.

Intanto, Ali si stava lentamente avvicinando, senza essere troppo invadente. Rimase in disparte dietro la moglie.

“…Grace e Lily stanno bene. Sono cresciute. Tra non molto dovremmo iscriverle all’università” ironizzò la giovane Fields-DiLaurentis. Continuò a fissare la lapide con uno sguardo triste e anche emozionato. “…Mi manchi ogni giorno, sai? A volte vorrei vederti insieme alle tue nipotine. Vederti uscire di casa e portarle al parco. Vederti per le strade di Rosewood con la mamma. Mi manchi veramente tanto continuava Emily, mentre i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi.

Ali si avvicinò di più, ed Emily sentì la sua presenza. Si alzò e portò Ali più avanti, prendendole la mano. “…Ti ricordi di Ali, vero? In pratica la mia felicità. Tra me e lei è di nuovo tutto ok. E siamo felici” aggiunse poi Emily, come a voler mostrare al padre la sua vita piena e bella.

“Avrei tanto voluto conoscerlo meglio. Mi dispiace che lui di me abbia conosciuto solo il lato della stronzetta del liceo, di quella che sembrava prendersi gioco di sua figlia e dei suoi sentimenti” rispose poi Alison dispiaciuta.

“Gli saresti piaciuta in questa nuova versione, fidati” rispose Emily.

Mentre rimasero a fissare la lapide, Alison notò lì tra i tanti fiori, delle margherite bianche davvero belle. “Ehi, queste margherite sono meravigliosa” esclamò la donna abbassandosi per osservarle meglio.

“Già. Chissà chi li ha portati. Mamma odiava le margherite, non li ha mai portati qui al cimitero” rispose Emily curiosa.

“Magari qualche vecchio amico” rispose Alison, e mentre osservava i fiori, trovò un biglietto attaccato allo stelo di una delle margherite. “…C’è un bigliettino” continuò Ali aprendolo.

“Cosa dice?” chiese Emily.

Alison lo lesse a voce alta “Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Non ti dimenticherò mai. K.D.” Non appena Alison smise di leggerlo, la pervase una strana e preoccupante sensazione.

“K.D.?” chiese Emily.

“Come Ken DiLaurentis? Mio padre?” chiese Alison quasi impaurita di fare tale domanda.

“Tuo padre? Ma no, sarà una coincidenza” rispose Emily volendo auto convincersi di ciò.

“Non lo so. Oramai non esistono più coincidenze a Rosewood, dovremmo saperlo rispose Alison.

Emily rimase a contemplare quel bigliettino, piuttosto pensierosa. Quindi decise subito di staccarlo e lo mise in tasca. Si rialzò in fretta.

“…Che fai?” chiese Alison perplessa.

“Non lo so. Voglio solo andar via da qui” replicò Emily in fretta.

Alison capì di dover seguire Emily. Sistemò il cappotto e subito seguì la moglie fuori dal cimitero, con passo svelto.

Più tardi, un’auto si era appena parcheggiata nel vialetto in cui era posta casa Derringer. Al volante ci stava Hadley. Accanto a lei, Willa, e dietro c’erano Ava e Samantha. Guardarono in direzione della casa, e sembravano alquanto ansiose.

“Siamo sicure di quello che stiamo per fare?” chiese Willa.

“Sì. Dobbiamo farlo. Se quello che ci hai detto è vero, chi ha ucciso Addison è ancora a piede libero, e questa storia potrebbe nascondere qualcos’altro. E’ giusto indagare. Dobbiamo fare la nostra parte prima che questo pazzo provi nuovamente a farti del male” spiegò Hadley decisa e risoluta.

“Ancora non riesco a capacitarmi di quello che sta succedendo. Un tizio mascherato che manda sms anonimi, ma sei certa?” chiese Ava a Willa, provando a metabolizzare la cosa.

“Me lo avrai chiesto cinque volte nel tragitto da casa. Sì, Ava. E’ tutto vero. Non è la trama del libro di Aria Montgomery. Sta succedendo realmente” rispose Willa.

“Aggiungerei, di nuovo. Queste donne sembrano avere una calamita per i problemi. E hanno trascinato anche te” rispose Samantha.

“Non è colpa loro. Ma mia. Mia per non aver rivelato alla polizia cosa successe con Addison quella notte. Se avessi parlato subito, non sarebbe successo nulla” rispose Willa.

“Non potremmo andare ora dalla polizia e rivelare tutto? Di te, di Addison, di questo psicopatico che ti perseguita?” chiese Ava.

“Ragazze, no! Questo pazzo non si fermerebbe davanti a nulla pur di far del male a qualcuno. Se andassimo dalla polizia, potrebbe colpirmi nuovamente, o…” Willa non ebbe il coraggio di continuare la frase.

“O colpire una di noi” rispose Hadley.

“Esatto. E non voglio che vi succeda nulla di male. Quindi ora scendiamo, e andiamo a parlare con il signor Derringer” continuò Willa con voce decisa.

“Quell’uomo sarà straziato dal dolore. Ha perso moglie e figlia nel giro di poche settimane. Cosa vi fa pensare che parlerà con noi?” chiese Ava.

“Dobbiamo almeno tentare. Andiamo rispose Hadley, che quindi scese dall’auto con decisione, senza fermarsi. Tutte la imitarono e si diressero alla porta di casa. Le quattro fecero un grosso respiro, e Hadley bussò. Pochi istanti dopo, il signor Derringer aprì la porta. Non appena le vide, rimase sorpreso e visibilmente emozionato. Le ragazze indossarono un sorriso smagliante.

“Salve signor Derringer” esclamò Hadley.

“Oh, ma che sorpresa ragazze. Cosa ci fate qui?” chiese lui con voce flebile e stanca.

“V-Volevamo, volevamo un po’ parlare con lei, se, se non è un problema” intervenne Willa.

“No, ma certo! Anzi mi fa piacere, entrate pure. Avevo appena preparato dei biscotti” rispose il signor Derringer. L’uomo quindi spalancò la porta, e le fece entrare in casa.

Pochi istanti dopo, il signor Derringer aveva posto un piatto di biscotti con scaglie di cioccolato, sul tavolino nel salotto di casa, e si sedette sulla sua poltrona. Ava, Willa, Hadley, e Samantha, stavano sedute sull’altro divano, ed erano piuttosto ansiose e a disagio.

“Spero vi piacciano. Diciamo che era mia moglie quella brava in cucina” raccontò l’uomo. Il suo sguardo era triste, spento.

Fissò poi le ragazze e sorrise con estrema tenerezza. “…Allora? Come state? Non vi vedo dal funerale di mia moglie” chiese l’uomo.

“B-Bene, stiamo bene. Dobbiamo tentare di andare avanti” replicò Ava un po’ a disagio.

“Anche se Addison ci manca ogni giorno di più” intervenne Hadley.

“Già, manca tanto anche a me. Perdere la mia bambina, e, e subito dopo mia moglie, è stato, come, come morire. A volte penso di mettere fine alla mia vita, di ricongiungermi alla mia famiglia, ma poi, poi capisco che sono un vigliacco e che non avrei mai il coraggio di fare, di fare ciò che ha fatto Felicity” rispose l’uomo.

“Laura intende” sussurrò Ava.

“Come hai detto Ava?” chiese l’uomo.

Hadley e Samantha le diedero subito una gomitata per farla star zitta.

“Nulla, m-mi scusi” rispose Ava tentando di ricomporsi.

“No, no, ho sentito bene. Hai detto Laura? Che ne sai tu di questa storia?” chiese l’uomo iniziando un po’ ad agitarsi.

“Niente, davvero. Pensavo ad alta voce” rispose Ava.

Willa capì che era il momento di aprire il discorso, quindi ne approfittò. “Sì, ha detto Laura. Laura Cooper. Ovvero il nome che aveva sua moglie quando era sposata con Alan Maxfields. Sappiamo tutto signor Roger. Sappiamo del piccolo, sappiamo che Addison aveva scoperto la verità. Sappiamo anche di Isabelle, del fatto che fosse la sorella maggiore di Roger. Quindi, se, se lei sa qualcosa di più riguardo questa storia, la prego, ce lo dicachiese Willa senza peli sulla lingua.

L’uomo rimase immobile, sconvolto da tali parole.

Poco dopo, però, le ragazze insieme al signor Derringer, erano entrate in soffitta. Una soffitta lugubre e a tratti inquietante.

“Aspettavo che qualcuno venisse a farmi qualche domanda prima o poi. Anche se pensavo potesse essere quella bella professoressa di Addison. Era già venuta un paio di volte. Capelli neri, molto bella” esclamò l’uomo mentre iniziava a rovistare tra una miriade di cianfrusaglie.

“Emily Fields?” chiese Willa.

“Sì, credo si chiamasse così. Felicity mi disse che era venuta a trovarla un po’ di volte. Quindi mi aspettavo una sua visita da un momento all’altro” rispose l’uomo. “…Oh, eccola, trovata!” replicò di colpo, dopo aver tirato fuori una foto da dentro un vecchio fascicolo polveroso. Quindi tolse la polvere da sopra la foto, e la consegnò alle ragazze. Willa prese in mano la foto. Era una foto di anni prima, e ritraeva una giovane Felicity Derringer, ovvero Laura Cooper, in un parco giochi mentre teneva in braccio Roger, che in quella foto avrà avuto 1-2 anni. E di spalle, mentre guardava Laura e il piccolo, c’era una ragazza alta, snella, con capelli neri e lunghi che sembrava stesse battendo le mani. Sembrava il ritratto di una famiglia felice. Ben evidente sul fondo schiena, il famoso tatuaggio del cavallo in mezzo al campo di fiori rosa.

“Questa, questa è Isabelle?” chiese Willa.

“Sì. Isabelle Maxfields. Caspita, non pronunciavo questo nome da così tanto tempo” rispose l’uomo sorprendendosi di se stesso.

“E’ l’unica foto che ha di lei?” chiese Hadley.

“Sì. E’ l’unica che Felicity decise di tenere. Sapete, quel giorno al lago Isabelle era insieme a Roger. Avrebbe dovuto prendersi cura del fratellino, ma si distrasse, e Roger scomparve nel nulla. Ricordo che Isabelle si sentiva talmente in colpa per quello che era successo. Lei amava suo fratello minore. Lo amava più di qualsiasi altra cosa al mondo, e quello che successe la distrusse. Iniziarono a esserci dei…Dei problemi spiegò l’uomo.

“Che tipo di problemi?” chiese Willa curiosa.

L’uomo si sedette su un vecchio baule. “Dopo la scomparsa di Roger, Isabelle era distrutta e divorata dai sensi di colpa, e purtroppo Felicity e il suo ex marito, il padre di Roger e Isabelle, non riuscivano a non incolparla di quel che era successo. Una sera, una sera Isabelle aggredì Felicity spiegò accuratamente l’uomo.

“Aggredì la signora Derringer, seriamente?” chiese Hadley incredula.

“Esatto. Tento di farle del male con un coltello da cucina. Isabelle, da quel che mi raccontò mia moglie, era sempre stata una ragazzina un po’…Particolare, diciamo così. Credevano fossero dei problemi legati alla crescita, ma a quanto pare non era così. Dopo quell’episodio, Isabelle scomparve nel nulla” spiegò l’uomo.

“In che senso scomparve nel nulla?” chiese Hadley.

“Fuggì di casa. Disse addio ai suoi genitori, dicendo che non voleva più avere niente a che fare con loro, che per lei oramai erano morti, e andò via. Si dimenticò di loro, e loro fecero altrettanto. Distrussero ogni foto, ogni ricordo, qualsiasi cosa legato a Isabelle. Per loro, la loro primogenita era morta. Lo so, un po’ drastica come scelta, ma Felicty, lei, lei, la scomparsa di Roger l’aveva distrutta, e gestì male il rapporto con Isabelle. Gli anni poi passarono, e oramai Isabelle era solo un lontano ricordo. Non era più la figlia di Laura e Alan Maxfields, ma un ricordo sbiadito. Un qualcuno che oramai era stato dimenticato da tutti. Non c’era più nessuna foto, niente. Felicity si sbarazzò di tutto, e si ripromise di non nominarla mai più. Dopo quello che aveva fatto, per lei era morta, così come per Alan” continuò a spiegare accuratamente il signor Derringer.

“E come mai sua moglie ha tenuto questa foto?” chiese Willa.

“Per Roger. Era l’unica foto in cui era felice insieme al suo bambino” spiegò l’uomo.

“Ma nella foto c’è anche Isabelle” ribatté Hadley.

“Già. Probabilmente Felicity non ha mai voluto dirmelo, ma forse pensava ancora a Isabelle di tanto in tanto. Per questo tenne questa foto” spiegò l’uomo.

“E Isabelle non si è più fatta viva? Nemmeno una volta?” chiese Hadley.

“No. Mai. Non saprei nemmeno che faccia abbia ora, se la dovessi incrociare in giro di certo, non la riconoscerei. Sono passati così tanti anni” rispose l’uomo.

“Signor, signor Derringer, scusi per la domanda inopportuna, ma, ha mai pensato che magari Isabelle potesse c’entrare con quello che è successo ad Addison?” intervenne Samantha, finora stata zitta, e facendo la domanda più azzeccata.

“Certo. Io e Felicity ci pensammo subito, ma Felicity, lei, lei m’implorò di non parlarne alla polizia. Non ho mai capito perché. Quando lei morì, decisi, decisi di dire tutto al detective Davis” spiegò il signor Derringer.

“Aspetti, il detective sapeva di questa storia? Di Isabelle?” chiese Willa.

“Sì. Dissi tutto. Dissi che avevo il dubbio che magari Isabelle potesse essere riuscita ad arrivare ad Addison in qualche modo, ma a quanto pare, le indagini non hanno portato a nulla. Non ho mai avuto nessuna notizia dalla polizia” replicò l’uomo un po’ intristito.

“Sappiamo che Addison aveva scoperto che Roger era il suo fratellino minore, è così?” chiese poi Willa.

“Sì. Successe pochi mesi prima della sua scomparsa. Aveva ritrovato una vecchia foto qui in soffitta. Alcune foto di Roger, Felicity le teneva ancora, così le rivelò ogni cosa. Fu un periodo difficile. Addison era furiosa con sua madre per averglielo tenuto nascosto, ma alla fine, sia io che sua madre non volevamo che soffrisse. Felicity non aveva il coraggio di tirar fuori una storia che l’aveva fatta soffrire. Non avrebbe potuto sopportarlo, per questo decidemmo di non dire nulla ad Addison, ma alla fine scoprì tutto da sola. Questa cosa la allontanò da noi sempre di più” continuò l’uomo.

Il telefono di Willa di colpò squillò. Era un sms di Alison “Willa, vieni a casa della mia amica Spencer. Dobbiamo parlare” la ragazza lesse l’sms tra se e se.

“Ok, senta, noi ora dovremmo andare. Le, le dispiace se teniamo la foto?” chiese poi Willa.

L’uomo le scrutò tutte e quattro intensamente. “State provando a scoprire la verità, non è così?” chiese l’uomo.

Le ragazze si sentirono subito in estremo disagio. “Vorremmo provarci. Dobbiamo farlo per Addison” rispose Hadley.

“Spero per voi che ci riusciate. La polizia, la polizia brancola oramai nel buio. E probabilmente, con un po’ di aiuto, potreste arrivare alla verità, e lo spero. Lo spero per dare giustizia alla mia bambina” l’uomo parlò con la voce rotta dal pianto. Un uomo oramai dilaniato dal dolore, un uomo a cui non rimaneva più nulla, se non i ricordi di una famiglia oramai distrutta.

“Faremo il possibile per scoprire la verità, glielo assicuro promise Willa con decisione. “…La ringrazio. Andiamo ragazze” concluse, e quindi si avviò all’uscita della soffitta, seguita dalle amiche.

Più tardi, nel granaio di casa Hastings, c’era un po’ di gente. Forse troppa. Al tavolo stavano seduti Ezra, Caleb e Toby. Sul divano, da un lato ci stavano Aria, Alison ed Emily, sulla poltrona stava seduta Cassidy, mentre al tavolo di fronte i ragazzi, stavano sedute Mona e Hanna. Spencer camminava su e giù per la stanza, e sembrava parecchio agitata.

Hanna si guardò intorno “Non vedevo così tanta gente raggruppata insieme dal debutto della mia linea di moda” esclamò con le sue solite frasi buffe.

Cassidy sorrise sotto i baffi, divertita.

“Sembra una riunione di condominio” aggiunse Mona impaziente.

“Spence, almeno puoi dirci perché hai chiesto di vederci tutti qui?” intervenne Aria.

“Perché non riesco a tenermi questa cosa. Ho bisogno di parlarne a tutti voi. Per questo ho chiesto anche a Emily di chiamare Cassidy, e a Mona di chiamare Willa. Oramai le persone qui dentro sono tutte coinvolte nella storia, ed è giusto che sappiano quello che sta succedendo” specificò Spencer.

La porta del granaio si aprì, ed entrarono Willa e Hadley.

“Ciao, scusate il ritardo” esclamò Willa. Hadley entrò in punta di piedi, e si sentì totalmente in imbarazzo.

“Hadley, ciao. Willa ci ha detto che vi ha raccontato tutto. Mi sembra giusto” intervenne Mona. Willa andò ad abbracciare la cugina.

“Come va con il gesso?” chiese Mona.

“Ho passato momenti migliori” rispose Willa.

“Ciao Hadley. Io sono Spencer” fece la giovane Hastings, porgendo la mano ad Hadley con fare gentile.

“H-Hadley, piacere” rispose lei porgendole la mano.

“Hadley siediti pure, e preparati intervenne Hanna.

“Non…Non posso crederci. Sembra di stare nel libro di Aria Montgomery, c-cioè, nel tuo libro” intervenne Hadley guardando Aria. “…Tra l’altro, è meraviglioso. L’ho riletto cinque volte” specificò la ragazzina.

“Ti ringrazio” rispose Aria sorridendole.

“Ok, ora che ci siamo tutti, puoi dirci questa cosa?” intervenne Hanna all’indirizzo di Spencer.

“Io anche avrei da dire qualcosa” ribatté Willa.

“Anch’io” intervenne Emily.

“Lo stesso” rispose Hanna, scrutando la sua amica Emily con sguardo preoccupato.

“Ok, con calma. Spence, quello che dovevi dire sembrava importante, quindi dicci pure” intervenne Toby.

Spencer continuava a rimanere in piedi. Non riusciva a sedersi. Stava troppo in ansia. Fece un lungo respiro. Era pronta a raccontare dell’incontro con Melissa.

“L’altra sera…L’altra sera ho, ho incontrato…Melissa” la giovane Hastings sganciò la bomba.

“Che cosa?” esclamò Hanna.

“Puoi ripetere?” chiese Aria.

“Oh mio dio” continuò Alison.

“Ragazze, per favore. Lasciatemi finire e poi potrete dire tutto quello che volete” rispose Spencer.

“Ehm, Melissa sarebbe A.D.? A-Alex Drake? Quella del libro? Tua, tua sorella?” intervenne Hadley impacciata.

“Esattamente” le rispose Hanna.

“E’ successo l’altra sera. In sostanza: Il detective Davis era stato rapito da Melissa. L’ha convinto a combinare un incontro con me. Ci siamo viste in un motel fuori città, e mi ha parlato di Isabelle. Mi ha detto che le ha rubato il gioco, che questa donna ci sta spiando da anni, e che Wren aveva una relazione con lei nel periodo in cui Melissa era qui a Rosewood quando la madre di Alison morì. Non mi ha voluto dire chi fosse Isabelle, e dopodiché sono andata via. Non è successo altro, ve lo assicuro” Spencer raccontò tutto d’un fiato, non facendo nemmeno una pausa. Non voleva, infatti, fare nessuna pausa, ma raccontare tutto di colpo.

Rimasero tutti sbigottiti e confusi.

“A-Aspetta, h-hai, hai incontrato la donna che ha reso la nostra vita un inferno, e l’hai lasciata andare?” chiese Hanna incredula.

“Tesoro, che cosa poteva fare? Stiamo parlando di una sociopatica con un cervello incredibile” intervenne Caleb dicendo il giusto.

“Quindi è ancora qui? A Rosewood?” chiese Alison mentre un brivido le percorreva la schiena al sol pensiero.

“Non lo so. Non so se tornerà in Germania, dove ha vissuto fino a poco tempo fa. Non so se è rimasta. Non so nulla. So solamente che dovevo dirvi la verità, e l’ho fatto” rispose Spencer.

“Ritorniamo un attimo al detective Davis? Cosa c’entra in questa storia?” intervenne Mona.

“Sapevamo che era il padre di Sara Harvey. Bene, si è fatto affidare il caso di Addison per scovare Melissa e sbatterla in prigione, ma Melissa l’ha minacciato di fargli del male, e gli ha ordinato di lasciare la città. Per questo sembrava che non ci fossero mai novità sul caso di Addison e Roger. Il detective si stava dedicando solo a scovare Melissa. In compenso, lui mi ha dato questa prima di andar via” rispose Spencer, tirando fuori dalla tasca la pennina USB che le aveva consegnato Davis.

“Che cos’è?” intervenne Emily.

“E’ una pennina USB in cui ci stanno alcuni filmati, filmati che, che riguardano Addison. Ne ho visto solamente uno questa mattina presto, ma ce ne stanno molti altri” spiegò la giovane Hastings.

“Che genere di video?” continuò Willa.

“A quanto pare Addison aveva preparato dei vlog, dei, dei video-racconti sulla sua vita da pubblicare su un possibile canale online” spiegò Spencer.

“Sì, Addison ne parlava sempre. Aveva questa idea da un sacco di tempo” intervenne Hadley provando a inserirsi nella conversazione.

“Già. I primi video sono semplici video di una 15enne. Cosa ho nella mia borsa, com’è andata la mia giornata, ma gli altri, gli altri iniziano a essere diversi. Ha iniziato a parlare di Roger, e anche di Melissa. Non ho ancora avuto modo di visionarli tutti. Alcuni sono danneggiati, infatti, volevo chiedere a Caleb se“ spiegò Spencer.

“Sì, me ne occuperò io, tranquilla. Vedrò cosa posso fare” rispose il giovane Rivers prendendo subito la pennina.

“Quindi scusate, il detective Davis è fuori dal gioco? Tornerà la Tanner ora?” chiese Hanna.

Penso di sì” continuò Spencer.

“Abbiamo sempre dei detective meravigliosi in questa città” ironizzò Hanna, ripensando a Wilden, a Holbrook, etc…

Di colpo calò un assordante silenzio. Erano tutti confusi, spaventati, disorientati, stanchi. Non sapevano come comportarsi, cosa pensare. Troppe informazioni tutte insieme. Troppe cose da affrontare. Con timidezza, Hadley alzò la mano come se fossero a scuola. Spencer lo notò.

“Sì?” le chiese accennando un sorriso.

“Willa ed io, e le altre, abbiamo, abbiamo scoperto qualcosa in più su, su questa, su questa Isabelle” intervenne la giovane, e tirò fuori la fotografia che il signor Derringer aveva consegnato loro. Spencer notò tale foto. Capì che il discorso era importante.

“Ah sì, aspettavo che finissi di parlare per raccontarvelo” replicò Willa.

“Anch’io avrei qualcosa da dire, come ho già detto prima” intervenne Emily piuttosto preoccupata.

“D’accordo. Parliamone” concluse Spencer, e si apprestò ad ascoltare tutti loro.

Fuori dal granaio, però, qualcuno le stava spiando…C’era qualcuno appartato nel bosco vicino il granaio. Qualcuno con una felpa nera e cappuccio. Li stava osservando uno a uno. Ascoltava i loro discorsi. Pochi secondi dopo, la misteriosa figura incappucciata si allontanò con passo svelto e sparendo nel bosco…

Nel tardo pomeriggio, Spencer stava entrando al Brew e sembrava piuttosto pensierosa e agitata. Non appena entrò, vide poco distante da lei, seduto a un tavolo a bere un caffè e a ridere e chiacchierare con qualcuno…Xavier. Il tipo bello e interessante conosciuto alla St. Balance Art School. Spencer rimase sorpresa nel vederlo. E rimase ancora più sorpresa quando la persona insieme a Xavier, si voltò. Era Toby. Il “suo” Toby. Sembravano due amiconi a vederli in quel modo. La giovane Hastings apparve piuttosto perplessa. Decise di avvicinarsi per capirci qualcosa in più.

“Ehi Spencer! Ciao!” esclamò Xavier entusiasta, alzandosi in piedi e abbracciandola.

“Xavier, ciao. Che, che sorpresa. Che ci fai qui a Rosewood?” chiese lei confusa, mentre si lanciava sguardi fulminanti con Toby, che beveva il suo caffè provando a fare l’indifferente.

“Sono arrivato un’oretta fa. Volevo farti una sorpresa. Sono entrato qui chiedendo informazioni, e ho conosciuto Toby. E’ un tipo in gamba. Mi ha detto di essere tuo amico” spiegò Xavier all’indirizzo di Toby.

La situazione apparve alquanto imbarazzante. “Oh, sì, siamo, siamo amici” rispose Spencer tentando di mascherare il disagio che aleggiava.

“Molto amici. Non sai quantoiniziò a stuzzicare Toby.

“Ehm, Toby, posso parlarti un momento? In privato? E’ importante…Scusami Xavier” replicò Spencer.

“Fate pure” rispose Xavier tranquillo.

Toby si alzò, e i due si allontanarono dal tavolo.

“Che diavolo stai facendo?” sbottò subito lei tentando di mantenere un profilo basso.

“Nulla, stavo semplicemente facendo amicizia. Mi sembra un tipo in gamba” rispose Toby.

“O stai cercando di rovinare la mia vita sentimentale?” chiese lei.

“Perché dovrei farlo, scusami?” replicò Toby.

“Non lo so. Dimmelo tu. Sei stato tu a non voler tornare insieme a me, e a continuare questa sorta di relazione di letto. E ora ti metti in mezzo alle mie conoscenze? A che scopo?” ruggì lei alquanto adirata.

“Non mi sto mettendo in mezzo a nulla. Ti stava cercando. Avevo capito che non conosceva bene la città, e l’ho aiutato. Sembrava simpatico e abbiamo preso un caffè insieme. Non farla più grande di quel che è” rispose lui.

“Toby, ti conosco bene. Da quando ti ho detto di Xavier continui a fare piccole scenate di gelosia” continuò lei diretta.

Toby apparve in difficoltà. “Ti sbagli” rispose.

“Ah si? Quindi a te non darebbe fastidio che io possa provare a frequentare Xavier, giusto?” iniziò a provocare lei.

“No, certo che no” rispose il giovane Cavanaugh con poca convinzione.

Spencer lo guardò dritto negli occhi. Intensamente. “E’ così difficile ammettere di provare ancora qualcosa per me? Qualcosa che va ben oltre il sesso?” ribatté lei convinta delle sue parole.

Toby abbassò lo sguardo alquanto imbarazzato “Vorresti dire che tu provi qualcosa per me?” chiese lui.

“Toby, io proverò sempre qualcosa per te, e lo sai. Solo che io non ho paura di ammetterlo. Tu evidentemente sì” terminò lei.

Dopodiché, i due vennero interrotti da Xavier che li raggiunse. “Non vorrei disturbarvi, ma, Spence, io stavo venendo a cercare te. Ti andrebbe di fare un giro? Ho percorso tutti questi chilometri per vederti. Me lo merito, non credi?” chiese lui, sorridente e gentile.

Spencer e Toby tentarono di ricomporsi, mentre lei mise su un sorriso forzato e un po’ finto.

Intanto, al Radley Hotel, nella hall dell’albergo, Hanna, Emily, e Alison, erano sedute a un tavolo mentre Emily teneva in mano la foto che Tom Marin aveva spedito a Hanna. Quella che ritraeva tre giovani Tom, Ken, e Wayne, il padre di Emily. Quest’ultima la teneva in mano e la fissava intensamente, senza distogliere lo sguardo. Hanna e Ali aspettavano che dicesse qualcosa.

“Avrebbe senso con i fiori che ho trovato questa mattina sulla tomba di mio padre” esclamò poi di colpo Emily, lasciando andare la foto sul tavolo, piuttosto scocciata e triste.

“Quindi la situazione si fa più complicata. Se mio padre ha lasciato quei fiori a tuo padre, e Tom Marin si rifiuta di parlare, è probabile che…” Ali non aveva il coraggio di continuare la frase.

“Che tuo padre abbia ucciso Roger” ribatté Hanna parlando ad Alison.

“E mio padre e il padre di Hanna l’hanno protetto da allora” rispose Emily incredula.

Alison si portò le mani in faccia, disperata come non mai. “Mio padre purtroppo si rifiuta di parlare. Non posso di certo torturarlo affinché mi dica la verità” rispose la donna.

“Almeno tu puoi provare a scoprirla. Io non posso nemmeno parlarne con mio padre” rispose Emily, intristita.

“Em, mi dispiace” intervenne Hanna prendendo dolcemente la mano dell’amica.

Emily tentò di apparire forte, ma invano “Non posso pensare che mio padre possa aver insabbiato un omicidio per tutti questi anni. Caspita, un anno lo abbiamo eletto padre migliore del gruppo. E’ sempre stato buono, gentile con tutti, e ora, ora scopro che era complice della morte di un bambino di soli dieci anni?” Emily sembrava piuttosto turbata mentre gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Em, ascolta, ora sei sconvolta, lo capisco. Ma ora come ora dobbiamo solo provare a scoprire la verità. Capire perché mio padre abbia seppellito il piccolo Roger, e cosa c’entra Addison in tutto ciò. Prima scopriamo la verità, e prima potremmo accettarla. Tuo padre era un uomo buono. Sono certa che ci sia una spiegazione ragionevole al suo comportamento” Alison tentava di rassicurare la moglie con le giuste parole.

“Stavo pensando di andare a parlare con Kate” intervenne di colpo Hanna.

“Cosa? Con Kate? Perché?” chiese Alison confusa.

“Perché magari mio padre ha condiviso con lei cose che nessuno sa. Magari Kate sa qualcosa riguardo la storia di Roger, e sta proteggendo mio padre. Sto cercando di vagliare tutte le possibilità per provare a capirci qualcosa” spiegò Hanna un po’ disperata.

“Ok. Diamoci da fare allora” rispose Alison.

“Possiamo andare insieme a Philadelphia” intervenne Emily provando a farsi forza e ad agire, piuttosto che piangersi addosso.

“Sicura che te la senti, tesoro? Prima sembravi piuttosto scossa al cimitero, e anche da Spencer” rispose Alison preoccupata.

“Sì. E’ inutile piangersi addosso. Dobbiamo scoprire la verità, in un modo o nell’altro” rispose Emily decisa.

“Dovremmo portare anche Cassidy con noi. Da quando ha ricevuto quell’sms, ha il terrore di rimanere sola” intervenne Alison.

Emiy fece per alzarsi, pronte a uscire.

“E’ comprensibile” aggiunse Hanna.

Tutte si alzarono.

“Ah, novità da Aria ed Ezra?” chiese Alison.

“Sì. Stanno per incontrare la temibile ex” rispose Hanna un po’ ironica.

Pochi istanti dopo, nella splendida e soleggiata New York, in un bar affollato vicino a Central Park, all’aperto, Aria ed Ezra erano seduti e sembravano impazienti che arrivasse qualcuno. Aria si guardava intorno piuttosto agitata, mentre Ezra continuava a tenere lo sguardo sul suo smarthpone. Sembrava totalmente assente. Aria notò la cosa.

“Ehi, Ezra. Sei pensieroso?” chiese lei.

“Sì, scusa è che stavo controllando la baby-sitter. Byron stava facendo un po’ di capricci” rispose lui continuando a tenere lo sguardo basso.

“Tu stai cercando di evitare questa situazione. Non è vero?” chiese lei diretta.

Ezra continuava a tenere la testa bassa. “Ma no, ti sbagli!” rispose lui.

“Allora perché tieni la testa talmente bassa tanto da farti risucchiare dal telefono?” chiese lei diretta e un po’ spazientita.

Ezra quindi decise di posarlo, e alzò lo sguardo. Sbuffò.

“…Hai paura di incontrare Nicole” confermò Aria, capendo la situazione.

“Ma non si tratta di paura. Piuttosto di, d’imbarazzo. Non ci vediamo da anni. L’ho lasciata mentre stava attraversando un periodo difficile. E ora le abbiamo chiesto di prendere un caffè solamente per poterla accusare di qualcosa” rispose Ezra preoccupato.

“Non la vogliamo accusare. Vogliamo solo farle alcune domande sulla St. Balance, tutto qui” rispose Aria.

“La St. Balance? Caspita, ne è passato di tempo” la voce di Nicole fece sobbalzare i due. La donna era lì di fronte a loro. Occhiali da sole che lentamente tolse, tailleur nero, capelli rossi scuri, in gran forma e bella come sempre. Aria ed Ezra rimasero zitti e piuttosto a disagio mentre Nicole sorrideva a entrambi.

Successivamente, i tre erano seduti a sorseggiare del buon caffè newyorkese.

“Allora? Come, che, che mi racconti di bello? Come va la vita?” intervenne Ezra tentando di smorzare il gigantesco imbarazzo che si stava creando. Ma continuava a mangiarsi le parole.

“Molto bene. Ora sono a capo della SPLSDM” spiegò la donna. Ezra e Aria apparvero perplessi. “…La Società Per La Salvaguardia Della Natura. Oramai siamo una catena in tutto il mondo, e ogni anno ci spostiamo di continente in continente per salvare ciò che rimane del nostro mondo. E io gestisco un po’ tutto” spiegò più precisamente la donna e andandone fiera.

“Wow, è, è affascinante” intervenne Aria.

“Io ho letto il tuo libro invece, sai? L’ho amato. Inoltre, ho seguito tutta la vicenda del pirata informatico sul tuo blog. Un gran bel casino. Ma sono contenta che tu abbia risolto” rispose Nicole, visibilmente sincera.

“Io invece sono disoccupato…Al momento replicò Ezra tentando di entrare nel discorso in modo goffo.

Aria lo guardò stranita. Sembrava piuttosto buffo. Nicole sorrise divertita.

“Sicuramente troverai la tua strada, ne sono certa” rispose la giovane Gordon. Calò nuovamente un silenzio piuttosto imbarazzante. Tutti e tre tentavano di non incrociare gli sguardi. Nicole capì di dover dire qualcosa. “…Ragazzi, sentite, mi avete chiesto di prendere questo caffè assieme, e inizialmente la cosa mi aveva lasciato perplessa. Poi ho capito che oramai quello che è successo tra noi tre, è acqua passata. Sono passati anni, voi due siete sposati e avete una famiglia. Io sono fidanzata con un uomo eccezionale, il mio Albert. Oramai siamo andati tutti avanti con le nostre vite, quindi, evitiamo questo disagio che sta aleggiando qui intorno da un po’ di minuti, e proviamo a goderci questo caffè. Che ne dite?” Nicole parlò alquanto diretta e molto matura. Ma aveva detto cose giuste.

Aria le sorrise sorpresa di queste parole.

“Sì, hai ragione” rispose Ezra.

“Quindi? Prima parlavate della St. Balance. Come mai?” chiese poi Nicole curiosa.

“Oh, sì, ehm, beh, stiamo, io, sto facendo un reportage sulle scuole più famose della grande Mela. E’ per un mio prossimo libro di cui non posso parlare, e, ho, ho saputo da alcune mie fonti, che a questa scuola d’arte  anni fa ci furono dei problemi con una studentessa, e siccome ho saputo che tu avevi studiato lì, magari potevi aiutarci” rispose Aria, inventando tutta una serie di scuse.

“Isabelle Maxfields” ribatté Nicole di getto e più seria.

Aria ed Ezra si guardarono sorpresi. “Conoscevi Isabelle?” chiese Ezra.

“Chi non la conosceva all’epoca. Fu un incubo ricordò Nicole.

“In che senso? Puoi spiegarci meglio cosa è successo?” chiese Aria.

“Isabelle era una ragazza molto particolare. Era diversa da tutte le altre ragazze che studiavano alla St. Balance. Non rideva mai. Se ne stava sempre in disparte. Io ero al secondo anno, e lei era una matricola. Sembrava così spaesata. Non aveva molti amici, anzi forse non ne aveva nessuno. Un giorno mi avvicinai a lei. Scambiammò quattro chiacchiere, e diventammo amiche. Con me riusciva a essere diversa, ad aprirsi di piùspiegò Nicole accuratamente.

“Quindi voi due siete amiche? Lo siete ancora oggi?” chiese Aria.

“Non proprio. Lei aveva una cotta per un ragazzo del mio corso. Kyle Sanvers. Lui però non l’aveva mai degnata di uno sguardo. Un giorno, un giorno vide me e Kyle parlare in sala mensa. Entrò di colpo. Sembrava impazzita. Andò dritta verso le cucine, prese un coltello, e…E me lo puntò alla gola” Nicole sembrava spaventata nel raccontarlo.

“Quindi sei te la ragazza che Isabelle aggredì” aggiunse Aria, trovando risposta al racconto di Xavier.

“Esattamente. Mentre mi puntava quel coltello alla gola, pensavo che fosse la mia fine. Non avevo mai visto Isabelle in quello stato. Sembrava un’altra persona. Aveva uno sguardo pieno d’odio. Era totalmente fuori di testa. Alcuni studenti e professori tentarono di fermarla, ma questo la agitò ancora di più, e mi ferì. Qui all’addome” raccontò ancora toccandosi il punto in cui fu ferita. “…Lei fuggì subito via, mentre io fui portata in ospedale. Me la cavai con una semplice cicatrice” spiegò ancora.

“E Isabelle? Io so che non è mai stata catturata, e che avesse inscenato il suo suicidio per fuggire, è così?” chiese poi Aria.

“Sì. Dopo l’accaduto, scappò via e si rifugiò in un motel fuori Chicago. Quando la polizia riuscì a rintracciarla, trovarono la stanza in fiamme, e sulla porta c’era un bigliettino. ‘Ora staranno tutti meglio senza di me. Non mancherò a nessuno’, ed era firmato ‘Isabelle’. Si credeva quindi che si fosse tolta la vita in quell’incendio. In seguito però, non furono trovati resti umani in quella stanza. E questa fu la conferma che Isabelle aveva solo architettato tutto per poter lasciare la città senza essere beccata” continuò a spiegare Nicole.

“Siamo sempre punto e a capo” aggiunse Aria a voce bassa.

“Beh, non proprio” rispose la giovane Gordon.

Aria alzò lo sguardo, così come Ezra prestò subito attenzione.

“…Qualche mese fa, si mise in contatto con me” Nicole sganciò una bomba non indifferente.

“Cioè? Tu, tu hai parlato con questa Isabelle?” chiese Ezra.

“Solo tramite telefono. Ci siamo scritte per un po’. Non potevo credere che fosse davvero lei” rispose Nicole.

“E cosa vi siete dette?” chiese Aria.

“Voleva sapere come stavo. Che stavo facendo della mia vita. Mi disse che l’amicizia con me era stata tutto per lei, e che l’avevo aiutata tanto. Io oramai l’avevo completamente eliminata dalla mia vita, quindi quando sentii’ la sua voce fu quasi un trauma” raccontò Nicole.

“Quindi avete anche parlato?” continuò Aria.

“Sì. Ci scambiammo alcune registrazioni vocali. Ho tutta la conversazione ancora salvata sul cellulare” raccontò Nicole.

Questa notizia, per Aria ed Ezra, fu un punto di svolta non indifferente.

“Nicole, potremmo ascoltare queste registrazioni?” chiese subito Ezra.

“Sì certo. Solo che sono sul mio vecchio telefono, ed è nel mio appartamento. Se passate dopo il lavoro posso farvi leggere e ascoltare tutto” rispose Nicole con fare disponibile.

“Sarebbe perfetto!” intervenne Aria felice.

“Ok, allora, io ora purtroppo devo scappare. Il lavoro chiama. Questo è il mio indirizzo…” rispose Nicole, scrivendo su un tovagliolino l’indirizzo di casa sua, e consegnandolo ad Aria. “…Passate questa sera, e vi farò ascoltare le registrazioni” concluse la donna piuttosto disponibile.

“Nicole, grazie, grazie davvero!” intervenne Ezra.

“Di niente. E’ stato bello rivedervi. Ora devo proprio scappare. A stasera!” concluse la giovane Gordon, rimettendo i suoi occhiali da sole e allontanandosi con frettolosità.

Aria quindi lesse l’indirizzo nella sua mente “Tritfuld Street,  numero 43”.

Quindi alzò lo sguardo e guardo Ezra alquanto felice di essere riusciti a scoprire qualcosa di interessante.

Più tardi, nel bosco di Rosewood, Ava, Willa, Samantha e Hadley erano intente a passeggiare, ma sembravano alla ricerca di qualcosa. Si facevano spazio tra le sterpaglie e l’erbaccia alta quanto loro.

“Non capisco perché non abbiate voluto portarci con voi oggi” chiese Ava a Hadley e Willa.

“Eravamo già in tanti in quella casa. E poi comunque vi abbiamo raccontato tutto. Inutile continuare a lamentarsi” rispose Willa.

“Già. Piuttosto, concentriamoci sul cercare qualcosa che possa aiutarli” rispose Hadley.

“Addison aveva nascondigli in tutto il bosco. E’ impossibile ricordare tutti i punti in cui li aveva” intervenne Samantha.

Ma quindi erano tutte lì? Anche Aria Montgomery? Caspita, lei avrei voluto conoscerla” intervenne Ava mentre continuavano a camminare.

“Sì. E la situazione è davvero seria” rispose Hadley preoccupata.

Ragazze, concentriamoci per favore. Se vogliamo che questo pazzo venga catturato, dobbiamo provare ad aiutare, a scoprire qualcosa. Addison aveva molti segreti, e il primo era l’amicizia con questa Isabelle” intervenne Willa.

“Quindi questa Isabelle sarebbe la sorellastra di Addison, ho capito bene?” chiese Samantha tentando di crearsi un disegno in testa.

“Esatto. Ed è molto probabile che Addison l’abbia aiutata a scoprire cosa successe al suo fratellino, Roger rispose Willa.

“Wow. Vi rendete conto che Addison sapeva tutto di noi, e noi non sapevamo niente di lei?” intervenne Ava.

“Siamo state stupide noi a darle fiducia” intervenne Willa.

Ava si fermò di colpo. “Che intendi dire?” chiese alquanto scontrosa.

“Intendo dire che Addison non era leale. Con nessuna di noi. Quindi perché noi dobbiamo continuare a esserlo a lei?” ruggì Willa con aria di sfida.

“Stai parlando della nostra migliore amica. Prova a portarle un po’ di rispetto” rispose Ava.

“Ragazze…” Hadley intervenne mentre guardava in direzione di un albero su cui era disegnata una stella gialla sul fondo. Nessuna di loro però sembrava prestarle attenzione. Samantha però, che era stata zitta, capì di cosa stesse parlando Hadley e notò anch’essa il dettaglio dell’albero.

“Lei ha portato rispetto a noi nascondendoci tutte queste cose?” chiese Willa con tono sprezzante.

“Forse voleva semplicemente proteggerci. Ci hai mai pensato?” chiese Ava.

“Oh, basta con le cazzate Ava! Addison ci ha sempre manipolato. Ci ha usato come sue marionette per farci fare quello che lei voleva. Non le è mai importato nulla di noi. Non appena ha ritrovato la sua sorella perduta, ci ha scaricato come spazzatura. Prova ad aprire gli occhi. Claire è morta a causa dei segreti di Addison!” Willa era alquanto furente.

“Ragazze…” insistette Hadley.

“Claire è morta perché sapeva troppe cose ed è stata zitta troppo a lungo” rispose Ava.

“Quindi stai dicendo che se l’è cercata?” chiese Willa oramai furiosa.

“Io penso che dovremmo ascoltare Hadley” intervenne Samantha in modo pacifico, avendo notato anche lei l’indizio sull’albero. Ma nessuna delle due la ascoltò. Hadley e Samantha erano come invisibili.

“Non sto dicendo questo” ribatté Ava.

“Io penso che sia arrivato il momento di ammettere quanto tu sia una ragazzina patetica, viziata e insicura, che aveva bisogno di Addison e della sua amicizia per sentirsi importante, e non riesci ad accettare di essere tornata semplicemente Ava e non più una delle adepte della regina del liceo di Rosewood!” Willa era sbottata, totalmente. Usando parole forti e dure. Ava rimase zitta. Quelle parole l’avevano colpita nel profondo. Il suo sguardo ferito faceva capire tanto.

Willa capì che probabilmente aveva esagerato. “…Ava, m-mi dispiace, io” Ava, però si volto senza prestarle attenzione.

“Ragazze potete ascoltarmi per favore?!” questa volta tuonò Hadley, riportando l’ordine e spostando l’attenzione su di lei.

Tutte guardarono l’albero e notarono la stella disegnata col gesso, in fondo all’albero, vicino le radici.

“E’ uno dei nascondigli di Addison. Disegnava sempre una stella per ricordare dove li aveva creati” intervenne Samantha.

Le ragazze quindi si avvicinarono all’albero, e si chinarono su di esso. Hadley capì che una parte del tronco dell’albero, all’estremità, era rotta. Quindi prese il pezzo dell’albero, e scoprì un buco in esso. Dentro, c’era poca roba. Una collanina con una stella. Una foto di Roger, e infine un cellulare. Un vecchio cellulare. Un modello sconosciuto.

“E questo?” chiese subito Willa prendendo in mano il cellulare e scrutandolo bene.

“Sembra uno di quei telefonini usa e getta” rispose Samantha.

“Probabilmente Addison lo usava per comunicare di nascosto con Isabelle” replicò Hadley.

“Ma certo. Se l’identità di Isabelle doveva rimanere un segreto, mi sembra ovvio che questo telefono lo usasse per comunicare con lei” continuò Willa.

“Dobbiamo portarlo subito alla professoressa DiLaurentis e alle altre” intervenne Hadley.

“Sì, andiamo forza!” aggiunse subito Willa rialzandosi in fretta, e allontanandosi dal resto delle amiche. Le altre subito la seguirono, mentre Ava appariva ancora triste e scocciata, ma le imitò.

Intanto, per le strade di Rosewood, Spencer e Xavier stavano passeggiando tranquillamente. Spencer però sembrava assorta nei suoi pensieri. Un po’ persa. Xavier dal canto suo invece era euforico e ben lieto di trascorrere quel tempo con lei.

“E quindi questa è la famosa Rosewood. Credevo fosse più…” spiegò Xavier.

“Inquietante?” lo anticipò Spencer.

“Sì, qualcosa del genere” rispose lui.

“Quindi hai fatto un po’ di ricerche su di me?” chiese lei.

“Beh, quando mi avete detto il vostro nome, tu e la tua amica, mi sono ricordato di qualcosa. A casa avevo il libro di Aria Montgomery, e ho collegato le cose” rispose Xavier.

“Mi sembra giusto” replicò Spencer con uno sguardo piuttosto perso.

Xavier la scrutò attentamente. “Spence, ma va tutto bene?” chiese lui preoccupato.

“Sì, sì, è che sto dormendo poco ultimamente, ho, ho un sacco di problemi per la testa” rispose lei tentando di apparire tranquilla.

“E’ per via di Toby?” chiese lui. Spencer lo guardò un po’ sbigottita e confusa. “…Andiamo, pensi che non abbia capito che c’è stato qualcosa tra di voi?” continuò lui facendo intuire di aver capito tutta la situazione tra Spence e Toby.

Spencer apparve imbarazzata “Beh, diciamo che, la situazione non è del tutto chiara tra me e lui” rispose.

“Immaginavo. Siete una di quelle coppie allora” ribatté lui.

“Una di quelle coppie in che senso?” chiese Spencer.

“Siete una di quelle coppie in cui, anche se non si sta più assieme, si continua a essere legati da qualcosa” rispose Xavier, cogliendo il punto.

“Beh, io-“  Quando Spencer stava per rispondergli, furono interrotti da Ken DiLaurentis che stava arrivando di fronte loro, con passo svelto e scuro in volto. Si dirigeva verso Spencer e Xavier.

“Ciao Spencer” intervenne l’uomo piuttosto serio e un po’ a disagio.

“S-Signor DiLaurentis, salve” rispose lei in totaler imbarazzo..

“Spencer, s-speravo, speravo potessimo parlare. Avrei bisogno di dirti delle cose importanti” rispose Ken.

Spencer capì a cosa stesse alludendo. Era confusa dalla situazione, dal fatto che l’uomo volesse parlare con lei. Ma sapeva di doverlo fare. Lo guardò piuttosto confusa, ma sapeva di dover parlare con lui.

Poco dopo, Spencer e Ken erano seduti al Brew. La cameriera stava servendo loro due caffè caldi. La situazione era piuttosto strana e imbarazzante. Spencer non aveva mai avuto un rapporto confidenziale con il signor DiLaurentis, e quell’incontro la stava mettendo molto a disagio. Spencer lo scrutava attentamente sperando di capirci qualcosa.

Sono contento che tu abbia accettato di parlare con me” intervenne poi lui rompendo quell’imbarazzante silenzio.

“B-Beh, penso che entrambi sappiamo cosa sta succedendo, quindi mi sembrava giusto. Anche se, non so perché abbia deciso di parlare con me” rispose lei confusa.

Ken sembrava agitato, molto agitato. La gamba destra ticchettava sul parquet senza darsi tregua. Si guardava intorno. Le mani gli sudavano ed era piuttosto visibile. “F-Fanno dei caffè davvero ottimi qui, non è vero?” aggiunse lui sviando di colpo il discorso.

Spencer capì il suo comportamento “Signor DiLaurentis, senta, noi due non abbiamo mai avuto modo di conoscerci bene, anche perché non è mai stato molto presente nella vita di sua figlia. Lei però mi ha chiesto un incontro. Ho dovuto liquidare il ragazzo perfetto con una scusa banale, per poter parlare con lei. So che vuole parlare della situazione di Roger Maxfields. So che Alison l’ha cacciata di casa perché non vuole dire quello che sa. E so che il giorno in cui il bambino scomparve, era al lago con Tom Marin e Wayne Fields, quindi la pregherei di non tergiversare, e dirmi quello che vuole dirmi, perché sono stanca di inutili discorsi” la giovane Hastings fu schietta e sincera, senza peli sulla lingua.

Ken capì di doverle dire qualcosa. Meritava di sapere quello che lui voleva dirle. “Wow, sei, sei stata abbastanza chiara” intervenne Ken.

“Quello che non è lei al momento. Quindi mi può dire?” rispose lei speranzosa.

Ken fece un lungo respiro preparatorio “Riguarda, riguarda tuo padre, Peter rispose l’uomo.

Di fronte queste parole, Spencer s’irrigidì. Capì che Ken stava per rivelarle il motivo che spinse suo padre a dirle di non fidarsi di Ken DiLaurentis. Doveva essere per forza questo. Ed era terrorizzata dalla paura di ciò che avrebbe scoperto da lì a poco. Da che impatto avrebbe avuto tale rivelazione su di lei. Ma rimase zitta, pronta ad ascoltare.

Contemporaneamente, a Philadelphia, un’auto scura si era appena parcheggiata di fronte l’appartamento di Tom Marin. Al volante ci stava Emily, accanto a lei Alison, mentre sui sedili di dietro stavano Hanna, Mona, e Cassidy. Appena fermò l’auto, tutte guardarono verso l’appartamento.

“Sei sicura di volerlo fare?” chiese Emily.

“Sì. Oramai non sappiamo più che pesci prendere. Tentar non nuoce” rispose Hanna.

“Hanna, sta tranquilla. Starò con te tutto il tempo” rispose Mona con voce rassicurante e prendendo la mano dell’amica.

Hanna le sorrise dolcemente.

“Scusate, quindi, quindi chi sarebbe questa Kate?” intervenne Cassidy piuttosto confusa.

“La mia sorellastra malefica che forse sa cosa nasconde mio padre” rispose Hanna tagliando corto.

“Ok, sei stata abbastanza chiara” replicò Cassidy.

“Ok, sono pronta. Andiamo Mona terminò Hanna facendosi forza e scendendo dall’auto.

“Vi chiamiamo non appena finiamo di strizzarla per bene” terminò Mona con decisione, e scese anch’essa dall’auto. Le due si diressero alla porta dell’appartamento.

Alison, Cassidy ed Emily rimasero in auto da sole.

“Noi cosa abbiamo intenzione di fare?” chiese Alison.

“Aspettiamo” rispose Emily un po’ ansiosa.

Intanto, Hanna e Mona erano arrivate di fronte la porta dell’appartamento. Hanna sembrava ansiosa e un po’ titubante nel bussare.

“Hanna, va tutto bene?” chiese Mona.

“Sì, è che ho paura di quello che potrebbe rivelarmi Kate” rispose Hanna.

“Affronteremo qualsiasi cosa ci dirà. Non sei da sola” aggiunse Mona con fare amorevole.

Quindi Hanna fece per bussare, ma la porta dell’appartamento si aprì, e apparve Kate, pronta per uscire. La donna rimase sorpresa nel vedere Hanna.

“H-Hanna. Che ci fai qui?” chiese perplessa.

“Dobbiamo parlare” rispose Hanna.

Nello stesso tempo, al Radley Hotel, nella camera sua e di Hanna, Caleb era seduto al tavolo intento a scoprire qualcosa dalla pennina consegnatagli da Spencer. Intanto, la piccola Regina dormiva serenamente, e Caleb la scrutava un secondo sì e l’altro pure. Il PC era acceso e pieno di programmi di hackeraggio in corso.

“Dai, possibile che riesca a vedere solamente video in cui parla di makeup e ragazzi?” aggiunse Caleb tra se e se e alquanto scocciato.

L’uomo si sgranchì le braccia e le gambe, e fece un lungo sbadiglio. Era piuttosto stanco. Strizzò gli occhi in segno di stanchezza. Era lì di fronte al PC da ore, e ancora non aveva trovato nulla d’interessante. Di colpo uno dei programmi in corso, finì il caricamento, e subito partì un video di Addison. In automatico.

Era seduta in camera sua, sul letto, con la telecamera di fronte. Aveva uno sguardo spaventato, stanco. Non sembrava la Addison che conoscevamo, quella stronza, sicura di se “Ciao a tutti ragazzi. Se state guardando questo video, significa, significa che sono morta” non appena Caleb ascoltò queste parole, si ricompose subito e prestò estrema attenzione.

“…Morta perché mi sono fatta coinvolgere in un piano più grande di me. E ora, ora non so come uscirne” continuava Addison nel video. Caleb subito prese il cellulare da lì sopra. Andò a cercare il numero di Hanna, e si preparò a telefonarle.

Nell’appartamento di Tom Marin, Hanna, Mona e Kate erano sedute nel salotto. Kate non aveva offerto nulla alle due. Stava con le braccia conserte, sguardo infastidito e aria scocciata, mentre le fissava. Anche Mona e Hanna la guardavano senza distogliere lo sguardo.

“Volete dirmi perché siete qui? Ho un colloquio con una rivista di moda. E non ho tempo da perdere” ruggì Kate.

“Ah, quindi adesso non implori più di lavorare per me?” provocò Hanna.

“Ho pensato che sarebbe stato strano, considerato quello che sta succedendo con nostro padre” rispose Kate.

“Mio padre” precisò Hanna. Le due, con gli sguardi, se le stavano dando di santa ragione.

“Ok. Bando alle ciance. Kate, tu sai cosa nasconde il signor Marin?” intervenne Mona diretta.

Kate sbuffò. “Di nuovo con l’interrogatorio? Sentite, io non so nulla. Vi ho raccontato quello che successe con Addison Derringer, e cosa volesse da me. Non so nient’altro rispose.

“Eppure mi sembra, strano” rispose Hanna dubbiosa.

“Perché?” chiese Kate.

“Perché papà sapeva del tuo incontro con Addison, e del fatto che lei volesse informazioni su di lui. E non credo che lui non ti abbia rivelato i motivi che spinsero Addison a farti tutte quelle domande. Soprattutto considerato il forte legame tra te e mio padre. Non credi?” stuzzicò Hanna.

“Hanna, puoi usare tutte le belle parole che vuoi. Ma non so niente di questa storia. Tom ha deciso di fare il protettore, quindi non è un problema mio” rispose Kate diretta. La donna però si accorse di aver detto probabilmente qualcosa di troppo.

“Il protettore? Che intendi dire?” chiese subito Hanna.

“N-Nulla” rispose subito Kate, mostrandosi in difficoltà.

“Stai dicendo che il signor Marin protegge qualcuno?” chiese Mona.

“Oh, andiamo mi sembra ovvio! Non ha ucciso lui quel bambino. Era semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato! Sta proteggendo il responsabile!” Kate quasi sbottò e parlò ancora di più.

“Chi starebbe proteggendo? E perché la pistola con la quale è stata uccisa Addison era in questa casa?” chiese Hanna.

Kate non rispose. Rimase zitta.

“…Kate, per favore! La situazione è più critica di quel che credi. Smettiamola con questi segreti e proviamo ad aiutarci a vicenda per una volta, e ad aiutare papà. Per favore. Te lo sto chiedendo gentilmente” Hanna sembrava piuttosto sincera. Kate apparve sorpresa da tale atteggiamento e provò ad ammorbidirsi.

Fece un lungo respiro “Hanna, io so davvero poco di questa storia. Dopo che gli raccontai dell’incontro con Addison, Tom si confidò con me su alcune cose. Mi raccontò del piccolo Roger Maxfields, e del fatto che lui fosse al lago con altri suoi due amici quel giorno. Disse che però accadde qualcosa. Non mi ha mai voluto dire cosa, ma era qualcosa che non doveva succedere, e che ora lui portava sulle spalle un grosso segreto. E che doveva proteggere qualcuno. Non poteva parlare. E non ha ucciso Addison. Lui, lui è convinto che qualcuno con cui condivideva questo segreto, abbia ucciso la ragazza perché lei stava scoprendo la verità su ciò che successe al piccolo Roger” spiegò Kate accuratamente e non tralasciando nessun dettaglio.

“Ma cosa è successo realmente al lago? Com’è possibile che non ti abbia detto nulla?” chiese Hanna.

“Non voleva raccontarlo. Era spaventato. Disse che era troppo pericoloso raccontare di quel giorno, e di quello che successe al bambino” continuò Kate.

Hanna sbuffò, capendo che probabilmente Kate non aveva davvero altre informazioni.

In quel momento, il telefono di Hanna squillò. Era Caleb che le stava telefonando. “E’ Caleb” esclamò. Subito rispose. “…Ehi Caleb. Che succede?” chiese lei.

Dall’altra parte, si poteva udire la voce ansiosa del marito. “Hanna è meglio se vieni subito al Radley. Fai venire anche le altre”. Hanna apparve preoccupata di fronte la voce del marito.

Poco dopo, al Radley Hotel, nella camera di Hanna e Caleb, quest’ultimo, insieme ad Hanna, Mona, Alison, Emily, Spencer, Aria, e Cassidy, stava visionando il video di Addison che era riuscito a hackerare. Erano tutti super attenti. Il video che stavano visionando aveva un titolo, ovvero: “ADDI2106”, in altre parole la data del giorno in cui Addison scomparve.

“Ciao a tutti ragazzi. Se state guardando questo video significa, significa che sono morta. Morta perché mi sono fatta coinvolgere in un piano più grande di me. E ora, ora non so come uscirne. E ho lasciato questi video in carica, per fare in modo che tutti possano vederli, e scoprire cosa mi è successo. Qualche tempo fa, la mia vita è cambiata radicalmente. Ho scoperto tante cose sulla mia famiglia, che non sapevo. Avevo un fratello e una sorella. Si chiamavano Roger e Isabelle. Quando ho scoperto tutto, il mondo mi è crollato addosso. Tutte le mie certezze crollarono. Parlai con mia madre. Lei mi raccontò tutto di Roger e di Isabelle. Mi raccontò di come erano una famiglia felice fin quando il mio fratellino non scomparve nel lago Grayson il 20 Luglio del 2001. Isabelle, sua, cioè, nostra sorella maggiore, era al lago insieme a lui. Avrebbe dovuto tenerlo d’occhio, ma lo perse di vista, e scomparve. Mia madre e il suo primo marito, Alan, erano furiosi con Isabelle, e alla fine lei andò via di casa. Poco tempo fa, l’ho ritrovata. Isabelle è entrata nella mia vita come un fulmine a ciel sereno. Sì, perché se inizialmente ero contenta di aver ritrovato mia sorella, ben presto capii’ che c’era qualcosa che non andava in lei. Aveva intenzione di attuare un piano di vendetta verso alcune ragazze. Queste ragazze si chiamano: Alison DiLaurentis, Emily Fields, Spencer Hastings, Aria Montgomery, e Hanna Marin. Penso che molti di voi che stanno guardando questo video, conoscano queste persone. Lei aveva scoperto che-“ il video di colpo saltò, arrivando a un’altra parte totalmente sconnessa dall’inizio.

“A quanto pare mancano alcuni pezzi importanti. Ho provato a recuperare tutto il video, ma è impossibile. Sono tutti messi in un ordine sparso” rispose Caleb.

“…Il 21 Ottobre del 2017, mia madre mi rivelò tutto su Roger. Mi spiegò anche che era convinta che tre famiglie fossero coinvolte nella faccenda. I DiLaurentis, i Fields, e i Marin. E sapete quali erano due mie insegnanti al liceo? Alison DiLaurentis ed Emily Fields. Per me fu durissima apparire carina e gentile nei loro confronti. Probabilmente le loro famiglie avevano fatto del male al mio fratellino, e non riuscivo a passare sopra ciò. Le odiavo, anche se non c’entravano nulla, perché mentre loro erano state libere di crescere e vivere una vita bella, mio fratello non ebbe la stessa fortuna. Iniziai a rispondere male a entrambe, ero scontrosa, e un giorno, un giorno si avvicinò a me una ragazza. Disse di chiamarsi Melissa Hastings” di fronte questo nome, Spencer s’irrigidì. Il video saltò nuovamente arrivando a un altro punto sconnesso.

“…E quindi, aiutai questa Alex Drake, o Melissa Hastings. Non capii’ mai veramente la sua storia. La aiutai in un gioco forse più grande di me. Tentai di minare la carriera della mia coach, la signorina Fields. Finsi di essere stata molestata da lei. Ma alla fine, era solo una perfida prova di Melissa per testare la mia fiducia. Alla fine, quella che finì in punizione fui io. A un certo punto capii’ di non poter andare avanti in quel gioco, e mi tirai indietro. Ma lei, lei e il suo aiutante, un tizio di nome Lucas, non volevano che ne uscissi. Poi però lei venne smascherata e catturata. E sapete cosa feci? Presi con me tutto ciò che Melissa aveva. I diari, le informazioni, ogni cosa. Volevo trovare mia sorella Isabelle” il video poi saltò nuovamente e finì di colpo.

Tutti rimasero confusi. “Questo è quello che sono riuscito a tirare fuori. Questa pennina è totalmente danneggiata. I video sono montati a caso, confusi. Si capisce poco e niente. Inoltre penso che sia una copia fatta male dell’originale. L’unica cosa certa è che è stato girato il 21 Giugno del 2019, il giorno in cui Addison scomparve. A occhio e croce è quasi un film. Dura più di un’ora. Ha raccontato tutto. Però qui il video è tutto spezzettato in tante piccole parti. E’ un macello” aggiunse poi Caleb.

“Addison aveva girato questi filmati perché era convinta che la sua vita fosse in pericolo” esclamò Aria sconvolta.

“Nel pezzo iniziale disse che li aveva messi in carica, probabilmente però chi l’ha rapita si è premurato di cancellare il tutto” rispose Mona.

“Addison però aveva la copia del video nella sua pennina. Probabilmente è riuscita a tenerla con sé nel posto in cui fu tenuta prigioniera” rispose Alison capendo un po’ la situazione.

“Esatto. Il detective Davis disse che l’aveva lei addosso quando ritrovarono il corpo” ricordò Spencer.

“Caleb, pensi che esista un file originale di questi video?” chiese Spencer.

“Sicuramente. Penso che i video in questa pennina siano stati montati così appositamente, e che da qualche parte ci sia il video completo” rispose Caleb.

“Ragazze, vi rendete conto di cosa significano questi video?” chiese Aria.

“Sì. Addison ha aiutato Melissa nel gioco di A.D…Ecco perché mise in scena quelle accuse contro di me anni fa. Era un piano di Melissa” intervenne Emily, ricordando il passato.

“Quindi poi si tirò fuori e rubò tutto ciò che Melissa aveva su di noi” intervenne Hanna.

“E anche su isabelle. Addison voleva ritrovare sua sorella” intervenne Aria.

“A quanto pare riuscì a trovarla, a giudicare dalla prima parte del video. Ho capito bene?” replicò Cassidy.

“Sì, ha ragione Cassidy. Probabilmente la prima parte del video si colloca subito dopo la seconda parte” rispose Caleb.

“Quindi: Addison scopre la verità su Roger e Isabelle. Melissa la avvicina e collaborano insieme. Addison si tira fuori, ruba tutti i file che Melissa aveva. Ritrova sua sorella Isabelle, e diventa sua complice?” intervenne Spencer provando a riordinare il tutto.

“Probabilmente Addison consegnò tutti i file a Isabelle. Solo così Isabelle potrebbe aver rubato il gioco di A.D. e sapere tutto su di noi” rispose Emily.

“Ma certo. Ha senso rispose Mona.

“Quindi è stata Isabelle a uccidere Addison o no? Sappiamo che l’ha rapita. Magari l’ha uccisa perché poi la ragazza voleva tirarsene fuori” intervenne Aria.

“Isabelle che uccide sua sorella? Non ne sono convinta” replicò Spencer.

“Ragazze, io penso che a uccidere Addison sia stato uno dei nostri padri” intervenne Hanna di colpo.

Tutti la fissarono.

“Perché dici questo?” chiese Alison.

“Ho parlato con Kate. Mio padre sta proteggendo qualcuno. Qualcuno che c’entra con quanto è successo a Roger” spiegò Hanna.

“E questo qualcuno avrà ucciso Addison poiché aveva scoperto la verità. Potrebbe essere” rispose Caleb.

“Oggi ho parlato con tuo padre Ali” intervenne Spencer. Alison la guardò alquanto sorpresa.

“Con mio padre? Perché?” chiese lei.

“Mi ha parlato di mio padre. Di come poco tempo prima di morire, si erano rivisti in un bar a New York. Tuo padre lo invitò a cena a casa sua, e ascoltò una conversazione con un tizio. Riguardava i soldi che avrebbe dovuto prendere da te per poter pagare i suoi debiti, e che avrebbe cercato di spillarti ritornando a Rosewood. Era su questo che mio padre voleva metterti in guardia” spiegò Spencer.

“Quindi il signor Hastings non c’entra nulla” intervenne Mona.

“Possiamo escluderlo da tutto” rispose Spencer, sollevata da ciò.

“Se il padre di Spencer non sapeva nulla di questa storia, e mio padre oramai non c’è più, e il signor Marin sta ancora proteggendo qualcuno a lui vicino, significa…” aggiunse Emily, posando lo sguardo sulla moglie.

“Che mio padre probabilmente ha ucciso Addison Derringer per farla star zitta” rispose Ali piuttosto incredula.

Di colpo bussarono alla porta. Hanna andò ad aprire. Era Willa. La ragazza entrò con in mano il cellulare usa e getta che avevano trovato nel nascondiglio di Addison, nell’albero.

“Ciao, scusate se piombo qui all’improvviso, ma, oggi, oggi io e le mie amiche abbiamo trovato qualcosa. Dopo avervi lasciato la foto che ci ha dato il signor Derringer, q-quella con isabelle di spalle, abbiamo pensato di continuare a indagare” spiegò Willa mostrando il telefono.

Mona la rimproverò con lo sguardo.

“Dobbiamo dare una mano. Soprattutto perché questo folle ha preso di mira anche me” continuò Willa.

“Willa, quello cos’è?” chiese Spencer notando il cellulare nelle mani della ragazza.

“Ah sì! E’ un telefono usa e getta che abbiamo ritrovato in uno dei nascondigli di Addison, ma c’è di più. Lo abbiamo acceso e dentro c’era un sms. Un unico sms. Un messaggio che Isabelle aveva inviato ad Addison” spiegò Willa.

“Cosa dice il messaggio, tesoro?” chiese Mona.

Willa quindi sbloccò il telefono e trovò l’sms, leggendolo ad alta voce “Vediamoci a New York. Tratfuld Street, numero 43. Dobbiamo parlare, – Isabelle”. Dopo averlo letto, Aria le prese subito il telefono dalle mani, e rilesse anche lei.

“Tratfuld Street, numero 43? Ma,  io conosco questo indirizzo” intervenne la donna incredula.

“Perché? Cosa c’è a questo indirizzo?” chiese Hanna.

“E’, è l’indirizzo dell’appartamento di Nicole” rispose Aria, piuttosto perplessa e incredula.

E a New York, precisamente al numero 43 di Tratfuld Street, Nicole era appena rientrata a casa. Si tolse le scarpe. Sembrava piuttosto esausta. Quindi andò in cucina, prese un bicchiere e del vino rosso dal frigo, e se ne versò un goccio. Lo bevve tutto d’un sorso. Dopodiché rimase a fissare uno scaffale nero posto di fronte a lei.

Sembrava molto pensierosa e preoccupata.

Posò il bicchiere e si avvicinò allo scaffale. Sullo scaffale era posto un cellulare. Sbloccò il telefono e andò alla sezione “Messaggi”. Scorse un po’ fino ad arrivare a una conversazione tra lei e Isabelle. Quindi cliccò su “Opzioni” e dopodiché su “Elimina conversazione”. Dopo averla cancellata, compose un numero e aspettò che qualcuno rispondesse.

Aspettò pochi secondi, ma partì la segreteria. Nicole deglutì e decise di lasciare un messaggio vocale “Ciao, sono io. Ho cancellato tutto. Sei al sicuro”, e staccò di colpo la telefonata accennando un sorrisino soddisfatto.

A Philadelphia invece, qualcuno stava aprendo la porta dell’appartamento di Tom Marin. Qualcuno che indossava dei guanti neri, con annesso cappuccio e felpa. Si addentrò nella casa e si guardò intorno con passo lento e a tratti inquietante.

Andò verso la camera da letto e accese la luce. La persona con il cappuccio si rivelò, era Kate. Kate Randall.

La donna si guardò intorno. Sembrava parecchio spaventata. Quindi si sedette sul letto tenendo in mano una busta marrone. Dopo essersi seduta, aprì la busta e tirò fuori da essa, una pistola. Guardò la pistola intensamente, e con uno sguardo davvero preoccupante.

FINE UNDICESIMO EPISODIO.

 

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